Volume 3

Volume 03


J.M.J.
1 Novembre 1899
Purificazione della chiesa. Suo sostegno: "Le anime vittime."
Trovandomi nel solito mio stato, mi son trovata fuori di me stessa, in una chiesa dove c'era un sacerdote che celebrava il divin sacrificio e mentre faceva ciò piangeva amaramente e diceva: "La colonna della mia Chiesa non ha dove poggiarsi!" Nel momento in cui ciò diceva ho visto una colonna, la cui cima toccava il cielo ed al disotto di questa colonna stavano sacerdoti, vescovi, cardinali e tutte le altre dignità che sostenevano la detta colonna, ma, con mia sorpresa, ho fatto per guardare ed ho visto che di dette persone, chi era molto debole, chi mezzo marcito, chi infermo, chi pieno di fango; scarsissimo era il numero di quelli che si trovavano in stato di sostenerla, sicché questa povera colonna, per le tante scosse che riceveva al disotto, tentennava senza potere star ferma. Al disopra di detta colonna c’era il Santo Padre, che con catene d'oro e coi raggi che mandava da tutta la sua persona, faceva quanto più poteva per sostenerla, per incatenare ed illuminare non solo le persone che dimoravano al disotto, benché qualcuna sfuggisse per avere più agio a marcirsi ed infangarsi, ma tutto il mondo. Mentre io ciò vedevo, quel sacerdote che celebrava la messa (sto in dubbio se fosse sacerdote oppure Nostro Signore, mi pare che fosse, ma non so dire certo), mi ha chiamato vicino a sé e mi ha detto: "Figlia mia, vedi in che stato lacrimevole si trova la mia Chiesa, quelle stesse persone che dovevano sostenerla, vengono meno e con le loro opere l'abbattono, la percuotono e giungono a denigrarla. L'unico rimedio è che faccia versare tanto sangue, da formare un bagno per poter lavare quel marcioso fango e sanare le loro piaghe profonde, imperocché sanate, rafforzate, abbellite in quel sangue, possano essere strumenti abili a mantenerla stabile e ferma." Poi ha soggiunto: "Io ti ho chiamato per dirti: "Vuoi tu essere vittima e così essere come un puntello per sostenere questa colonna in tempi sì incorreggibili?" Io in principio mi son sentita correre un brivido per il timore, di non avere la forza, ma poi subito mi sono offerta ed ho pronunziato il Fiat. In questo mentre, mi son trovata circondata da tanti santi, angeli ed anime purganti che con flagelli ed altri strumenti mi tormentavano; ed io, sebbene in principio avvertissi un timore, poi, quanto più soffrivo, tanto più mi veniva la voglia di patire e gustavo il patire come un dolcissimo nettare. E questo molto più che mi ha toccato un pensiero: "Chissà se quelle pene possono essere mezzo come consumare la vita e così poter spiccare l'ultimo volo verso il mio sommo ed unico Bene? Ma con mio sommo rammarico, dopo aver sofferto acerbe pene, ho visto che quelle pene non mi consumavano la vita. Oh! Dio, che pena, perché questa fragile carne mi impedisce di unirmi al mio Bene Eterno! Dopo ciò, ho visto la sanguinosa strage che si faceva di quelle persone che stavano al disotto della colonna. Che orribile catastrofe! Scarsissimo era il numero che non rimaneva vittima, giungevano a tale ardimento, che tentavano d'uccidere il Santo Padre. Ma poi pareva che quel sangue sparso, quelle sanguinose vittime straziate erano mezzi per rendere forti quelli che rimanevano, in modo da sostenere la colonna, senza farla più tentennare. Oh! che felici giorni! Dopo ciò spuntavano giorni di trionfi e di pace; la faccia della terra pareva rinnovata, la detta colonna acquistava il suo primiero lustro e splendore. Oh! giorni felici! da lungi io vi saluto, che tanta gloria darete alla mia Chiesa e tanto onore a quel Dio che ne è il Capo!
3 Novembre 1899
Trastullo di Gesú con Luisa.
Questa mattina il mio amabile Gesù è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa, in una chiesa ed è scomparso ed io sono rimasta sola. Ora, trovandomi alla presenza del Santissimo Sacramento, ho fatto la mia solita adorazione; ma mentre ciò facevo, mi pareva che fossi divenuta tutt'occhi, per vedere se potevo scorgere il dolce Gesù. In questo mentre, l'ho visto sopra l’altare, da bambino, che mi chiamava con la sua graziosa manina. Chi può dirne il contento? Ho volato da Lui e senza pensare ad altro, l'ho stretto fra le mie braccia e l'ho baciato, ma mentre facevo ciò, ha preso un aspetto serio e mostrava di non gradire i miei baci ed ha incominciato a respingermi. Io, non curando ciò, seguitavo e gli ho detto: "Carino mio, bello, l'altro giorno volesti Tu sfogarti con me, coi baci e con gli abbracci ed io ti diedi tutta la libertà; oggi voglio teco sfogarmi anch'io; deh! dammi la libertà." Ma Lui seguitava a respingermi e, vedendo che io non cessavo, è scomparso. Chi può dire quanto son rimasta mortificata ed impensierita nel trovarmi in me stessa? Ma dopo poco è ritornato ed io volendo chiedergli perdono delle mie impertinenze, mi ha perdonato col volersi lui sfogare con me e mentre mi baciava mi ha detto: "Diletta del cuor mio, la mia Divinità abita in te abitualmente e siccome tu vai inventando nuove cose per farmi deliziare con te, così Io, per renderti la pariglia, uso nuovi modi per farti deliziare con Me." Con ciò ho capito che è stato uno scherzo che Gesù voleva fare.
4 Novembre 1899
Diversi effetti della presenza di Gesù e di quella del demonio.
Siccome questa mattina il benedetto Gesù non veniva, il demonio cercava di prendere la sua forma e di farsi vedere, ma io non avvertendo i soliti effetti, ho incominciato a dubitare e mi son segnata con la croce, prima io e poi lui, il demonio, vedendosi segnato, tremava; subito l'ho respinto da me senza mirarlo. Dopo poco è venuto il mio caro Gesù e, temendo che fosse un'altra volta lo spirito maligno, cercavo di respingerlo ed invocavo l'aiuto di Gesù e della Regina Mamma; ma Lui per assicurarmi che non era il demonio, mi ha detto: "Figlia mia, la tua attenzione per rassicurarti se sono Io o no, dev'essere basata sugli effetti interni, se si muovono a virtù o a vizi, imperocché, siccome la mia natura è virtù, non di altro faccio eredi i miei figli, che di virtù. E questo puoi anche comprenderlo dalla natura umana, che essendo carne, se avviene che fa qualche piaga, la carne si cambia in marcio e si può dire che non è più carne; così la mia natura, se menomamente potesse ritenere in sé l'ombra del vizio, cesserebbe di essere quel Dio che è, ciò che non può mai succedere."
6 Novembre 1899
Purità d'intenzione.
Questa mattina essendo venuto l'adorabile Gesù mi ha trasportato fuori di me stessa e mi ha fatto vedere strade piene di carne umana. Che carneficina spietata! Fa orrore a pensarlo! Poi mi ha fatto vedere che succedeva una cosa nell'aria e molti morivano all'improvviso e questo lo vidi pure nel mese di Marzo. Io ho incominciato, secondo il solito, a pregarlo che si placasse e che risparmiasse le sue stesse immagini da supplizi sì crudeli, da guerre sì sanguinose e siccome teneva la corona di spine, gliel'ho tolta per mettermela io e ciò per placarlo maggiormente; ma, con mio sommo rammarico, ho visto che le spine rimanevano quasi tutte spezzate nella sua santissima testa, sicché pochissimo rimaneva a me di soffrire. Gesù si mostrava severo, senza quasi darmi retta; mi ha trasportato di nuovo nel letto e siccome io mi trovavo con le braccia in croce, soffrendo i dolori della crocifissione che Lui stesso mi aveva prima partecipato, ha preso le mie braccia e me le ha unite insieme, legandole con una cordicella d'oro. Io, non badando che cosa volesse ciò significare, per spezzare quell'aria severa che aveva gli ho detto: "Dolcissimo amor mio, Ti offro questi movimenti del mio corpo che Tu stesso mi hai fatto e tutti gli altri che posso fare io, per il solo fine di piacerti e glorificarti. Ah! sì, vorrei che anche i movimenti delle palpebre, dei miei occhi, delle mie labbra e di tutta me stessa, fossero fatti al solo fine di piacere a Te solo. Fa’, o buon Gesù, che tutte le mie ossa, i miei nervi, risuonino fra loro ed a chiare voci Ti attestino il mio amore." E Lui mi ha detto: "Tutto ciò che si fa per il solo fine di piacermi, risplende innanzi a Me d'una maniera tale, da attirare i miei sguardi divini e mi piacciono tanto, che a quelle azioni, fossero anche un muovere di ciglia, do il valore come se fossero fatte da Me. Invece quelle altre azioni, in se stesse buone ed anche grandi, fatte non per Me solo, sono come quell'oro infangato e pieno di ruggine che non risplende ed Io non mi benigno neppure di guardarle." Ed io: "Ah! Signore, quanto è facile che la polvere imbratti le nostre azioni!" E Lui: "Alla polvere non bisogna badare, perché si scuote, ma quello a cui bisogna badare, è l’intenzione." Ora, mentre ciò si diceva, Gesù si occupava a legarmi le braccia. Io gli ho detto: "Deh! Signore, che fai?" E Lui: "Faccio questo, perché tu, stando in quella posizione della crocifissione, mi vieni a placare ed Io, siccome voglio castigare le genti, te le sto legando." E detto ciò è scomparso.
