Volume 5

Volume 5

I.M.I.
In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Signore, vieni in mio aiuto, legami questa volontà ribelle che vuole sempre ricalcitrare contro la santa obbedienza e mi mette in tale ristrettezza, che mentre a volte pare morta, allora più che mai, come serpe sento che è viva e mi rode dentro, perciò legami con nuove funi; anzi riempimi della tua Santa ed adorabile Volontà fino a traboccarne in modo che la mia volontà resti consumata nella tua, ed allora potrò avere la felicità di non lottare più contro la santa obbedienza. E tu, o santa obbedienza, perdonami, se ti muovo sempre guerra e dammi la forza per poterti in tutto placidamente seguire, che a volte pare che tu abbia tutta la ragione. Come lottare contro di te, come in questo scrivere sul conto del confessore? Ma via, facciamo silenzio, non facciamo più indugi ed incominciamo a scrivere.
Siccome il mio confessore passato si trovava molto occupato, molto più che nel corso degli anni in cui lui mi dirigeva, non potendo venire lui, cominciò a venire il confessore presente, ma io non ho pensato mai che avrei dovuto trovarmi nelle mani di questo, molto più che ero contenta di quello, che aveva tutta la mia fiducia. Circa un anno e mezzo prima che fosse mio confessore, stando nel mio solito stato, il benedetto Gesù mi disse di non essere contento che il confessore non si brigasse più del mio interno e del modo come lui concorreva con Nostro Signore sul mio stato, quindi mi disse: “Quando metto nelle mani del confessore anime vittime, il lavorio del loro interno deve essere continuo, perciò digli: o mi corrisponde o ti metto nelle mani di qualche altro.”
Ed io: “Signore, che dici, chi sarà così paziente che dovrà prendersi questa croce di venire ogni giorno a sacrificarsi come fa questo confessore?”
E Gesù: “Darò lume, nominando il confessore presente e verrà.”
Ed io: “Quanto è impossibile che quello si metta a prendere questa croce!”
E Gesù: “Sì, verrà e poi, quando non sentirà Me, manderò mia Madre e lui, che l’ama, non le negherà questo favore. Certo che non si rimanda indietro chi veramente si ama. Però voglio vedere un altro poco che cosa fa questo e digli tutto ciò che ti ho detto.”
Quando venne il confessore gli narrai tutto, ma poveretto, una nuova occupazione da lui presa lo rendeva impossibilitato ad occuparsi del mio interno, si vedeva proprio che non era la volontà, ma l’impotenza la causa per cui non poteva occuparsi di me. Quando lo si diceva, s’impegnava meglio ma subito ritornava a non brigarsi come prima. Gesù benedetto si lamentava di lui ed io lo ridicevo al confessore. Un giorno lui stesso mi mandò il padre presente ed io anche con lui aprii l’anima mia dicendogli tutto ciò che ho detto, lui accettò di venire ed io rimasi meravigliata che avesse detto sì e dicevo tra me: “Aveva ragione Gesù.” Ma subito cessò la meraviglia, non so dire come, durò appena quanto dura un’ombra che subito sfugge. Venne appena due o tre giorni poi non si vide più, sfuggì come ombra ed io continuavo a starmene nelle mani del confessore passato, adorando le disposizioni di Dio, molto più che io ero contenta di quello che aveva fatto tanti sacrifici per causa mia. Dopo che passò circa un altro anno, io, sentendomi un bisogno di coscienza, lo dissi al confessore passato che mi disse: “Ti mando Don Gennaro.” Cioè il padre presente che si incaricò della mia necessità.
Impensierita sulla tempesta successa tra loro, Gesù ha ripetuto: “Non muovete le cose, ho disposto tutto Io e tutto ciò ch’è stato fatto, è stato ben fatto.”
19 Marzo 1903
Il vero amore è quel che soffrendo per Dio, vuole più soffrire.
Questa mattina ho visto il confessore tutto umiliato ed insieme il benedetto Gesù e san Giuseppe, il quale gli ha detto: “Mettiti all’opera, il Signore è pronto a darti la grazia che vuoi.”
Dopo ciò, vedendo il mio caro Gesù sofferente come nel corso della Passione, gli ho detto:
“Signore, non sentivi stanchezza nel soffrire tante diverse pene?
E Lui: “No, anzi una sofferenza accendeva più il cuore a soffrire l’altra, questi sono i modi del patire divino; non solo, ma nel patire ed operare non si guarda altro che al frutto che da quello si riceve. Io nelle mie piaghe e nel mio sangue vedevo le nazioni salvate, il bene che avrebbero ricevuto le creature ed il mio cuore anziché provare stanchezza sentiva gioia e ardente desiderio di soffrire di più. Onde questo è il segno se ciò che si soffre è partecipazione delle mie pene: se unisce patire e gioia di più patire e se nel suo operare opera per Me, se non guarda a ciò che fa, ma alla gloria che dà a Dio ed al frutto che ne riceve.
20 Marzo 1903
Gesù e san Giuseppe consolano il padre nelle sue difficoltà.
Trovandomi fuori di me stessa Marzo20 vedevo il padre pieno di difficoltà riguardo alla grazia che vuole e un’altra volta Gesù benedetto con san Giuseppe che gli dicevano: “Se ti metti all’opera, tutte le tue difficoltà scompariranno e cadranno come squame di pesce.”
23 Marzo 1903
Se l’amore è santo forma la vita della santificazione, se è perverso la vita della dannazione.
Trovandomi nel solito mio stato, dopo aver molto stentato, per poco ho visto il mio adorabile Gesù fra le mie braccia ed una luce che gli usciva dalla sua fronte ed in questa luce erano scritte queste parole: L’amore è tutto per Dio e per l’uomo, se cessasse l’amore cesserebbe la vita, però vi sono due specie d’amore: l’uno spirituale e divino, l’altro corporale e disordinato e tra questi amori vi è gran differenza tra loro per l’intensità, molteplicità, diversità, si può dire quasi la differenza che passa tra il pensare della mente e l’operare delle mani; la mente in brevissimo tempo può pensare a cento cose, dove le mani appena possono compiere un’opera sola.” Se Iddio Creatore crea le creature, il solo amore le fa creare; se tiene in continua attitudine tutti i suoi attributi verso le creature, è l’amore che a ciò lo spinge e gli stessi attributi ricevono la vita dall’amore; lo stesso amore disordinato, come le ricchezze, i piaceri e tante altre cose, non sono queste che formano la vita dell’uomo, ma se l’uomo sente amore per queste cose, non solo formano la vita, ma giunge a farne un idolo proprio. Sicché se l’amore è santo forma la vita della santificazione, se è perverso forma la vita della dannazione.”
24 Marzo 1903
Mentre si è nulla, si può essere tutto stando con Gesù.