10 Novembre 1899
L'obbedienza al confessore.
Dopo aver passato parecchi giorni in contrasto con Gesù, perché io volevo essere sciolta e Lui non voleva e, or si faceva vedere che dormiva, or mi imponeva silenzio, finalmente questa mattina, mentre l'ho visto, ho notato il confessore che assolutamente mi comandava che mi facessi sciogliere da Gesù e questo, più di una volta, ma Gesù non dava retta; io però, costretta dall'ubbidienza, gli ho detto: ''Mio amabile Gesù, quando mai Ti sei opposto all'ubbidienza? Non sono io che voglio essere sciolta, è il confessore che vuole che Tu mi faccia soffrire la crocifissione; perciò arrenditi a questa virtù da Te prediletta, che inanella tutta la tua vita e che formò l'ultimo anello congiungendo tutto in uno, il sacrificio della croce." E Gesù: "Tu proprio Mi vuoi fare violenza, toccandomi quell'anello che congiunse la Divinità e l'umanità e formò un solo anello, qual è l'ubbidienza." E mentre ciò diceva, ha preso l'aspetto di Crocifisso e, quasi forzato dalla potestà sacerdotale, mi ha partecipato i dolori della crocifissione. Sia sempre benedetto il Signore e sia tutto a gloria sua! Cosi pare che sono stata sciolta.
11 Novembre 1899
L'obbedienza impedisce di conformarsi alla giustizia.
Trovandomi nel solito mio stato, mi son trovata fuori di me stessa e mi è parso di girare la terra. Oh! come era inondata da ogni sorta di iniquità, fa orrore a pensarlo! Ora, mentre giravo, sono giunta ad un punto ed ho trovato un sacerdote di santa vita ed in un altro punto, una vergine di vita intemerata e santa. Ci siamo uniti tutti e tre ed abbiamo parlato dei tanti castighi che il Signore sta facendo e dei tanti altri che tiene preparati. Io ho detto loro: "E voi, che fate? Vi siete forse conformati alla divina giustizia?" E quelli: "Vedendo la stretta necessità di questi tristi tempi e che l'uomo non si arrenderebbe né se uscisse uno apostolo, né se il Signore inviasse un altro san Vincenzo Ferrer, che con miracoli e segni portentosi lo potesse indurre alla conversione, anzi, vedendo l'uomo giunto a tale ostinazione e ad una specie di pazzia, che la stessa forza dei miracoli lo renderebbe più incredulo, onde, investiti da questa strettissima necessità, per il bene degli uomini e per arrestare questo mare marcioso che inonda la faccia della terra e per gloria del nostro Dio, tanto oltraggiato, ci siamo conformati alla giustizia. Solo stiamo pregando ed offrendoci vittime, per fare che questi castighi riescano per la conversione dei popoli." E tu, che fai? Non ti sei conformata con noi?" Ed io: "Ah, no! non posso, ché l'ubbidienza non vuole, sebbene Gesù vuole che mi uniformi, ma siccome l'ubbidienza non vuole, deve prevalere su tutto, mi conviene stare sempre in contrasto con Gesù benedetto, cosa che molto mi affligge." E quelli: "Quando è l'ubbidienza, sicuro che non bisogna aderire." Dopo ciò, trovandomi in me stessa, per poco tempo ho visto il carissimo Gesù e siccome io volevo sapere di quale parte fossero quel sacerdote e quella vergine, Lui mi ha detto che erano del Perù.
12 Novembre 1899
Luisa risparmia alcuni castighi.
Questa mattina, l'amabile mio Gesù è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa e ho visto come se dal cielo dovesse smuoversi una cosa e toccare la terra. Sono rimasta tanto spaventata che ho gridato e gli ho detto: "Neh, neh, Signore, che fai? Quanta rovina ci sarà se ciò succede. Mi dici che mi vuoi bene e mi vuoi far avere paura, hai visto, no? Non lo fare, no, no, non puoi farlo, ché io non voglio." E Gesù, tutto compassionandomi, mi ha detto: "Figlia mia, non aver timore. E poi, quando mai vuoi tu che faccia niente? Non devo farti vedere niente quando castigo le genti, altrimenti mi leghi dappertutto. Ebbene, fortificherò il tuo cuore di fortezza e farò spuntare da esso come un tronco, da poter mantenere fermo ciò che tu vedi e poi verserò in te tante grazie, in modo da potermi nutrire Io ed i miei figli." In questo mentre, è uscito dal mio cuore come un tronco ed alla cui cima due rami a modo di forche, sollevandosi in aria, prendevano in mezzo ciò che stava per smuoversi, così restava fermo solo ad un punto; lontano pareva che toccasse la terra. Dopo mi son trovata in me stessa e l'ho pregato che si placasse e pareva piuttosto che si arrendesse, tanto che mi ha partecipato i dolori della croce. Ed è scomparso.
13 Novembre 1899
Gesù soffre nel vedere soffrire le creature. Luisa si offre per consolarlo.
Questa mattina il mio adorabile Gesù pareva irrequieto. Non faceva altro che andare e venire, or si tratteneva con me, or quasi tirato dal suo ardentissimo amore verso le creature andava a vedere ciò che facevano e tutto si condoleva di ciò che soffrivano, come se Lui stesso e non loro, fosse preso da quelle sofferenze. Parecchie volte ho visto il confessore, che con la sua potestà sacerdotale costringeva Gesù a farmi soffrire le sue pene per poter placarlo e Lui, mentre pareva che non volesse essere placato, dopo si mostrava grato, ringraziava di cuore chi si occupava a mantenere il suo braccio sdegnato ed ora mi partecipava una sofferenza ed ora un'altra. Oh! come era tenero e commovente vederlo in questo stato! Faceva spezzare il cuore per compassione. Parecchie volte mi ha detto: "Conformati alla mia Giustizia, ché più non posso. Ah! l'uomo è troppo ingrato e quasi mi costringe da tutte le parti a castigarlo; me li strappa lui stesso dalle mani i castighi. Se tu sapessi quanto soffro nel fare uso della mia giustizia, ma è l'uomo stesso che mi fa violenza. Ahi! se non avessi fatto altro che comperare a prezzo di sangue la sua libertà, pure avrebbe dovuto essermi riconoscente; ma quello, per farmi maggior torto, va inventando nuovi modi per rendere inutile il mio sborso." E mentre ciò diceva, piangeva amaramente ed io per consolarlo, gli ho detto: "Dolce mio Bene, non Ti affliggere, vedo che la tua afflizione è più perché Ti senti costretto a castigare le genti. Ah! no, non sarà mai! Se Tu sei tutto per me, io voglio essere tutta per Te, quindi sopra di me manderai i flagelli, qui c'è la vittima, sempre pronta e a tua disposizione, puoi farmi soffrire ciò che vuoi e così resterà la tua giustizia in qualche modo placata e Tu sollevato nell'afflizione che prendi nel veder soffrire le creature. E' stata sempre questa la mia intenzione, di non conformarmi alla giustizia, perché soffrendo l'uomo, soffrirai più Tu, che lui stesso." Mentre ciò stavo dicendo, è venuta la nostra Mamma Regina ed io mi sono ricordata che, avendo domandato al confessore l'ubbidienza di conformarmi alla giustizia, mi aveva detto che domandassi alla Vergine Santissima se voleva che mi uniformassi. Gliel'ho detto e Lei mi ha detto: "No, no, ma prega figlia mia e in questi giorni cerca, per quanto puoi, di tenertelo insieme e di placarlo, ché molti castighi stanno preparati."
17 Novembre 1899
La potestà sacerdotale deve concorrere con la vittima.
Continua l'amabile mio Gesù a farsi vedere afflitto. Questa mattina, insieme con Lui è venuta la nostra Regina Mamma e mi pareva che Lei me lo portasse, affinché lo placassi e pregassi insieme con Lei, che facesse soffrire me per risparmiare le genti e mi ha detto, che se in queste giorni passati non mi fossi interposta ed il confessore non avesse fatto uso della potestà sacerdotale a concorrere con le sue intenzioni di farmi soffrire, molte catastrofi sarebbero successe. In questo mentre, ho visto il confessore ed io subito ho pregato Gesù e la Regina Madre per lui e Gesù, tutto benignità, ha detto: "A misura che si prenderà cura dei miei interessi, col pregarmi ed anche con l’impegnarsi a rinnovare l'intenzione di farti soffrire, a scopo di risparmiare le genti, così mi prenderò cura di lui e lo risparmierò. Io sarei pronto a fare questo patto con lui." Dopo ciò ho fatto per guardare il mio dolce ed unico Bene ed ho visto che nelle sue mani aveva due fulmini, in una conteneva come allestito un terremoto forte ed una guerra; nell'altra, tante specie di morti improvvise e malattie contagiose. Io ho incominciato a pregarlo che versasse sopra di me quei fulmini e quasi li volevo togliere dalle sue mani, ma Lui per non farmi giungere a questo, ha incominciato ad allontanarsi da me ed io cercavo di seguirlo e perciò mi son trovata fuori di me stessa; Gesù è scomparso ed io son rimasta sola. Ora, trovandomi sola ho girato un poco e mi son trovata in una parte dove in questa stagione fanno la mietitura, pareva che là succedessero fracassi di guerra ed io volevo andare per aiutare quelle poveri genti, ma i demoni m'impedivano d'andare dove stavano per succedere tali cose e mi battevano acciò non potessi aiutare né impedire i loro artifizi ed hanno usato tanta forza da farmi retrocedere.