Questa mattina, dopo aver passato giorni amarissimi, il benedetto Gesù è venuto e si è trattenuto con me familiarmente; tanto che io credevo di doverlo possedere sempre; quando all’improvviso, come un lampo è scomparso; chi può dire la mia pena? Mi sentivo impazzire, molto più che ero quasi sicura di non doverlo più perdere. Ora mentre mi struggevo in pene, come un lampo è ritornato e, con voce sonora e seria, mi ha detto:
“Chi sei tu che pretendi di tenermi sempre con te?”
Ed io, pazza come stavo, tutta ardita ho risposto: “Tutto io sono stando con Te, mi sento di non essere altro che una volontà uscita dal seno del mio Creatore e questa volontà fino a tanto che sta unita con Te, sente la vita, l’esistenza, la pace, tutto il suo bene. Senza di Te mi sento senza vita, distruggere, dispersa, irrequieta, posso dire che provo tutti i mali e, per aver vita e per non disperdermi, questa volontà uscita da Te cerca il tuo seno, il tuo centro e là vuole rimanere per sempre.” Gesù pareva che s’intenerisse tutto, ma di nuovo ha ripetuto:
“Ma chi sei tu?”
Ed io: “Signore, non sono altro che una goccia d’acqua e questa goccia d’acqua fino a tanto che si trova nel tuo mare, ha l’impressione d’essere tutto il mare e se dal mare non esce si mantiene pulita e chiara, in modo da poter stare a confronto delle altre acque; ma se uscirà dal mare si infangherà e, per la sua piccolezza si disperderà.” Tutto commosso si è inchinato verso di me dandomi un abbraccio e mi ha detto:
“Figlia mia, chi vuol stare sempre nella mia Volontà conserva in sé la mia stessa persona e sebbene possa uscire dalla mia Volontà, avendola creato libera di volontà, la mia potenza opera un prodigio somministrandole continuamente la partecipazione della vita divina ed a questa partecipazione che riceve, sente tale forza ed attrazione d’unione con la Volontà Divina, che anche se lo volesse fare, non lo potrebbe fare e questa è la continua virtù che esce da Me verso chi fa sempre la mia Volontà di cui ti parlai l’altro giorno”.
7 Aprile 1903
Timore per il suo stato.
Dopo aver passato giorni amarissimi per le continue privazioni del mio adorabile Gesù, questa mattina mi sentivo giunta al colmo dell’afflizione e, stanca e sfinita, stavo pensando che davvero non mi voleva più in questo stato e stavo per decidere di uscirne. Mentre facevo ciò, il mio amabile Gesù si è mosso nel mio interno e si è fatto sentire che pregava per me ed io capivo solo che implorava la potenza, la fortezza e la provvidenza del Padre per me, soggiungendo:
“Non vedi, oh Padre, come ha maggior bisogno d’aiuto, che dopo tante grazie si vuol rendere peccatrice uscendo dalla nostra Volontà?”
Chi può dire come mi sentivo spezzare il cuore al sentire queste parole di Gesù? Onde è uscito dal mio interno ed io, dopo essermi assicurata che fosse il benedetto Gesù, ho detto: “Signore, è Volontà tua che continui a stare in questo stato di vittima? Ché io non sentendomi nella stessa posizione di prima, mi vedo come se non fosse necessaria la venuta del sacerdote, ché se non altro almeno risparmierò il sacrificio al confessore. E Lui:
“Per ora non è Volontà mia che tu esca, riguardo al sacrificio del sacerdote, gli renderò centuplicata la carità che fa.”
Poi, tutto afflitto, ha soggiunto: “Figlia mia, i socialisti hanno combinato tra loro di colpire nel segno la Chiesa e questo l’hanno fatto in Francia pubblicamente e nell’Italia più di nascosto; e la mia giustizia va trovando vuoti per mettere mano ai castighi.
10 Aprile 1903
Siccome gli uomini non si arrendono, Gesù suonerà la tromba di nuovi e gravi flagelli.
Trovandomi fuori di me stessa, vedevo nostro Signore con una verga in mano che toccava le genti e queste, nell’essere toccate, si disperdevano e si ribellavano, ed il Signore ha detto loro:
“Vi ho toccati per riunirvi intorno a Me ed invece di riunirvi vi ribellate e vi disperdete da Me, quindi è necessario che Io suoni la tromba.”
E mentre diceva ciò si è messo a suonare la tromba. Ed io comprendevo che il Signore manderà qualche castigo, e gli uomini invece di umiliarsi prenderanno occasione d’offenderlo e di allontanarsi, ed il Signore nel vedere ciò, farà risuonare la tromba d’altri gravi flagelli.
21 Aprile 1903
Gesù sospende Luisa dal suo solito stato per poter castigare.
Ho passato giorni amarissimi di privazioni e di lacrime, con la aggiunta di vedermi in atto che il Signore mi sospendeva dallo stato di vittima, come di fatto mi è successo, che per quanto mi sforzassi non mi riusciva di perdere i sensi, anzi sono stata sorpresa da tanti dolori di visceri che mi rendevano inquieta, senza che mi potessi raccapezzare. Appena un sogno la notte, in cui mi pareva di vedere un angelo che mi portava dentro un giardino, in cui c’erano tutte le piante annerite ma io non ho dato retta e pensavo solo a come Gesù mi aveva allontavata da Sé. Onde, verso tardi è venuto il confessore e trovandomi in me stessa mi ha detto che si erano gelate le vigne. Onde sono rimasta afflittissima al pensare alla povera gente e per il timore che non mi facesse cadere nel solito mio stato per poter liberamente castigare. Ma questa mattina il benedetto Gesù è venuto facendomi cadere nel solito mio stato ed io, appena l’ho visto, gli ho detto:
“Ah! Signore, ieri che facesti? La facesti la bravata e poi, neppure a dirmi niente, ché almeno Ti avrei pregato di risparmiare in parte il castigo.”
E Lui: “Figlia mia era necessario che ti sospendessi, altrimenti tu mi avresti impedito ed Io non avrei potuto essere libero; e poi quante volte non ho fatto Io ciò che tu hai voluto? Ah! figlia mia, è necessario che nel mondo piovano i flagelli, altrimenti per risparmiare i corpi, si perderanno le anime.”
Detto ciò è scomparso ed io mi sono trovata fuori di me stessa, senza del mio dolce Gesù; quindi l’andavo cercando ed in questo mentre vedevo nella volta dei cieli un Sole diverso dal sole che noi vediamo seguito da una moltitudine di santi, i quali nel vedere lo stato del mondo, la corruzione e come si fanno beffe di Dio, tutti ad una voce gridavano: “Vendetta del tuo onore, della tua gloria, fai uso della giustizia, giacché l’uomo non vuole più riconoscere i diritti del suo Creatore”; però parlavano in latino, comprendevo io che fosse questo il significato; nel sentire ciò io tremavo, mi sentivo agghiacciare ed imploravo pietà e misericordia.
8 Maggio 1903
L’uomo quando si dispone al bene, riceve il bene; e se si dispone al male, riceve il male.
Continuando il mio stato amarissimo di privazione, al più si fa vedere taciturno e per brevi istanti. Questa mattina, impegnandosi il confessore a farlo venire, nel perdere i sensi, per poco e quasi per forza si è fatto vedere e, rivolto al confessore, ha detto in aspetto serio ed afflitto: “Che cosa vuoi?” Il padre pareva che restasse confuso e non sapeva dire niente, onde io ho detto:
“Signore, forse è il fatto della messa che vuole.”
Ed il Signore gli ha soggiunto: “Disponiti e l’avrai e poi tu hai la vittima, quanto più starai vicino col pensiero e con l’intenzione, tanto più ti sentirai forte e libero di poter fare ciò che vuoi.”
Quindi ho detto: “Signore, come non vieni?” E Lui ha soggiunto:
“Vuoi sentire? Senti.”
Ed in questo mentre, si sentivano tante grida di voci da tutte le parti del mondo che dicevano: Morte al Papa, distruzione di religione, chiese atterrate, distruzione d’ogni dominio, nessuno deve esistere sopra di noi e tante altre voci sataniche, che mi pare inutile dire. Onde nostro Signore ha soggiunto:
“Figlia mia, l’uomo quando si dispone al bene, riceve il bene; e se si dispone al male, riceve il male. Tutte queste voci che senti giungono al mio trono e non una volta, ma reiterate volte e la mia giustizia quando vede che l’uomo non solo vuole il male, ma lo domanda con replicate istanze, con giustizia è costretto a concederlo, per far conoscere loro il male che volevano, perché allora si conosce veramente il male, quando ci si trova nello stesso male. Ecco la causa per cui la mia giustizia va trovando vuoti per punire l’uomo, però non è giunto ancora il tempo della tua sospensione, al più qualche giorno per ora, per fare che la giustizia calchi un po’ la sua mano sopra l’uomo, non potendo più reggere al peso di tante enormità e nello stesso tempo far abbassare la fronte dell’uomo, troppo inalberata.
11 Maggio 1903
La pace mette a posto le passioni. La retta intenzione santifica tutto.
Trovandomi nel solito mio stato, per breve tempo ho visto il mio adorabile Gesù che mi ha detto:
“La pace mette a posto tutte le passioni; ma quello che trionfa su tutto, che stabilisce tutto il bene nell’anima e che tutto santifica, è il fare tutto per Dio, cioè, operare con retta intenzione di piacere solo a Dio. Il retto operare è quello che dirige, che domina, che rettifica le stesse virtù, perfino la stessa ubbidienza; insomma è come un maestro che dirige la musica spirituale dell’anima.” Detto ciò, come un lampo è scomparso.
20 Maggio 1903
Offre la sua vita per la Chiesa e per il trionfo della verità.
Trovandomi nel solito mio stato, mi son trovata fuori di me stessa, col benedetto Gesù in braccio in mezzo a tante genti, le quali con ferri, spade, coltelli, cercavano, chi di battere, chi di ferire e chi di tagliare le membra di Nostro Signore; ma per quanto facessero e si sforzassero, non potevano fare alcun male; anzi gli stessi ferri, per quanto affilati e taglienti, perdevano la loro attività e si rendevano inoperosi. Gesù ed io eravamo sommamente afflitti nel vedere la brutalità di quei cuori disumani, che sebbene vedessero che non potevano far nulla, pure replicavano colpi per riuscire nel loro intento; e che se nessun danno facevano era perché non potevano. Quelli si arrabbiavano perché le loro armi si erano rese inutili e non potevano effettuare la loro risoluta volontà di far danno a Nostro Signore e dicevano tra loro: “E perché non possiamo far nulla? Quale ne è la causa? Pare che altre volte abbiamo potuto qualche cosa, ma trovandosi in braccio a questa non possiamo far nulla; proviamo, se possiamo, a far danno a questa e a togliercela davanti.” Mentre dicevano ciò, Gesù si è ritirato al mio fianco ed ha dato libertà a quelli di fare quello che volevano. Onde, prima che quelli mi mettessero le mani, ho detto:
“Signore offro la mia vita per la Chiesa e per il trionfo della verità, accetta, Ti prego, il mio sacrificio.”
E quelli hanno preso una spada e mi hanno troncato la testa. Gesù benedetto accettava il mio sacrificio, ma mentre facevano ciò, nell’atto di compiere il sacrificio mi son trovata in me stessa con sommo mio dispiacere, mentre credevo d’essere giunta al punto dei miei desideri sono rimasta invece delusa.
6 Giugno 1903
Gesù le insegna come deve comportarsi nello stato di abbandono e di sofferenze.
Dopo aver passato giorni amari di privazione e di sofferenze, questa mattina mi sono trovata fuori di me stessa col bambino Gesù in braccio ed io appena L’ho visto ho detto:
“Ah! caro Gesù, come mi hai lasciato sola, almeno insegnami come devo comportarmi in questo stato di abbandono e di sofferenze.”
E Lui: “Figlia mia, tutto ciò che tu soffri nelle braccia, nelle gambe e nel cuore, offrilo insieme con le sofferenze delle mie membra, con la recita di cinque gloria patri ed offrilo alla divina giustizia per la soddisfazione delle opere, dei passi e dei desideri cattivi dei cuori, che continuamente vengono commessi dalle creature; unisci poi le sofferenze delle spine e delle spalle con la recita di tre gloria patri ed offrile per la soddisfazione delle tre potenze dell’uomo tanto disformate da non poter più riconoscere la mia immagine in loro e cerca di mantenere la tua volontà sempre unita a Me ed in continua attitudine d’amarmi; la tua memoria sia il campanello che continuamente risuoni in te e ti ricordi ciò che ho fatto e patito per te e quante grazie ho fatto all’anima tua, per ringraziarmi ed essermi riconoscente, ché la riconoscenza è la chiave che apre i tesori divini; il tuo intelletto non ad altro pensi e si occupi che di Dio. Se farai ciò ritroverò in te la mia immagine e prenderò la soddisfazione che non posso ricevere dalle altre creature. E questo lo farai di continuo, perché se continua è l’offesa, continua dev’essere la soddisfazione.”
Onde io ho soggiunto: “Ah! Signore, come mi son fatta cattiva, perfino golosa son diventata.”