19 Novembre 1899
Mali della superbia.
Continua il mio adorabile Gesù a venire e siccome la mia mente, prima di venire, stava pensando a certe cose che negli anni passati Gesù mi aveva detto e che non tanto ricordo bene, Lui, quasi per ricordarmi mi ha detto: "Figlia mia, la superbia rode la grazia. Nei cuori dei superbi non c'è altro che un vuoto tutto pieno di fumo, che produce la cecità. La superbia non fa altro che rendere se stesso un idolo, sicché l'anima superba non ha il suo Dio con sé; col peccato ha cercato di distruggerlo nel suo cuore ed alzando l'altare nel suo cuore, si mette sopra ed adora se stesso." Oh! Dio, che mostro abominevole è questo vizio, a me sembra che se l'anima sta attenta a non farlo entrare in sé, è libera da tutti gli altri vizi, ma se per sua sventura si lascia predominare da essa, siccome è madre mostruosa e cattiva, gli partorirà tutti i suoi figli discoli quali sono gli altri peccati. Ah! Signore, tienila da me lontana.
21 Novembre 1899
Gesù vuol dilettarsi rimirandosi in Luisa e questa viene aiutata per la Santissima Vergine.
Questa mattina il mio dilettissimo Gesù, appena venuto mi ha detto: "Figlia mia, tutto il tuo piacere dev'essere nel rimirarti in Me e se ciò farai sempre, ritrarrai in te tutte le mie qualità, la mia fisionomia, i miei stessi lineamenti ed Io in contraccambio troverò tutto il mio gusto e sommo contento nel dilettarmi di rimirarmi in te." Detto ciò è scomparso ed io stavo rimuginando nella mia mente le parole già dette. Tutto all'improvviso è ritornato, mettendomi la sua santa mano in capo e rivolgendomi la faccia verso di Lui ha soggiunto: "Oggi voglio dilettarmi un poco col rimirarmi in te." Un brivido mi è corso per tutta la vita, uno spavento da sentirmi morire perché vedevo che mi guardava fisso, fisso, volendosi dilettare nei miei pensieri, sguardi, parole ed in tutto il resto, col rimirarsi in me. Oh! Dio, sono oggetto io di far prendere diletto o di amareggiarti? Andavo ripetendo nel mio interno. In questo mentre, è venuta la nostra cara Mamma Regina in mio aiuto, portando una veste bianchissima fra le mani e, tutta amabilità, mi ha detto: "Figlia, non temere, voglio Io stessa supplire per te vestendoti della mia innocenza, così che il mio Figlio, rimirandosi in te, possa trovare il maggiore diletto che si possa trovare in umana creatura." Onde mi vestì con quella veste e mi offrì al mio caro Bene Gesù dicendogli: "Accettala per riguardo mio, caro Figlio e dilettati in essa." Così mi è passato ogni timore e Gesù si è dilettato in me ed io in Lui.
24 Novembre 1899
Luisa vuol ricevere le amarezze di Gesù.
Questa mattina il mio dolce Gesù è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa. Ora, siccome l'ho veduto tutto pieno d'amarezza, l'ho pregato e ripregato che Lui riversasse in me, ma per quanto ho potuto pregare, non mi è riuscito d'ottenere che versasse in me le su amarezze, solo che, siccome mi sono avvicinata alla sua bocca per ricevere le sue amarezze, è venuto fuori un alito amaro. Mentre io facevo ciò, ho visto un sacerdote che moriva, ma non ho conosciuto bene chi fosse, perché avevo l'altra intenzione di pregare per un sacerdote infermo, ma non scorgendolo per quello, mi son confusa se fosse quello o qualche altro. Onde ho detto a Gesù: "Signore, che fai? Non vedi quanta scarsezza di sacerdoti c’è a Corato, vuoi toglierci degli altri?" E Gesù, non dandomi retta e minacciando con la mano, ha detto: "Li distruggerò di più."
26 Novembre 1899
Compiacimento della Santissima Trinità per le sofferenze di Luisa.
Trovandomi molto sofferente, l'amabile mio Gesù è venuto e mi ha messo il braccio dietro al collo, in atto di sostenermi. Ora, stando a Lui vicina ho incominciato a fare le mie solite adorazioni a tutte le sue sante membra, incominciando dalla sua sacratissima testa. Nell'atto che ciò facevo mi ha detto: "Diletta mia, ho sete, fammi dissetare nel tuo amore, che più non posso trattenermi." E prendendo aspetto di bambino si è lanciato fra le mie braccia e si è messo a succhiare, pareva che prendesse un gusto grandissimo e restava tutto ristorato e dissetato. Dopo ciò, volendo quasi scherzare con me, con una lancia che teneva in mano mi passava il cuore, a banda a banda. Io sentivo acerbissimo dolore, ma oh! come ero contenta di soffrire, specialmente perché erano le stesse mani del mio solo ed unico Bene che mi davano il patire e io l'incitavo a farmi maggior strazio, tant'era il gusto e la dolcezza che sentivo. E Gesù benedetto, per rendermi più contenta, mi ha strappato il cuore, prendendolo fra le sue mani e con quella stessa lancia lo ha aperto, metà e metà ed ha trovato una croce risplendente e bianchissima, la ha presa fra le sue mani, compiacendosi grandemente e mi ha detto: " l'amore e la purità con cui tu soffri ha prodotto questa croce, mi compiaccio tanto del modo con cui tu soffri, che non solo Io, ma chiamo il Padre e lo Spirito Santo a compiacersi meco." In un istante ho fatto per guardare ed ho visto Tre Persone, che circondandomi si dilettavano nel guardare questa croce, io però, lamentandomi con Loro ho detto: "Grande Iddio, troppo scarso è il mio patire, non son contenta della sola croce, ma voglio ancora le spine ed i chiodi e se io non lo merito, perché indegna e peccatrice, Tu, certo puoi darmi le disposizioni per meritare ciò." E Gesù, mandandomi un raggio di luce intellettuale, mi ha fatto capire che voleva che io facessi la confessione delle mie colpe. Mi sentii quasi atterrare innanzi alle Tre Divine Persone, ma l'Umanità di Nostro Signore m'ispirava fiducia, sicché rivolgendomi a Lui ho detto il Confiteor e dopo ho incominciato a fare la confessione delle mie colpe. Ora, mentre mi trovavo tutta immersa nella mia miseria, una voce è uscita da in mezzo a Loro che diceva: "Ti perdoniamo e tu non peccare più." Io m'aspettavo di ricevere l'assoluzione da Nostro Signore, ma nel meglio è scomparso. Poco dopo è ritornato crocifisso e mi ha partecipato i dolori della croce.
27 Novembre 1899
La grazia rende felice l'anima.
Questa mattina il mio caro Gesù non veniva; dopo molti stenti, per poco tempo l'ho visto ed io, lamentandomi con Lui della sua tardanza, gli ho detto: "Signore benedetto, come così tardi, Ti sei forse dimenticato che non posso stare senza di Te, ho forse perduto la tua grazia, per cui non vieni?" E Lui, interrompendo il mio dire lamentevole, mi ha detto: "Figlia mia, sai tu che cosa fa la mia grazia? La mia grazia rende felice l'anima dei beati comprensori e rende felice l'anima dei viatori, con questa sola differenza: i comprensori beandosi e deliziandosi e i viatori lavorando e mettendola a traffico. Sicché, chi possiede la grazia ritiene in se stessa il paradiso, perché la grazia non è altro che possedere Me stesso e siccome Io solo sono l'oggetto incantevole che incanta tutto il paradiso e che formo tutti i contenti dei beati, l'anima possedendo la grazia, dovunque si trova possiede il suo paradiso."
28 Novembre 1899
Luisa accetta di soffrire nel purgatorio per liberare alcune anime.