E Lui: “Figlia mia, non temere, quando un’anima fa tutto per Me, tutto ciò che prende, perfino gli stessi ristori, Io li ricevo come se ristorasse il mio corpo sofferente e quelli che li danno li ritengo come se li dessero a Me stesso, tanto che se non li dessero, Io ne sentirei pena; ma per toglierti ogni dubbio, ogniqualvolta ti daranno qualche ristoro e sentirai necessità di prenderlo, non solo lo farai per Me, ma aggiungerai: “Signore, intendo ristorare il tuo corpo sofferente nel mio.”
Mentre diceva ciò, a poco a poco si è ritirato nel mio interno ed io non lo vedevo più e non potevo più parlargli. Sentivo tal pena, che per il dolore mi sarei fatta a pezzi per poterlo di nuovo ritrovare, onde mi son messa a squarciare nella parte dell’interno in cui si era rinchiuso e così l’ho trovato e, con sommo dolore, ho detto: “Ah! Signore, come mi lasci? Non sei Tu forse la mia vita? Senza te non solo l’anima, ma anche il corpo si sconquassa tutto e non regge alla forza del dolore della tua privazione. Tanto che allora, mi pare di dover morire, l’unico e solo mio conforto è la morte.” Ma mentre dicevo ciò Gesù mi ha benedetto e di nuovo si è ritirato nel mio interno ed è scomparso ed io mi son trovata in me stessa.
15 Giugno 1903
Chi si serve dei sensi per glorificare Nostro Signore, conserva in sé la sua opera Creatrice.
Trovandomi nel mio solito stato, vedevo, non so come, il mio adorabile Gesù dentro il mio occhio. Ond’io mi son meravigliata ed Egli mi ha detto:
“Figlia mia, chi si serve dei sensi per offendermi deforma in sé la mia immagine, perciò il peccato dà la morte all’anima, non perché veramente muoia, ma perché dà la morte a tutto ciò che è Divino. Se poi si serve dei sensi per glorificarmi, posso dire: “Tu sei il mio occhio, il mio udito, la mia bocca, le mie mani ed i miei piedi.” E con questo conserva in sé la mia opera Creatrice e se al glorificarmi aggiunge il patire, il soddisfare, il riparare per altri, conserva in sé la mia opera Redentrice e, perfezionando queste mie opere in se stessa, risorge la mia opera Santificatrice, santificando e conservando nella propria anima, tutto ciò che ho fatto nell’opera Creatrice, Redentrice e Santificatrice, perché ho trasfuso nell’anima una partecipazione dello stesso mio operare, ma il tutto sta, se l’anima corrisponde all’opera mia.
16 Giugno 1903
Quello che rende l’anima più cara, più bella, più amabile e più intima con Dio, è la perseveranza nell’operare solo per piacere a Lui.
Continuando il mio solito stato, mi son trovata fuori di me stessa e ho visto il bambino Gesù che aveva in mano una tazza piena d’amarezza ed una bacchetta ed Egli mi ha detto:
“Vedi, figlia mia, che tazza d’amarezza mi dà a bere continuamente il mondo?”
Ed io: “Signore, rendi partecipe me, così non soffrirai solo.”
Onde mi ha dato un pochettino a bere quella amarezza e poi con la bacchetta che aveva in mano si è messo a trapassarmi la parte del cuore, tanto da fare un buco da dove usciva un rivolo di quell’amarezza che avevo bevuto, ma cambiato in latte dolce ed andava alla bocca del bambino, il quale tutto si raddolciva e ristorava e poi mi ha detto:
“Figlia mia, quando do all’anima l’amaro, le tribolazioni, se l’anima si uniforma alla mia Volontà mi è grata, se mi ringrazia e mi fa un presente offrendolo a Me stesso, per essa è amaro, è sofferenza e per Me si cambia in dolcezza e ristoro, ma quello che più mi ricrea e mi dà piacere è vedere l’anima che se opera e se patisce, è tutta intenta a piacere a Me solo, senza altro fine o scopo di ricompensa, ma quello che rende più cara l’anima, più bella, più amabile, più intrinseca nell’Essere Divino, è la perseveranza in questo modo di comportarsi, rendendola immutabile coll’immutabile Dio; ché se oggi fa, domani no; se una volta tiene un fine ed un’altra volta un altro; oggi cerca di piacere a Dio, domani alle creature, è immagine di chi oggi è regina e domani è vilissima serva, oggi si pasce di squisiti cibi e domani di sporcizie.”
Dopo poco è scomparso, ma dopo poco è ritornato soggiungendo: “Il sole sta a beneficio di tutti, ma non tutti godono i suoi benefici effetti. Così il Sole Divino a tutti dà la sua luce, ma chi gode i suoi benefici effetti? Chi tiene aperti gli occhi alla luce della verità, tutti gli altri, ad onta che sta il Sole esposto, restano all’oscuro; ma propriamente gode, riceve tutta la pienezza di questo Sole chi sta tutto intento a piacermi.”
30 Giugno 1903
Bellezza dell’anima interiore.
Trovandomi fuori di me stessa, ho visto la Regina Madre e, prostrandomi ai suoi piedi, le ho detto: “Dolcissima Madre mia, in che terribili strette mi trovo priva dell’unico mio bene e della mia stessa vita, mi sento toccare gli estremi.”
E mentre dicevo ciò, piangevo e la Vergine Santissima, aprendosi dalla parte del cuore come se si aprisse una custodia, ha preso il bambino da dentro e me lo ha dato dicendomi:
“Figlia mia, non piangere, eccoti il tuo bene, la tua vita, il tuo tutto; prendilo e tienilo sempre con te; e mentre lo terrai con te, tieni il tuo sguardo fisso nel tuo interno sopra di Lui, non ti imbarazzare se non ti dice niente o se tu non saprai dire nulla, guardalo solo nel tuo interno, ché col guardarlo comprenderai tutto, farai tutto e soddisferai per tutti; questa è la bellezza dell’anima interiore, che senza voce, senza istruzione, siccome non c’è nessuna cosa esterna che l’attiri o l’inquieti, ma tutta la sua attrazione, tutti i suoi beni stanno conchiusi nell’interno, facilmente, col semplice guardare Gesù, intende tutto e opera tutto. In questo modo camminerai fino alla vetta del Calvario e, giunta lì, non più bambino lo vedrai, ma Crocifisso e tu resterai insieme con Lui crocifissa.”
Onde pareva che col bambino in braccio e con la Vergine Santissima facevamo la via del Calvario; mentre si camminava qualche volta trovavo qualcuno che mi voleva togliere Gesù e chiamavo in aiuto la Regina Madre dicendole: “Mamma mia, aiutami perché vogliono strapparmi Gesù.” Ed Essa mi rispondeva: “Non temere, il tuo studio sia tenere lo sguardo interno fisso sopra di Lui e questo ha tanta forza, che tutte le altre forze umane e diaboliche restano debilitate e sconfitte.”
Ora mentre si camminava abbiamo trovato un tempio in cui si celebrava la santa messa, nel punto di far la comunione io son volata col bambino in braccio all’altare per comunicarmi, ma quale non è stata la mia sorpresa quando, appena Gesù Cristo è andato dentro di me, è scomparso dalle braccia e, dopo poco, mi son trovata in me stessa.
3 Luglio 1903
Chi si dona a Gesù in vita, Gesù si dona a lei in morte e la esenta del purgatorio.
Questa mattina ero sommamente afflitta per la perdita del mio adorabile Gesù, quando all’improvviso si è fatto vedere nel mio interno, che riempiva tutta la mia persona, cioè la mia testa, le mie braccia e così di tutto il resto. E mentre vedevo ciò mi ha detto, quasi volendomi spiegare il significato del come si faceva vedere:
“Figlia mia, perché t’affliggi essendo Io il padrone di tutta te? E quando un’anima giunge a rendermi padrone della sua mente, delle braccia, del cuore e dei piedi, il peccato non può regnare e se qualche cosa involontaria vi entra, essendo Io il padrone e stando l’anima sotto l’influsso della mia padronanza, sta in continua attitudine di purgazione e subito ne esce. Oltre a ciò essendo Io santo, riesce difficile ritenere in sé qualche cosa che non sia santa; inoltre, avendomi dato tutta se stessa in vita, è giustizia che Io le doni tutto Me stesso in morte, ammettendola senza alcun ritardo alla visione beatifica. Onde, per chi tutto a Me si dona, le fiamme del purgatorio non hanno a che fare con essa.”
3 Agosto 1903
Quanto più l’anima si spoglia delle cose naturali, tanto più acquista le cose soprannaturali e divine.
Trovandomi nel solito stato, per breve tempo è venuto il mio adorabile Gesù facendomi sentire la sua dolcissima voce che diceva:
“Quanto più l’anima si spoglia delle cose naturali, tanto più acquista le cose soprannaturali e divine; quanto più si spoglia dell’amor proprio, tanto più acquista amor di Dio; quanto meno s’affatica nel conoscere le scienze umane, nel gustare i piaceri della vita, tanta conoscenza di più acquista delle cose del Cielo, della virtù e tanto più le gusterà convertendosi le amare in dolci. Insomma sono tutte cose che vanno di pari passo, di modo che, se niente si sente del soprannaturale, se l’amore di Dio è spento nell’anima, se non si conosce niente delle virtù e delle cose del Cielo e nessun gusto si prova, si conosce benissimo la ragione.”
2 Ottobre 1903
Chi cerca di stare unito con Me, cresce nella mia stessa vita e dà lo sviluppo all’innesto da Me fatto nella Redenzione, aggiungendo altri rami all’albero della mia Umanità.
Trovandomi nel solito mio stato, tutta amareggiata ed afflitta e quasi resa stupida[1] [FMA1] per la privazione del mio adorabile Gesù, non sapendo io stessa dove mi trovassi, se nell’inferno o sulla terra, come lampo che sfugge l’ho visto appena che diceva:
“Chi si trova nella via delle virtù sta nella mia stessa vita e chi si trova nella via del vizio, si trova in contraddizione con Me.” Ed è scomparso.
Dopo poco, in un altro lampo ha soggiunto: “La mia Incarnazione innestò l’umanità alla Divinità e chi cerca di stare unito a me, con la volontà, con le opere e col cuore, cercando di svolgere la sua vita a norma della mia, si può dire che cresce nella mia stessa vita e dà lo sviluppo all’innesto da Me fatto, aggiungendo altri rami all’albero della mia Umanità. Se poi non si unisce a Me, oltre che non cresce in Me, non dà alcuno sviluppo all’innesto, e siccome chi non sta con Me non può avere vita, quindi con la perdizione si scioglie questo innesto.”
E di nuovo è scomparso. Dopo di ciò mi son trovata fuori di me stessa, dentro un giardino dove stavano varie macchie di rose, alcune belle, sbocciate in giusta proporzione, quasi semichiuse ed altre con le foglie tutte cadenti, che ci voleva appena un leggero movimento per farle sfrondare e far rimanere il solo gambo nudo della rosa, un giovane, che no so chi fosse, mi ha detto:
“Le prime rose sono le anime interne, che operano nel loro interno e sono simbolo delle foglie della rosa contenute nell’interno, che danno un risalto di bellezza, di freschezza e di solidità, senza temere che qualche foglia cada per terra; le foglie esterne sono simbolo dello sboccio che fa l’anima interiore all’esteriore, che avendo vita da dentro sono opere profumate di carità santa, e, quasi luci, colpiscono gli occhi di Dio e del prossimo. Le seconde macchie di rose sono le anime esteriori, per le quali quel poco di bene che fanno tutto è esterno ed a vista di tutti, onde non essendo un sboccio dell’interno, non ci può essere la sola mira di Dio e del solo suo amore, onde dove non c’è questo, le foglie non possono essere radicate, cioè le virtù, quindi va il leggiero soffio della superbia e vi fa cader le foglie, il soffio della compiacenza, dell’amor proprio, della stima altrui, delle contraddizioni, della mortificazione ed appena la toccano, le foglie vanno per terra, sicché la povera rosa resta sempre nuda, senza foglie e le restano solo le spine che le pungono la coscienza.”
Dopo ciò mi son trovata in me stessa.
3 Ottobre 1903
Gesù continua la sua vita nel mondo non solo nel Santissimo Sacramento, ma anche nelle anime che si incontrano in grazia.
Stavo pensando all’ora della Passione quando Gesù si licenziò da sua Madre per andare alla morte e si benedissero a vicenda e stavo offrendo quest’ora per riparare per quelli che non benedicono in ogni cosa il Signore, anzi l’offendono, per impetrare tutte quelle benedizioni che ci sono necessarie per conservarci in grazia di Dio e per riempire il vuoto della gloria di Dio, come se tutte le creature lo benedicessero. Mentre facevo ciò, l’ho sentito muovere nel mio interno e diceva:
“Figlia mia, nell’atto di benedire mia Madre intesi pure benedire ciascuna creatura in particolare ed in generale, di modo che tutto è stato benedetto da Me: i pensieri, le parole, i palpiti, i passi, i movimenti fatti per Me, tutto, tutto è stato avvalorato con la mia benedizione. Anzi ti dico, che tutto ciò che di bene fanno le creature, tutto fu fatto dalla mia Umanità, per fare che tutto l’operato delle creature fosse prima da Me divinizzato. Oltre a ciò, la mia vita continua ancora reale e vera nel mondo, non solo nel Santissimo Sacramento, ma nelle anime che si trovano in Grazia mia ed essendo molto ristretta la capacità della creatura, non potendo afferrare una sola tutto ciò che Io feci, faccio in modo che in un’anima continuo la mia riparazione, in un’altra la lode, in ciascun’altra il ringraziamento, in qualche altra lo zelo della salute delle anime, in un’altra le mie sofferenze e così di tutto il resto, a seconda che mi corrispondono così sviluppo la mia vita in loro. Quindi, devi pensare in quali strettezze e pene mi mettono: mentre Io voglio operare in loro, quelli non mi danno retta.”