Il mio diletto Gesù è venuto tutto affabilità, mi pareva come un intimo amico che fa tante cerimonie all'altro amico per attestargli il suo amore, le prime parole che mi ha detto sono state: "Diletta mia, se tu sapessi quanto t'amo. Mi sento tirato grandemente ad amarti, gli stessi miei indugi nel venire, mi sforzano e son nuove cause di farmi venire a colmarti di nuove grazie e carismi celesti. Se tu potessi comprendere quanto ti amo, scorgeresti appena il tuo amore paragonato col mio." Ed io: "Mio dolce Gesù, è vero ciò che dici, ma anch'io sento che Ti amo assai e se Tu dici che il mio amore paragonato al tuo appena si scorge, questo è perché il tuo potere è senza limiti ed il mio è limitato e per tanto, posso fare per quanto da Te stesso mi vien dato; è tanto vero ciò, che quando mi viene la volontà di più soffrire per maggiormente attestarti il mio amore, se Tu non mi concedi le pene, non sta in mio potere il soffrire e son costretta a rassegnarmi anche in questo e ad essere quell'essere inutile che da me sono stata sempre. Invece, a Te sta in tuo potere lo stesso patire ed in qualunque modo vuoi manifestarmi il tuo amore, già lo puoi fare. Diletto mio, dammi il potere e poi Ti farò vedere quanto so fare per amor tuo, perché quella misura che mi dai, quella stessa misura Ti darò." Lui ascoltava con sommo piacere il mio dire spropositato e, quasi volendomi mettere a prova, mi ha trasportato fuori di me stessa, vicino ad un luogo profondo, pieno di fuoco liquido e tenebroso; metteva orrore e spavento solo a vederlo. Gesù mi ha detto: "Qui c'è il purgatorio e molte anime sono ammassate in questo fuoco. Tu andrai in questo luogo a soffrire per liberare quelle anime che piacciono a Me e questo lo farai per amor mio." Io subito, sebbene un po' tremando, gli ho detto: "Tutto per amor tuo, son pronta, ma ci devi venire Tu insieme, altrimenti, se mi lasci non Ti fai più trovare e poi mi fai piangere ben bene." E Lui: "Se vengo Io insieme, qual sarebbe il tuo purgatorio? Quelle pene con la mia presenza, per te si cambierebbero in gioie ed in contenti." Ed io: "Sola non ci voglio andare e poi, mentre andremo in quel fuoco, Tu starai dietro le mie spalle, così non Ti vedrò e accetterò questa sofferenza." Così sono andata in quel luogo pieno di dense tenebre e Lui mi seguiva da dietro ed io, per timore che mi lasciasse, gli ho preso le mani, tenendole strette alle mie spalle. Giunta laggiù, chi può dire le pene che soffrivano quelle anime? Sono certo inenarrabili a persone vestite d'umana carne. Onde, andando io in quel fuoco esso si distruggeva e si diradavano le tenebre e molte anime ne uscivano ed altre ne restavano sollevate. Dopo essere stata circa un quarto d'ora, siamo usciti e Gesù tutto si lamentava; io subito ho detto: "Dimmi mio Bene, perché Ti lamenti? Cara mia vita, sono stata io forse la causa perché non ho voluto andare sola in quel luogo di pene? Dimmi, dimmi, hai sofferto molto nel vedere quelle anime soffrire? Che cosa Ti senti?" E Gesù: "Diletta mia, mi sento tutto pieno d'amarezze, tanto, che non potendole più contenerle sto per traboccarle sopra la terra." Ed io: "No, no mio dolce amore, le verserai in me, non è vero?" Ed avvicinandomi alla bocca ha versato un liquore amarissimo, in tanta abbondanza che io non potevo contenerlo e pregavo Lui stesso che mi desse la forza per sostenerlo, altrimenti, ciò che non avevo fatto fare a Nostro Signore, l'avrei fatto io, l’avrei cioè versato sulla terra e mi rincresceva molto fare questo. Pare però che mi ha dato la forza, sebbene fossero tante le sofferenze che mi sentivo venir meno, ma Gesù, prendendomi fra le sue braccia, mi sosteneva e mi diceva: "Per te bisogna cedere per forza, ti rendi tanto importuna, che mi sento quasi necessitato a contentarti."
30 Novembre 1899
Membra inferme e membra sane nel corpo mistico di Gesù.
Continua il mio adorabile Gesù a venire e questa volta l’ho visto nel momento in cui stava alla colonna; Gesù, slegandosi, si è gettato nelle mie braccia per essere da me compatito. Io l’ho stretto a me ed ho incominciato ad aggiustargli i capelli tutti aggrumati di sangue, ad asciugargli gli occhi ed il volto ed insieme l’ho baciato e ho fatto diversi atti di riparazione. Quando sono giunta alle mani e gli ho tolto la catena, con somma meraviglia ho visto che il capo era di Nostro Signore, ma le membra erano di tante altre persone, specialmente religiose. Oh! quante membra infette davano più tenebre che luce; nel lato sinistro stavano quelli che davano più da soffrire a Gesù, si vedevano membra inferme, piene di piaghe verminose e profonde, altre che appena restavano attaccate per un nervo a quel corpo, oh! come si doleva e vacillava quel capo divino sopra quelle membra! Al lato destro, poi, si vedevano quelle che erano più buone, cioè, membra sane, risplendenti, coperte di fiori e di rugiada celeste, profumate d'olezzanti odori e tra queste membra si scorgeva qualcuno che mandava un profumo oscuro. Questo capo divino su queste membra, soffriva molto; è vero che vi erano membra risplendenti, che quasi si rassomigliavano alla luce di quel capo, che lo ricreavano e gli davano grandissima gloria, ma erano in più gran numero le membra infette. Gesù, aprendo la sua dolcissima bocca, mi ha detto: "Figlia mia, quanti dolori mi danno queste membra! Questo corpo che tu vedi, è il corpo mistico della mia Chiesa, di cui mi glorio d'essere il capo, ma quanto strazio crudele fanno queste membra in questo corpo! Pare che si aizzino tra loro a chi più possa darmi tormento." Ha detto altre cose su questo corpo che non tanto ricordo bene, perciò faccio punto.
2 Dicembre 1899
Eloquente elogio della croce.
Trovandomi molto afflitta per certe cose che non è qui lecito dire, l'amabile Gesù, volendomi sollevare nella mia afflizione è venuto in un aspetto tutto nuovo, mi pareva vestito di color celeste, tutto ornato di campanellini piccoli, di oro, che toccandosi fra loro risuonavano di un suono mai udito. All'aspetto di Gesù ed al grazioso suono, mi son sentita incantare e sollevare nella mia afflizione, che come fumo si dipartiva da me. Io sarei rimasta lí in silenzio, tanto mi sentivo incantare, addormentate le potenze dell'anima mia, se il benedetto Gesù non avesse rotto il mio silenzio col dirmi: "Figlia a Me diletta, tutti questi campanellini sono tante voci che ti parlano del mio amore e che chiamano te ad amarmi. Ora, lasciami vedere quanti campanelli hai tu, che mi parlano del tuo amore e che chiamano Me ad amarti." Ed io, tutta piena di rossore gli ho detto: "Neh! Signore, che dici? Io non ho niente, non ho altro che i soli difetti." Allora Gesù, compatendo la mia miseria, ha ripreso a dirmi: "Tu non hai niente, è vero, ebbene, voglio ornarti Io coi miei stessi campanelli, acciò possa aver tante voci come chiamarmi e come mostrarmi il tuo amore." Così pareva che con una fascia ornata di questi campanellini, mi cingesse la vita. Dopo ciò, io son rimasta in silenzio e Lui ha soggiunto: "Oggi ho piacere di trattenermi con te, dimmi qualche cosa." Ed io: "Tu sai che tutto il mio contento è di stare insieme a Te ed avendo Te, ho tutto, onde possedendo Te, mi pare che non ho che altro desiderare, né che dire." E Gesù: "Fammi sentire la tua voce che ricrea il mio udito, conversiamo un poco insieme, Io ti ho parlato tante volte della croce, oggi fammi sentire parlare te della croce." Io mi sentivo tutta confusa, non sapevo che dire, ma Lui, mi ha mandato un raggio di luce intellettuale e, per contentarlo, ho incominciato a dire: "Diletto mio, chi Ti può dire che cosa è la croce, solo la tua bocca può degnamente parlare della sublimità della croce, ma giacché vuoi che parli io, pure, lo faccio: "La croce sofferta da Te mi liberò dalla schiavitù del demonio e mi sposò alla Divinità con nodo indissolubile; la croce è feconda e mi partorisce la grazia; la croce è luce e mi disinganna del temporale e mi svela l'eterno; la croce è fuoco e mette in cenere tutto ciò che non è di Dio, fino a svuotarmi il cuore d'un minimo filo d'erba che possa starci; la croce è moneta d'inestimabile prezzo e se io avrò, Sposo Santo, la fortuna di possederla mi arricchirò di monete eterne, fino a rendermi la più ricca del paradiso, perché la moneta che corre in cielo è la croce sofferta in terra; la croce non solo fa conoscere più me stessa, ma mi dà la conoscenza di Dio; la croce m'innesta tutte le virtù; la croce è la nobile cattedra dell'increata sapienza, che m'insegna le dottrine più alte, sottili e sublimi; sicché, la sola croce mi svelerà i misteri più ascosi, le cose più recondite, la perfezione più perfetta nascosta ai più dotti e sapienti del mondo. La croce è qual acqua benefica che mi purifica, non solo, ma mi somministra il nutrimento alle virtù, me le fa crescere ed allora mi lascia quando mi riconduce all’eterna vita. La croce è qual rugiada celeste che mi conserva e mi abbellisce il bel giglio della purità; la croce è l'alimento della speranza; la croce è fiaccola della fede operante; la croce è quel legno solido che conserva e fa mantenere sempre acceso il fuoco della carità; la croce è quel legno asciutto che fa svanire e mettere in fuga tutti i fumi di superbia e di vana gloria e produce nell'anima l'umile viola dell'umiltà; la croce è l'arma più potente che offende i demoni e mi difende da tutti i loro artigli. Sicché, l'anima che possiede la croce, è d'invidia e d'ammirazione agli stessi angeli e santi; di rabbia e di sdegno ai demoni. La croce è il mio paradiso in terra, di modo che se il paradiso di là, dei beati, sono i godimenti, il paradiso di qua sono i patimenti. La croce è la catena d'oro purissimo che mi congiunge a Te, mio sommo Bene e forma l'unione più intima che dar si possa, fino a far scomparire l'essere mio e mi trasmuta in Te, mio oggetto amato, tanto da sentirmi perduta in Te e vivo della tua stessa vita." Dopo che ho detto questo (non so se sono spropositi) l'amabile mio Gesù nel sentirmi, tutto si è compiaciuto e, preso da entusiasmo d'amore, mi ha baciata tutta e mi ha detto: "Brava, brava la mia diletta, hai detto bene. L'amor mio è fuoco, ma non come il fuoco terreno che dovunque penetra rende sterile e mette tutto in cenere. Il mio fuoco è fecondo e sterilisce solo tutto ciò che non è virtù, ma dà vita a tutto il resto e vi fa germogliare i bei fiori, fa produrre i più squisiti frutti e lo rende il più delizioso giardino celeste. La croce è tanto potente e le ho comunicato tanta grazia, da renderla più efficace degli stessi sacramenti e questo perché nel ricevere il sacramento del mio corpo, ci vogliono le disposizioni ed il libero concorso dell'anima per ricevere le mie grazie, che molte volte possono mancare, ma la croce ha virtù di disporre l'anima alla grazia."
21 Dicembre 1899
Luisa parla della verginità e della purità.
Dopo lungo silenzio, questa mattina l'amabile mio Gesù, interrompendolo, mi ha detto: "Io sono il ricettacolo delle anime pure." Ed in queste sue parole ho avuto luce intellettuale che mi ha fatto comprendere molte cose sulla purità, ma poco o niente so ridurre a parole di ciò che sento nell'intelletto. Ma l'onorevolessima signora obbedienza vuol che scriva qualche cosa, anche spropositando e, per contentare lei sola, dirò i miei spropositi sulla purità. Mi pareva che la purità fosse la gemma più nobile che l'anima può possedere. L'anima che possiede la purità è investita di candida luce, in modo che Iddio benedetto, rimirandola, ritrova la sua stessa immagine, si sente tirato ad amarla, tanto che giunge ad innamorarsi di lei ed è preso da tanto amore che le dà per ricetto il suo purissimo cuore, perché solo ciò che è puro e mondissimo entra in Dio, niente entra macchiato in quel seno purissimo. L'anima che possiede la purità ritiene in sé il primiero splendore che Dio le ha dato nel crearla, niente è in lei deturpato, snobilitato, ma come regina che aspira alle nozze del Re celeste, conserva la sua nobiltà fino a tanto che questo nobile fiore viene trapiantato nei giardini celesti. Oh! come questo fiore verginale è fragrante di distinto odore! Sempre si innalza sopra tutti gli altri fiori ed anche sopra gli stessi angeli. Come spicca di svariata bellezza! Sicché tutti sono presi da stima ed amore e le danno libero il passo fino a farlo giungere allo Sposo Divino, in modo che il primo posto intorno a Nostro Signore è di questi nobili fiori. Onde Nostro Signore si diletta grandemente di passeggiare in mezzo a questi gigli che profumano la terra ed il Cielo e molto più si compiace d'essere circondato da questi gigli, ché essendo Lui il primo nobile giglio ed il modello, è l'esemplare di tutti gli altri. Oh! come è bello veder un'anima vergine! Il suo cuore non dà altro alito che di purità e di candore, non è neppure ombrato d'altro amore che non è Dio, anche il suo corpo spira odore di purità; tutto è puro in lei: Pura nei passi, pura nell’operare, nel parlare, nel guardare, anche nel muoversi, sicché al solo vederla, si sente la fragranza e vi si scorge un'anima vergine d'avvero. Quali carismi, quali grazie, quale amore scambievole, quali strattagemmi amorosi tra quest'anima e lo Sposo Gesù! Solo chi li prova può dire qualche cosa, che neppure tutto si può narrare ed io non mi sento in dovere di parlare su di questo, perciò faccio silenzio e passo innanzi.
22 Dicembre 1899
Come Dio ci attira ad amarlo in tre modi e come in tre modi si manifesta all'anima.
Questa mattina, il mio adorabile Gesù non veniva. Dopo molto aspettare e riaspettare, per poco tempo, quasi come un lampo che sfugge, parecchie volte si è fatto vedere, ma mi pareva di vedere una luce piuttosto che Gesù ed in questa luce una voce che la prima volta che è venuta diceva: "Io ti attiro ad amarmi in tre modi: A forza di benefizi, a forza di simpatie ed a forza di persuasioni." Chi può dire quante cose comprendevo in queste tre parole? Mi pareva che Gesù benedetto, per attirare il mio amore ed anche quello delle altre creature, facesse piovere benefizi a pro nostro e vedendo che questa pioggia di benefizi non giunge al punto di guadagnarsi il nostro amore, giunge a rendersi simpatico. E, qual è questa simpatia? Sono le sue pene sofferte per amor nostro, fino a morire diluviante sangue sopra una croce, dove si rese tanto simpatico, che innamorò di Sé i suoi stessi carnefici ed i suoi più fieri nemici. Di più, per attirarci più maggiormente e rendere più forte e stabile il nostro amore, ci ha lasciato la luce dei suoi santissimi esempi, uniti alla sua celeste dottrina che, come luce, ci diradano le tenebre di questa vita e ci conducono all'eterna salvezza. Quando è venuto la seconda volta, mi ha detto: "Io mi manifesto all'anima in tre diversi modi: Con la potenza, con la notizia e con l’amore. La potenza è il Padre, la notizia è il Verbo, l'amore è lo Spirito Santo." Oh! quante altre cose comprendevo! Ma troppo scarso è quello che so manifestare. Mi pareva che con la potenza Dio si manifestasse all'anima in tutto il creato, dal primo all'ultimo essere viene manifestata l'onnipotenza di Dio. Il cielo, le stelle e tutti gli altri esseri ci parlano, sebbene in muto linguaggio, d'un Ente Supremo, d'un Essere increato, della sua onnipotenza, perché l'uomo più scienziato, con tutta la sua scienza non può giungere a creare il più vil moscerino e questo ci dice che ci deve essere un Essere increato potentissimo, che ha creato tutto e dà vita e sussistenza a tutti gli esseri. Oh! come tutto l'universo a chiare note ed a caratteri incancellabili ci parla di Dio e della sua onnipotenza! Sicché chi non lo vede è cieco volontario. Con la notizia, mi pareva che Gesù benedetto nello scendere dal Cielo, venisse in persona sulla terra a darci notizia di ciò che è a noi invisibile, ed in quanti modi non si manifestò Egli? Credo che ognuno, da sé, comprenda tutto il resto, perciò non mi dilungo a dire.
25 Dicembre 1899
Gesù vuole da lei continua attitudine di sacrificio.
Dopo aver passato parecchi giorni quasi di privazione totale del mio sommo ed unico Bene, accompagnati da una durezza di cuore, senza poter neppure piangere la mia gran perdita, sebbene offrissi a Dio anche quella durezza dicendogli: "Signore accettala come sacrificio, Tu solo puoi rammollire questo cuore sì duro." Finalmente, dopo lungo penare, è venuta la mia cara Mamma Regina portando nel suo grembo il celeste Bambino ravvolto in un pannolino, tutto tremante; me lo ha dato fra le mie braccia dicendomi: "Figlia mia, riscaldalo coi tuoi affetti, che il mio Figlio nacque in estrema povertà, in totale abbandono degli uomini ed in somma mortificazione." Oh! come era carino con quella sua celeste beltà! L'ho preso fra le mie braccia e l'ho stretto per riscaldarlo, perché era quasi intirizzito dal freddo, non avendo altra cosa che lo copriva che un solo pannolino. Dopo averlo riscaldato per quanto ho potuto, il mio tenero Bambinello snodando le sue purpuree labbra mi ha detto: "Mi prometti tu d'essere sempre vittima per amor mio, come Io lo sono per amor tuo?" Ed io: "Si, Tesoretto mio, Te lo prometto." E Lui: "Non son contento della parola, voglio un giuramento ed anche una sottoscrizione col tuo sangue." Ed io: "Se vuole l'ubbidienza lo farò." E Lui pareva tutto contento ed ha soggiunto: "Il mio cuore da che nacqui lo tenni sempre offerto in sacrificio per glorificare il Padre, per la conversione dei peccatori e per le persone che mi circondavano e che più mi furono fedeli compagni nelle mie pene. Così voglio che il tuo cuore stia in continua attitudine, offerto in spirito di sacrificio per questi tre fini." Mentre ciò diceva, la Regina Mamma voleva il Bambino per ristorarlo col suo latte dolcissimo. L'ho restituito e Lei ha uscito la sua mammella per metterla in bocca al Divino Bambolo ed io furba, volendo fare uno scherzo, ho messo la mia bocca a succhiare; ho tirato poche gocce e nell'atto che ciò facevo sono scomparsi, lasciandomi contenta e scontenta. Sia tutto a gloria di Dio ed a confusione di questa misera peccatrice.