Detto ciò è scomparso ed io mi sono trovata in me stessa.
7 Ottobre 1903
Le anime vittime, sono gli angeli umani che devono riparare, impetrare, proteggere l’umanità.
Ho detto al confessore che mi lasciasse nella Volontà di Nostro Signore e che mi togliesse l’obbligo di stare sotto l’ubbidienza perché sia che lo volesse lui sia che non lo volesse, dovevo continuare a stare in questo stato di vittima. Il confessore prima non voleva, ma poi mi ha detto che avrebbe accettato, se io mi fossi assunta la responsabilità di dare conto a Gesù Cristo di quello che poteva succedere nel mondo, per cui dovevo pensarci prima e poi rispondere. Io ho ribadito che non volevo oppormi al Voler Divino, e che solo se il Signore vuole che io sia libera lo voglio anch’io, se non vuole, non lo voglio io; a che pro questa responsabilità? E lui: “pensaci prima e domani risponderai”. Pensando poi a ciò, Gesù, nel mio interno, mi ha detto:
“La giustizia lo vuole, l’amore no.”
Poi, trovandomi nel solito mio stato, per un po’ l’ho visto e mi ha detto:
“Gli angeli, sia che ottengono sia che non ottengono, fanno sempre il loro ufficio, non si ritirano dall’opera affidata loro da Dio, della custodia delle anime, anche se vedono che, quasi a dispetto delle loro cure, diligenze, industrie, assistenze continue, le anime vanno miseramente perdute, sono sempre là, ai loro posti; né, se ottengono o non ottengono, danno maggiore o minore gloria a Dio, perché la loro volontà è sempre stabile nel compiere il lavoro affidato. Le anime vittime, sono gli angeli umani che devono riparare, impetrare, proteggere l’umanità e, se ottengono o non ottengono, non devono cessare il loro lavoro; a meno che non venga loro assicurato dall’alto.”
12 Ottobre 1903
Significati della coronazione di spine.
Questa mattina vedevo il mio adorabile Gesù nel mio interno, coronato di spine e nel vederlo in quel modo gli ho detto: “Dolce mio Signore, perché il tuo capo invidiò il flagellato tuo corpo che aveva tanto sofferto e tanto sangue aveva versato e non volendo il capo restare da meno al corpo, onorato col fregio del patire, istigasti Tu stesso i nemici a coronarti con una sì dolorosa e tormentosa corona di spine?”
E Gesù: “Figlia mia, molti significati ha questa coronazione di spine e per quanto possa dire resta sempre molto da dire, perché è quasi incomprensibile alla mente creata il perché il mio capo volle tenersi onorato con l’avere la sua porzione distinta e speciale, non generale, d’una sofferenza e spargimento di sangue a parte, facendo quasi a gara col corpo; il perché fu: poiché è il capo che unisce tutto il corpo e tutta l’anima, di modo che il corpo senza il capo è niente, tanto che si può vivere senza delle altre membra, ma senza del capo è impossibile, essendo la parte essenziale di tutto l’uomo, tanto è vero, che se il corpo pecca o fa del bene, è il capo che dirige, non essendo altro il corpo che uno strumento. Dovendo il mio capo restituire il regime ed il dominio e meritare che nelle menti umane entrassero nuovi cieli di grazie, nuovi mondi di verità, dovendo ribattere nuovi inferni di peccati che rendono gli uomini vili schiavi di vili passioni e volendo coronare tutta l’umana famiglia di gloria, di onore e di decoro, perciò volli coronare ed onorare in primo la mia Umanità, sebbene con una corona di spine dolorosissima, simbolo della corona immortale, tolta dal peccato e che restituivo alle creature. Oltre a ciò, la corona di spine significa che non c’è gloria ed onore senza spine, che non ci può mai essere dominio di passioni, acquisto di virtù, senza sentirsi pungere fin dentro la carne e lo spirito e che il vero regnare sta nel donare se stesso, con le punture della mortificazione e del sacrificio; inoltre queste spine significavano che vero ed unico Re sono Io e solo chi mi costituisce Re del proprio cuore, gode pace e felicità ed Io la costituisco regina del mio proprio regno. Onde, tutti quei rivoli di sangue che sgorgavano dal mio capo erano tanti fiumicelli che legavano l’intelligenza umana alla conoscenza della mia sovranità sopra di loro.”
Ma chi può dire tutto ciò che sento nel mio interno? Non ho parole ad esprimerlo; anzi quel poco che ho detto mi pare di averlo detto in modo sconnesso e così credo che deve essere nel parlare delle cose di Dio, per quanto in modo alto e sublime uno possa parlare, essendo Lui increato e noi creati, non si può dire di Dio che balbettando.
16 Ottobre 1903
La Divina Volontà è luce e, chi la fa, si pasce di luce.
Trovandomi nel mio solito stato mi sentivo tutta piena di peccati e di amarezza, onde si è fatto come un lampo nel mio interno ed io ho visto appena il mio adorabile Gesù, ma alla sua presenza i peccati sono scomparsi ed io, temendo, ho detto: “Signore mio, come alla tua presenza io dovrei conoscere di più i miei peccati, invece succede il contrario?”
E Lui: “Figlia mia, la mia presenza è mare che non ha confini e chi si trova nella mia presenza è come una gocciolina, che sia pur nera o bianca, si sperde nel mio mare, come si può più conoscere? Inoltre il mio tocco divino purga tutto e fa bianche le cose nere, come dunque tu temi? Oltre a ciò la mia Volontà è luce e facendo tu sempre la mia Volontà ti pasci di luce, convertendo le tue mortificazioni, privazioni e sofferenze in nutrimento di luce per l’anima, perché il solo cibo sostanzioso e che dà vera vita è la mia Volontà. E non sai tu che questo continuo nutrirsi di luce, ancorché l’anima contragga qualche difetto, la purga continuamente?”
Detto ciò è scomparso.
18 Ottobre 1903
Il peccato è un atto opposto della volontà umana alla Divina. Il vero amore è vivere nella volontà dell’amato.