27 Dicembre 1899
La carità dev'essere come un ammanto che deve coprire le azioni.
Continuava a farsi vedere ad ombra ed a lampo. Mentre mi trovavo in un mare d'amarezza per la sua assenza, in un istante si è fatto vedere dicendomi: "La carità dev'essere come un ammanto che deve coprire tutte le tue azioni, in modo che tutto deve rilucere di perfetta carità. Che significa quel dispiacerti quando non soffri? Che la tua carità non è perfetta, perché il soffrire per amor mio e il non soffrire per amore mio, senza che dipende dalla tua volontà, è la stesssa cosa." Poi è scomparso lasciandomi più amareggiata di prima, volendo toccare un tasto troppo per me delicato e che Lui stesso mi ha infuso. Onde dopo aver versato amare lacrime per lo stato mio miserabile e per l'assenza del mio adorabile Gesù, è ritornato e mi ha detto: "Con le anime giuste mi porto con giustizia, anzi ricompensandole duplicatamente per la loro giustizia, col favorirle con le grazie più grandi e col parlare loro di parole giuste e di santità." Io però mi trovavo tanto confusa e cattiva, che non ardivo dire una sola parola, anzi continuavo a versare lacrime sulla mia miseria. E Gesù , volendomi infondere fiducia, ha messo la sua mano sotto la mia testa per sollevarla, ché non mi reggeva ed ha soggiunto: "Non temere, Io sono lo scudo dei tribolati." Ed è scomparso.
30 Dicembre 1899
Effetti dell’umiliazione e della mortificazione.
Questa mattina ho visto appena il mio adorabile Gesù e siccome l'ubbidienza mi aveva detto che pregassi per una persona, perciò quando Gesù è venuto, l'ho raccomandato e Lui mi ha detto: "Non solo si deve accettare l'umiliazione, ma anche amarla, tanto da masticarla come un cibo e siccome quando un cibo è amaro, quanto più si mastica, tanto più si sente l'amarezza, così l'umiliazione ben masticata, fa nascere la mortificazione e questi son due potentissimi mezzi, cioè, l'umiliazione e la mortificazione, per uscire da certi intoppi ed ottenere quelle grazie che si vogliono. Come il cibo amaro pare che voglia recare piuttosto male che bene, così l'umiliazione e la mortificazione sembrano nocevoli all'umana natura, invece no. Quando il ferro è più battuto sull’incudine, tanto più sfavilla fuoco e resta purgato, così l'anima, quanto più è umiliata e battuta sotto l’incudine della mortificazione, tanto più sfavilla scintille di fuoco celeste e resta purgata se veramente vuol camminare la via del bene. Se poi è falsa, succede tutto al contrario."
1 Gennaio 1900
Effetti della conoscenza di se stesso.
Trovandomi molto afflitta per la privazione del mio sommo ed unico Bene, dopo molto aspettare e riaspettare, finalmente l'ho visto uscire da dentro il mio cuore, che piangeva, facendomi cenno con gli occhi che gli doleva la ferita fatta nella circoncisione, perciò piangeva e aspettava da me che gli asciugassi il sangue che scorreva dalla ferita e raddolcissi il dolore del taglio. Tutta compassione e confusione insieme, tanto che non ardivo fare ciò, ma tirata dall'amore, non so come mi son trovato un pannolino in mano ed ho cercato per quanto ho potuto, d'asciugare il sangue al bambino Gesù. Mentre ciò facevo, mi sentivo tutta piena di peccato e pensavo che io ero la causa di quel dolore di Gesù. Oh! quanto mi faceva pena, mi sentivo assorbita in quell'amarezza e il benedetto bambinello, compatendo il mio miserabile stato, mi ha detto: "Quanto più l'anima si umilia e conosce se stessa, tanto più si accosta alla verità e trovandosi nella verità, cerca di spingersi nella via delle virtù, da cui si vede molto lontana; e se vede che si trova nella via delle virtù, scorge subito il molto che le resta da fare, perché le virtù non hanno termine, sono infinite come sono Io. Onde, l'anima trovandosi nella verità, cerca sempre di perfezionarsi, ma mai giungerà a vedersi perfetta e questo le serve e farà che l'anima stia continuamente lavorando, sforzandosi per perfezionarsi maggiormente, senza perdere il tempo in oziosità; ed Io, compiacendomi di questo lavoro, man mano la vado ritoccando per dipingere in lei la mia rassomiglianza. Ecco, perciò volli essere circonciso, per dare un esempio di grandissima umiltà, che fece stordire gli stessi angeli del Cielo."
3 Gennaio 1900
La pace.
Continuo a vedermi tutta piena di miserie, non solo, ma anche inquieta. Mi pare che tutto il mio interno sia in allarme per la perdita di Gesù. Andavo pensando tra me, che i miei grandi peccati mi avevano meritato che il mio adorabile Gesù mi avesse lasciato e quindi non avrei dovuto più rivederlo. Oh! che morte crudele è questo pensiero per me! Anzi, più spietato di qualunque morte! Non vedere più Gesù! Non sentire più la soavità della sua voce! Perdere Colui da cui la mia vita dipende e da cui mi viene ogni mio bene! Come poter vivere senza di Lui? Ah! per me tutto è finito se perdo Gesù! Con questi pensieri mi sentivo un'agonia di morte, tutto l'interno sossopra ché volevo Gesù e Lui, in un lampo di luce si è manifestato all'anima mia dicendomi: "Pace, pace, non volerti turbare. Come un fiore odorosissimo profuma il luogo in cui viene messo, così la pace riempie di Dio l'anima che la possiede." E come lampo è fuggito. Ah! Signore, quanto sei buono con questa peccatrice e Ti dico pure in confidenza: "Quanto sei impertinente, ché nientemeno devo perdere Te e neppure vuoi che mi turbi e mi inquieti e se ciò faccio mi fai capire che io stessa m'allontano da Te, perché con la pace mi riempio di Dio e col turbarmi mi riempio di tentazioni diaboliche." Oh mio dolce Gesù! quanta pazienza ci vuole con Te! perché qualunque cosa mi succede, neppure posso inquietarmi, né turbarmi, ma vuoi che me ne stia in perfetta calma e pace.
5 Gennaio 1900
Effetti del peccato e della confessione.
Trovandomi nel solito mio stato, mi son sentita uscire fuori di me stessa e ho trovato l'adorabile mio Gesù, ma, oh! quanto mi vedevo piena di peccati innanzi alla sua presenza! Nel mio interno mi sentivo un forte desiderio di fare la mia confessione a Nostro Signore, quindi, rivolgendomi a Lui, ho incominciato a dire le mie colpe e Gesù mi ascoltava. Quando ho finito di dire, rivolgendosi a me con un volto pieno di mestizia mi ha detto: "Figlia mia, il peccato è un abbraccio velenoso e mortifero non solo all'anima, ma anche a tutte le virtù che nell'anima si trovano, se è grave; se poi è veniale, è un abbraccio feritore, che rende l'anima molto debole ed inferma ed insieme con essa si infermano le virtù che aveva acquistato. Che arma micidiale è il peccato! Solo il peccato può ferire e dare morte all'anima! Nessun'altra cosa può nuocerle, nessun'altra cosa la rende innanzi a Me obbrobriosa, odiosa, che il solo peccato." Mentre dicevo ciò, io comprendevo la bruttezza del peccato e sentivo una tale pena, che non so neppure esprimerla. E Gesù, vedendomi tutta compenetrata, ha alzato la benedetta destra e ha pronunziato le parole dell'assoluzione. Poi dopo ha soggiunto: "Come il peccato ferisce e dà morte all'anima, così il sacramento della confessione dà la vita e la risana dalle ferite e restituisce il vigore alle virtù e questo, più o meno, secondo le disposizioni dell'anima, così opera la virtù del sacramento." Mi pareva che l'anima mia avesse ricevuto nuova vita, non scorgevo più quel fastidio di prima dopo che Gesù mi diede l'assoluzione. Sia sempre ringraziato e glorificato il Signore!
6 Gennaio 1900
La confidenza: Scala per salire alla Divinità.
Questa mattina ho fatto la comunione ed essendomi trovata insieme con Gesù, ho notato che ci stava la Mamma Regina ed oh! meraviglia, guardavo la Madre e vedevo il cuore di Lei trasmutato in Gesù Bambino, guardavo il Figlio e vedevo nel cuore del Bambino la Madre. In questo mentre, mi son ricordata che oggi è l'Epifania ed io, ad esempio dei santi magi dovevo offrire qualche cosa al Bambino Gesù, ma vedevo che non avevo niente da dargli. Allora, vedendo la mia miseria, mi è venuto in pensiero di offrire per mirra il mio corpo con tutte le sofferenze dei dodici anni che ero stata nel letto pronta a soffrire e a starvi quant'altro tempo a Lui piacesse; per oro, la pena che sento quando mi priva della sua presenza, che è la cosa più penosa e dolorosa per me; per incenso, le mie povere preghiere, unite a quelle della Regina Mamma, acciocché fossero più accettevoli al Bambino Gesù. Onde ho fatto l'offerta con tutta la confidenza che il Bambino avrebbe tutto accettato. Gesù pareva che con molto gusto accettasse le mie povere offerte, ma quello che più gustava era la confidenza con cui le avevo offerte. Onde mi ha detto: "La confidenza ha due braccia, con uno s'abbraccia alla mia Umanità e si serve della mia Umanità come scala per salire alla mia Divinità, con l’altro si abbraccia alla Divinità ed a torrenti vi attinge le grazie celesti, sicché l'anima vi resta tutta inondata nell'Essere Divino. Quando l'anima è confidente, è certa d'ottenere ciò che domanda. Io mi faccio legare le braccia, le faccio fare ciò che vuole, la faccio penetrare fin dentro il mio cuore e da se stessa faccio prendere quello che Mi ha domandato. Se ciò non facessi, Mi sentirei in uno stato di violenza." Mentre ciò dicevo, dal petto del Bambino e da quello della Madre uscivano tanti ruscelli di liquore, (ma non so dire proprio come si chiamava quello che dico liquore), che m’inondavano tutta l'anima. La Regina Madre è scomparsa. Dopo ciò, insieme col Bambino siamo usciti, nella volta dei cieli, vedevo il suo grazioso volto mesto, ho detto tra me: "Forse vuole il latte perciò è mesto." Onde gli ho detto: "Vuoi succhiare a me, visto che la Regina Mamma non c'è?" Ma prima di fare ciò ho avuto timore, che fosse demonio, onde, per assicurarmi, l'ho segnato più volte con la croce e gli ho detto: "Sei Tu veramente Gesù Nazareno, la Seconda Persona della Santissima Trinità, il Figlio di Maria Vergine Madre di Dio?" Il Bambino assicurava di sì. Quindi assicurata, l'ho messo a succhiare a me. Il Bambino pareva che si ravvivasse prendendo un aspetto giulivo e vedevo che succhiava parte di quei ruscelli, coi quali Lui stesso mi aveva inondato. E mentre faceva ciò, mi sentivo tirare il cuore, che da lui pareva che venisse quel latte che Gesù tirava da me. Chi può dire ciò che passava tra me ed il Bambino Gesù? Non ho lingua a saperlo manifestare, né vocaboli per poterlo descrivere.
8 Gennaio 1900
Anche gli errori gioveranno.
Stavo pensando tra me: Chi sa quanti spropositi, quanti errori contengono queste cose che scrivo! In questo mentre, mi son sentita perdere i sensi, è venuto il benedetto Gesù e mi ha detto: "Figlia mia, anche gli errori gioveranno a far conoscere che non c'è nessun artifizio da parte tua, né che tu sei qualche dottore, che se ciò fosse, tu stessa avresti avvertito dove erravi e questo pure farà risplendere di più che sono Io che ti parlo, vedendo la cosa alla semplice; ma t'assicuro che non troveranno l'ombra del vizio e cosa che non dica virtù, perché mentre tu scrivi, ti sto Io stesso guidando la mano; al più potranno trovare qualche errore a primo aspetto, ma se la rimireranno ben bene, vi troveranno la verità." Detto ciò è scomparso, ma dopo qualche ora di tempo è ritornato ed io mi sentivo tutta titubante ed impensierita sulle parole che mi aveva detto e Lui ha soggiunto: "Il mio retaggio è la fermezza e la stabilità; non sono soggetto a mutamento alcuno e l'anima, quanto più si avvicina a Me e s'inoltra nella via delle virtù, tanto più si sente ferma e stabile nell'operare il bene e quanto più sta da Me lontana, tanto più sarà soggetta a mutarsi ed a traballare, ora al bene ed ora al male."
12 Gennaio 1900
Differenza tra la conoscenza di se stesso e l'umiltà.
Trovandomi nel solito mio stato, l'amabile mio Gesù è venuto in un stato compassionevole. Aveva le mani legate strettamente ed il volto coperto di sputi, parecchie persone lo schiaffeggiavano orribilmente e Lui se ne stava quieto, placido, senza fare un moto o muovere un lamento, neppure un muovere di ciglia, per far vedere che Lui voleva soffrire quegli oltraggi e questo non solo esternamente, ma anche internamente. Che spettacolo commovente, da far spezzare i cuori più duri! Quante cose diceva quel volto con quegli sputi pendenti, imbrattato di fango! Io mi sentivo inorridire, tremavo, mi vedevo tutta superbia innanzi a Gesù. Mentre stava in questo aspetto, Lui mi ha detto: "Figlia mia, i soli piccolini si lasciano maneggiare come si vuole, non quelli che sono piccoli di ragione umana, ma quelli che sono piccoli ma ripieni di ragione divina. Solo Io posso dire che sono umile, ché nell'uomo ciò che si dice umiltà, piuttosto si deve dire conoscenza di se stesso e chi non conosce se stesso cammina già nella falsità." Per qualche minuto Gesù ha fatto silenzio ed io me ne stavo a contemplarlo. Mentre ciò facevo, ho visto una mano che portava una luce che frugando nel mio interno, nei più intimi nascondigli, voleva vedere se fosse in me la conoscenza di me stessa e l'amore alle umiliazioni, alle confusioni ed agli obbrobri; quella luce trovava un vuoto nel mio interno ed io pur lo vedevo che doveva essere riempito d'umiliazioni e confusioni ad esempio del benedetto Gesù. Oh! quante cose mi facevano comprendere quella luce e quel volto santo che mi stava dinanzi! Dicevo tra me: "Un Dio, per amor mio umiliato, confuso ed io, peccatrice, senza queste divise! Un Dio stabile, fermo nel sopportare tante ingiurie, tanto che non si smuove un tantino per scuotersi da quegli sputi fetenti. Ah! mi si fa manifesto il suo interno innanzi alla Divinità e l'esterno innanzi agli uomini eppure, se vuole può liberarsi, perché non son le catene che lo legano, ma la sua stabile Volontà, che a qualunque costo vuol salvare il genere umano. Ed io? Ed io? Dove sono le mie umiliazioni, dove la fermezza, la costanza nell'operare il bene per amor del mio Gesù e per amor del mio prossimo? Ahi! che vittime differenti siamo io e Gesù! Ahi! non ci conformiamo affatto! Mentre il mio piccolo cervello si perdeva in questo, il mio adorabile Gesù mi ha detto: "Solo la mia Umanità fu ripiena d'obbrobri e di umiliazioni, tanto da traboccare ecco perciò che innanzi alle mie virtù tremano il Cielo e la terra; e le anime che mi amano, si servono della mia Umanità come scala per salire a lambire qualche gocciolina delle mie virtù. Dimmi un po', dinanzi alla mia umiltà, dov'è la tua? Solo Io posso gloriarmi di possedere la vera umiltà, la mia Divinità unita alla mia Umanità, poteva operare prodigi in ogni passo, parole ed opere ed invece volontariamente mi restringevo nel cerchio della mia Umanità e mi mostravo il più povero e giungevo a confondermi con gli stessi peccatori. Potevo operare l'opera della Redenzione in pochissimo tempo ed anche per una sola parola, ma volli per il corso di tanti anni, con tanti stenti e patimenti, fare mie le miserie dell'uomo, volli esercitarmi in tante diverse azioni per fare che l'uomo fosse tutto rinnovato, divinizzato, anche nelle minime opere, perché esercitate da Me che ero Dio ed Uomo, avrebbero ricevuto nuovo splendore e sarebbero rimaste con l'impronta di opere divine. La mia Divinità nascosta nella mia Umanità ha voluto scendere a tanta bassezza, assoggettarse al corso delle azioni umane mentre con un solo atto di Volontà avrebbe potuto creare infiniti mondi..., sentire le miserie, le debolezze altrui, come se fossero sue, vedersi coperta di tutti i peccati degli uomini innanzi alla divina giustizia e pagare il fio col prezzo di pene inaudite e con lo sborso di tutto il suo sangue e così esercitare continui atti di profonda ed eroica umiltà. Eccoti oh figlia, la diversità grandissima della mia umiltà con l’umiltà delle creature che, innanzi alla mia, appena è un'ombra; anche quella di tutti i miei santi, perché la creatura è sempre creatura e non conosce quanto pesa la colpa come lo conosco Io, sia pure che anime eroine, al mio esempio si son offerte a soffrire le pene altrui, ma queste non sono diverse da quelle, dalle altre creature, non sono cose nuove per loro, perché sono formate dalla stessa creta. Poi, il solo pensare che quelle pene sono causa di nuovi acquisti e che glorificano Iddio, è un