Continuando il mio solito stato, per brevi istanti ho visto il mio adorabile Gesù e mi ha detto:
“Figlia mia, sai tu che cosa forma il peccato? Un atto opposto della volontà umana alla Divina. Immaginati due amici che stanno in contraddizione, se la cosa è lieve tu dici che non è perfetta e leale la loro amicizia, fosse pure in cose piccole; come amarsi e contraddirsi? Il vero amore è vivere nella volontà altrui, anche a costo di sacrificio; se poi la cosa è grave, non solo non sono amici, ma fieri nemici. Tale è il peccato. Opporsi al Volere Divino è lo stesso che farsi nemico di Dio, sia pure in cose piccole, è sempre la creatura che si mette in contraddizione col Creatore.”
24 Ottobre 1903
Immagine della Chiesa.
Avendo detto al confessore i miei timori che non fosse Volontà di Dio il mio stato e che almeno per prova vorrei provare a sforzarmi di uscire e vedere se riuscivo o no, il confessore, senza fare le sue solite difficoltà, ha detto: “Va bene, domani proverai.”
Onde io sono rimasta come se fossi stata liberata da un peso enorme. Or, essendo stata celebrata la santa messa ed avendo fatto la comunione, per breve tempo ho visto il mio adorabile Gesù nel mio interno che mi guardava fisso, con le mani giunte, in atto di chiedere pietà ed aiuto. Ed in questo mentre mi son trovata fuori di me stessa, dentro una stanza dove stava una donna maestosa e veneranda, ma gravemente inferma, in un letto con le spalliere tanto alte che quasi toccavano la volta; ed io ero costretta a stare al di sopra di questa spalliera in braccio ad un sacerdote, per tenerla ferma e guardare la povera malata. Ond’io mentre stavo in questa posizione, vedevo pochi religiosi che circondavano ed apprestavano cure alla paziente e, con intensa amarezza, dicevano tra loro: “Sta male, sta male, non ci vuole altro che una piccola scossa.” Ed io pensavo a tener ferma la spalliera del letto, per timore che, muovendosi il letto, potesse morire. Ma vedendo che la cosa andava per le lunghe e quasi infastidendomi dello stesso ozio, dicevo a colui che mi teneva: “per carità, fammi scendere, io non sto facendo alcun bene, né sto dando alcun aiuto, a che pro stare così inutile, almeno se scendo posso servirla, aiutarla.”
E quello: “Non hai sentito che anche una piccola scossa può farla peggiorare e possono succederle cose tristissime? Onde, se tu scendi, non stando chi mantiene fermo il letto può anche morire.”
Ed io: “Ma può essere possibile che facendo solo questo le può venire questo bene? Io non ci credo, per pietà, fammi scendere.” Quindi, dopo aver ripetuto varie volte queste parole, mi ha fatto scendere sul pavimento ed io sola, senza che nessuno mi tenesse, mi sono avvicinata all’ammalata e, con mia sorpresa e dolore, ho visto che il letto si muoveva. A quei movimenti quella illividiva la faccia, tremava, faceva il rantolo dell’agonia. Quei pochi religiosi piangevano e dicevano: “Non c’è più tempo, è già agli estremi momenti.” Poi entravano persone nemiche, soldati, capitani per battere l’ammalata e quella donna così morente si è alzata con intrepidezza e maestà per essere piagata e battuta. Io, nel veder ciò, tremavo come una canna e dicevo tra me:
“Sono stata io la causa, ho dato io la spinta a far succedere tanto male.” E comprendevo che quella donna rappresentava la Chiesa inferma nelle sue membra, con tanti altri significati che mi pare inutile spiegare, perché si comprende leggendo quello che ho scritto. Onde mi son trovata in me stessa e Gesù, nel mio interno, ha detto:
“Se ti sospendo per sempre, i nemici incominceranno a far versare il sangue alla mia Chiesa.”
Ed io: “Signore, non è che non voglia stare, il Cielo mi guardi se io mi allontano dalla tua Volontà anche per un batter d’occhi, solo che se vuoi mi starò, se non vuoi mi toglierò.”
E Lui: “Figlia mia, appena il confessore ti ha sciolto, cioè col dirti: “Va bene, domani provaci.” Il nodo di vittima si è pur sciolto, perché il solo fregio dell’ubbidienza è che costituisce la vittima e non mai l’accetterei per tale senza questo fregio, anche a costo, se fosse necessario, di fare un miracolo della mia onnipotenza per dar lume a chi dirige, per far dare questa ubbidienza. Io soffrii, soffrii volontario, ma chi mi costituì vittima fu l’ubbidienza al mio caro Padre, che volle fregiare tutte le mie opere, dalla più grande alla più piccola col fregio onorifico dell’ubbidienza.”
Quindi trovandomi in me stessa, mi sentivo un timore di provare ad uscire, ma poi me la sbrigavo dicendo: “Doveva pensarci chi mi ha dato l’ubbidienza e poi se il Signore mi vuole io son pronta.”
25 Ottobre 1903
L’anima in Grazia innamora Dio.
Venendo l’ora del mio solito stato, pensavo tra me che se il Signore non fosse venuto avrei dovuto provare a sforzarmi anche per vedere se almeno ci riuscivo. Onde in primo ci riuscivo, ma poi è venuto il mio adorabile Gesù e mi ha fatto vedere che quando io pensavo di rimanere, Lui si avvicinava e m’incatenava a Sé, in modo che io non potevo; quando poi pensavo a togliermi, Lui si allontanava e mi lasciava libera; di modo che potevo farlo, onde non mi sapevo decidere e dicevo fra me: “Quanto vorrei vedere il confessore per domandare a Lui che cosa dovrei fare.” Quindi poco dopo, ho visto il confessore insieme con Nostro Signore e subito ho detto: “Ditemi, devo stare, sì o no?” E mentre dicevo ciò vedevo nell’interno del confessore che aveva ritirato l’ubbidienza che mi aveva dato il giorno precedente, onde mi decisi a starmi, pensando tra me che se fosse vero che aveva ritirato l’ubbidienza, va bene; se poi era mia fantasia che così vedevo, mentre poteva essere falso, quando il confessore fosse venuto allora avrei pensato potendo provare un altro giorno e così mi son quietata. Onde seguitando a farsi vedere il benedetto Gesù mi ha detto:
“Figlia mia, la bellezza dell’anima in grazia è tanta, da innamorare lo stesso Dio; gli angioli ed i santi restano stupiti nel vedere questo prodigioso portento, d’un anima ancora terrestre posseduta dalla grazia, alla fragranza dell’odore celeste le corrono intorno e, con sommo lor piacere, trovano in essa quel Gesù stesso che li beatifica nel Cielo, di modo che per loro è indifferente tanto star su in Cielo, quanto giù vicino a quest’anima. Ma chi mantiene e conserva questo portento, dando continuamente nuove tinte di bellezza all’anima che vive nella mia Volontà? Chi toglie qualunque ruggine ed imperfezione e le somministra la conoscenza dell’oggetto che possiede? La mia Volontà. Chi rassoda, stabilisce e fa restare confermata nella grazia? La mia Volontà. Il vivere nel mio Volere è tutto il punto della Santità e dà continua crescenza di grazia. Ma chi, un giorno fa la mia Volontà ed un altro la sua, mai resterà confermato nella grazia, non fa altro che crescere e decrescere; e questo quanto male arreca all’anima, di quanta gioia priva Dio e se stessa! E’ immagine di chi oggi è ricca e domani povera, non resterà confermata né nella ricchezza né nella povertà, quindi non si può sapere dove andrà a finire.”
Detto ciò è scomparso e poco dopo è venuto il confessore e avendo detto ciò che ho scritto, mi ha assicurato che veramente aveva ritirato l’ubbidienza che mi aveva dato.
Per ubbidire al confessore riprendo a dire gli altri significati da me compresi nel giorno 24 del mese corrente. Onde la donna rappresentava la Chiesa che essendo inferma, non in se stessa, ma nelle sue membra e sebbene abbattuta ed oltraggiata dai nemici e resa inferma nelle sue stesse membra, mai perde la sua maestà e venerazione; quanto al letto dove si trovava, comprendevo che la Chiesa mentre pare oppressa, inferma, contrastata, pure riposa con un riposo perpetuo ed eterno e con pace e sicurezza nel seno paterno di Dio come un bambino nel seno della propria madre; le spalliere del letto che toccavano la volta, comprendevo che erano la protezione divina che assiste sempre la Chiesa e che tutto ciò che essa contiene, tutto è venuto dal Cielo: Sacramenti, dottrine ed altro, tutto è celeste, santo e puro, in modo che, tra il Cielo e la Chiesa c’è continua comunicazione, non mai interrotta. Quanto ai pochi religiosi che prestavano cura, assistenza alla donna, comprendevo che pochi sono quelli che a corpi perduti difendono la Chiesa, tenendo come a se stessi i mali che riceve, la stanza dove dimorava, composta di pietre, rappresentava la solidità, la fermezza ed anche la durezza della Chiesa a non cedere a nessun diritto che le appartiene. La donna morente che con intrepidezza e coraggio si fa battere dai nemici, rappresentava la Chiesa, che mentre pare che muoia, allora risorge più intrepida, ma come? Con le sofferenze e con lo spargimento di sangue, vero spirito della Chiesa, sempre pronta alle mortificazioni, come lo fu Gesù Cristo.
27 Ottobre 1903
Il modo d’operare divino è il solo amore del Padre e degli uomini.
Trovandomi nel solito mio stato, per poco ho visto il mio adorabile Gesù che mi ha detto:
“Figlia mia, l’accettare le mortificazioni e le sofferenze come penitenza e come castigo, è lodevole, è buono, però non ha nessun nesso col modo d’operare divino, perché Io feci molto, soffrii molto, ma il modo che tenni in tutto ciò fu il solo amore del Padre e degli uomini. Sicché, si scorge subito se la creatura tiene il modo d’operare e di soffrire alla divina, se a questo fare e soffrire la spinge il solo amore. Se tiene altri modi, ancorché fossero buoni, è sempre modo di creature e quindi si troverà il merito che può acquistare una creatura, non il merito che può acquistare il Creatore, non essendovi unione di modi. Mentre se tiene il mio modo, il fuoco dell’amore distruggerà ogni disparità e disuguaglianza e formerà una sola cosa tra l’opera mia e quella della creatura.”
29 Ottobre 1903
Quando l’anima ha impresso in se stessa il fine della Creazione, Gesù la contraccambia con parte della felicità celeste.
Questa mattina il mio adorabile Gesù si è fatto vedere nel mio interno, come se si fosse incarnato nella mia stessa persona e, guardandomi, ha detto:
“Figlia mia, quando vedo nell’anima impresso il carattere del fine della mia Creazione, sentendomi soddisfatto di essa, perché vedo compiuta così bene l’opera da Me creata, mi sento in dovere, cioè, non dovere, —ha soggiunto subito—, ché in Me non ci sono doveri, ma il mio dovere è un amore più intenso di contraccambiarla, anticipando per lei parte della felicità celeste, cioè: manifestando al suo intelletto la conoscenza della mia Divinità ed allettandola col cibo delle verità eterne; ricreando la sua vista con la mia bellezza; facendo risuonare al suo udito la soavità della mia voce; alla bocca i miei baci; al cuore gli abbracci e tutte le mie tenerezze e questo corrisponde al fine d’averla creata, qual è: conoscermi, amarmi, servirmi.” Ed è scomparso.
Onde io, trovandomi fuori di me stessa, vedevo il confessore e gli dicevo quello che il benedetto Gesù mi ha detto; gli domandavo se andavo secondo la verità e mi diceva: “Sì.” Non solo, ma soggiungeva che si conosceva bene il parlare Divino, perché quando parla Dio e l’anima lo riferisce, colui che ascolta non solo vede la verità delle parole, ma si sente nel suo interno una commozione che solo lo Spirito Divino possiede.
30 Ottobre 1903
Insegnamenti sulla pace.
Questa mattina, poiché il mio adorabile Gesù non veniva, stavo pensando nel mio interno: “Chissà se veramente è nostro Signore a venire, o piuttosto il nemico per illudermi; perché Gesù Cristo mi ha lasciata così bruttamente senza nessuna pietà?” Ora mentre pensavo ciò, per pochi istanti si è fatto vedere, alzando la sua destra e premendomi la bocca col pollice, mi ha detto:
“Taci, taci e poi, sarebbe bello che uno che ha visto il sole, solo perché non lo vede dice che non era sole quello che aveva veduto; non sarebbe più vero e ragionevole se dicesse che il sole si è nascosto?” Ed è scomparso.
Non lo vedevo, ma sentivo che con le sue mani mi andava tutta ritoccando e strofinando la bocca, la mente ed altro e mi faceva tutta lucente; e siccome non lo vedevo, la mente seguitava ad avere dei dubbi e Lui, facendosi vedere di nuovo, ha soggiunto:
“Ancora non vuoi finirla? Tu vuoi far scomparire l’opera mia in te, perché dubitando, non sei in pace ed essendo Io fonte di pace, non vedendoti in pace farai dubitare chi ti guida, che non è il Re della pace che abita in te. Ah! non vuoi stare attenta! E’ vero che faccio tutto Io nell’anima in modo che senza di Me non farebbe nulla, ma è pur vero che lascio sempre un filo di volontà all’anima, che può anch’essa dire: “Tutto faccio di mia propria volontà.” Onde, stando inquieta spezzi quel filo d’unione con Me e mi leghi le braccia senza che Io possa operare in te, aspettando finché ti rimetti in pace per riprendere il filo della tua volontà e continuare l’opera mia.”
[1] O meglio “incapace,” “addormentata”

[FMA1] O meglio “incapace,” “addormentata”