grande onore per loro. Oltre a ciò, la creatura è ristretta nel cerchio dove Iddio l'ha messo, né può uscire da quei limiti, onde è stata circuita da Dio. Oh! se stesse in loro potere il fare ed il disfare, quant'altre cose farebbero, ognuno giungerebbe alle stelle. Ma la mia Umanità divinizzata non aveva limiti, ma volontariamente si restringeva in se stessa e questo era un intrecciare tutte le mie opere d'eroica umiltà. Era stata questa la causa di tutti i mali che inondano la terra, cioè, la mancanza dell'umiltà ed Io con l'esercizio di questa virtù, dovevo attirare dalla divina giustizia tutti i beni. Ah! sì, che non si partono dal mio trono rescritti di grazie, se non che per mezzo dell'umiltà, né nessun biglietto può essere da Me ricevuto, se non contiene la firma dell'umiltà, nessuna preghiera ascoltano le mie orecchie e muove a compassione il mio cuore, se non è profumata dall'olezzo dell'umiltà. Se la creatura non giunge a distruggere quel germe d'onore, di stima e questo si distrugge col giungere ad amare di essere disprezzata, umiliata, confusa, sentirà un intreccio di spine intorno al suo cuore, avvertirà un vuoto nel suo cuore che le darà sempre fastidio e la renderà molto dissimile dalla mia Santissima Umanità e se non si giunge ad amare le umiliazioni, al più potrà qualche poco conoscere se stessa, ma non risplenderà innanzi a Me vestita della bella e simpatica veste dell'umiltà." Chi può dire quante cose comprendevo su questa virtù e la differenza tra il conoscere se stessa e l'umiltà? Mi pareva di toccare con mano la distinzione di queste due virtù, ma non ho parole per spiegarmi. Per dire qualche cosa mi avvalgo d'una idea, per esempio: Un povero dice che è povero ed anche a persone che non lo conoscono e che forse possono credere che possiede qualche cosa, manifesta schiettamente la sua povertà, si può dire che conosce se stesso e dice la verità e per questo viene più amato, muove gli altri a compassione del suo misero stato e tutti lo aiutano, tale è il conoscere se stesso. Se poi, quel povero vergognandosi di manifestare la sua povertà, menasse vanto che lui è ricco, mentre tutti sanno che lui non ha neppure le vesti come coprirsi e muore per la fame, che avviene? Tutti lo disprezzano, nessuno lo aiuta ed addiviene soggetto di burla e di ridicolaggine a chiunque lo conosce ed il misero, andando di male in peggio, finisce col perire. Tale è la superbia innanzi a Dio ed anche innanzi agli uomini ed ecco che chi non conosce se stesso, già esce dalla verità e precipita nella via della falsità." Ora a differenza dell'umiltà, sebbene mi pare che siano sorelle nate nello stesso momento, non può mai essere umile chi non conosce se stesso. Per esempio un ricco che, per amore delle umiliazioni si spoglia delle sue nobili vesti, si copre di miseri cenci, vive sconosciuto, a nessun manifesta chi egli sia, si confonde coi più poveri, vive coi poveri come se fosse loro pari, fa sue delizie i disprezzi e le confusioni dimostra che l’umiltà è la bella sorella della conoscenza di se stesso. Ah! sì, l'umiltà chiama la grazia, l'umiltà spezza le catene più forti, qual è il peccato. L'umiltà supera qualunque muro di divisione tra l'anima e Dio ed a Lui la ritorna. L'umiltà è la piccola pianta, ma sempre verde e fiorita, non soggetta ad essere rosa dai vermi, né i venti, né la grandine, né il caldo potranno portarle nocumento, né farla menomamente appassire. L’umiltà, sebbene sia la più piccola pianta, manda fuori rami altissimi, che penetrano fin nel cielo e s'intrecciano intorno al cuore di Nostro Signore e solo i rami che escono da questa piccola pianta hanno libera l'entrata in quel cuore adorabile. L'umiltà è l’ancora della pace nelle tempeste delle onde del mare di questa vita. L'umiltà è sale che condisce tutte le virtù e preserva l'anima dalla corruzione del peccato. L'umiltà è l'erbetta che spunta sulla via battuta dai viandanti, che mentre è calpestata scompare, ma subito si vede spuntare di nuovo più bella di prima. L'umiltà è come innesto gentile, che ingentilisce la pianta selvatica. L'umiltà è il tramonto della colpa. L'umiltà è la neonata della grazia. L'umiltà è qual luna che ci guida nelle tenebre della notte di questa vita. L'umiltà è come quell’avaro negoziante che sa ben trafficare le sue ricchezze, non fa sciupio neppure di un centesimo della grazia che gli vien data. L'umiltà è la chiave della porta del Cielo, sicché nessuno può entrarvi, se non si tiene ben custodita questa chiave. Finalmente, altrimenti non la finisco più ed andrei troppo per le lunghe, l'umiltà è il sorriso di Dio e di tutto l'Empireo ed il pianto di tutto l'inferno.
17 Gennaio 1900
Malvagità ed astuzia dell'uomo
Questa mattina il mio adorabile Gesù andava e ritornava, ma sempre in silenzio. Dopo mi son sentita uscire fuori di me stessa e ho sentito Gesù che dietro di me diceva: "L'uomo dice che non c'è più rettitudine e fino a tanto che le cose staranno in questo modo non potremo avere nessuna riuscita ai nostri intenti, affettiamo virtù, fingiamoci retti, mostriamoci veri amici esternamente così sarà più facile tessere le nostre reti e tirarli nell'inganno e quando usciremo fuori per predarli e far loro del male, avremo ognuno di loro sicuramente nelle nostre mani perché ci crederanno amici. Vedi un po' dove giunge l'astuzia dell'uomo!" Dopo ciò, il benedetto Gesù volendo un atto di riparazione speciale, pareva che mi troncasse la vita offrendomi alla divina giustizia. Nell'atto in cui ciò faceva, io credevo che Gesù mi facesse passare da questa vita, onde gli ho detto: "Signore, non voglio venire nel Cielo senza le tue divise, prima crocifiggimi e poi portami." Così mi ha trapassato coi chiodi le mani ed i piedi e mentre ciò faceva, con mio sommo rammarico, Lui è scomparso ed io mi son trovata in me stessa. Ho detto tra me: " Sto ancora qui! Ahi! quante volte me la fai, mio caro Gesù ed hai un'arte a parte a saperlo fare, che mi fai credere che devo morire, quindi io me la rido del mondo, delle pene, me la rido di Te stesso, che è finito il tempo di stare separati, non ci saranno più intervalli di separazione. Ma appena incomincia il riso, che trovandomi un'altra volta legata nei ceppi del muro di questo fragile corpo, dimenticando d'avere incominciato a ridere, continuo il pianto, i gemiti, i sospiri della mia separazione con Te. Ah! Signore, fa’ presto, ché mi sento violentata a venirci!"
22 Gennaio 1900
Corrispondenza alla grazia.
Dopo aver passato giorni amarissimi di privazione, il mio povero cuore lottava tra il timore d'averlo perduto e la speranza, di poterlo di nuovo rivedere. Oh! Dio, che guerra sanguinolenta ha dovuto sostenere questo povero mio cuore! Era tanta la pena che or si agghiacciava ed or era premuto come sotto un torchio e gocciolava sangue. Mentre mi trovavo in questo stato, mi son sentito vicino il mio dolce Gesù, che mi ha tolto un velo che m'impediva di vederlo e finalmente ho potuto vederlo. Subito gli ho detto: "Ah! Signore, non mi vuoi più bene!" E Lui: "Sì, sì, quel che ti raccomando è la corrispondenza alla mia grazia e per essere fedele dev'essere come quell'eco che risuona dentro un vuoto, che appena si incomincia ad emettere la voce, subito, senza il minimo indugio, si sente rimbombare l'eco. Così tu, appena incominci a ricevere la mia grazia, senza neppure aspettare che finisca di darla, subito incomincia l'eco della tua corrispondenza."
27 Gennaio 1900
L'ordine delle virtù nell'anima.
Continuo a restare quasi priva del mio dolce Gesù, la mia vita mi vien meno per la pena, mi sento un tedio, una noia, una stanchezza della vita. Andavo dicendo nel mio interno: "Oh! come si è prolungato il mio esilio! Oh! qual felicità sarebbe la mia se potessi sciogliere i legami di questo corpo e così l'anima prenderebbe libero il volo verso il mio sommo Bene!" Un pensiero mi ha detto: "E se tu vai all'inferno?" Ed io, per non chiamare il demonio a combattermi, subito mi sono sbrigata col dire: "Ebbene, anche dall'inferno manderò i miei sospiri al mio dolce Gesù, anche lì voglio amarlo." Mentre mi trovavo in questi pensieri ed altri, che sarebbe troppo lunga la storia il ridirli tutti, l'amabile Gesù per poco tempo si è fatto vedere, ma in un aspetto serio e mi ha detto: "Non è arrivato ancora il tuo tempo." Poi, con una luce intellettuale, mi ha fatto comprendere che nell'anima tutto dev'essere ordinato. L'anima possiede tanti piccoli appartamenti dove ogni virtù prende il suo posto, sebbene si può dire che una sola virtù contiene in sé tutte le altre e che l'anima possedendone una sola, viene ad essere corredata da tutte le altre virtù; ma, con tutto ciò, sono tutte distinte tra loro, tanto che ognuna tiene il suo posto nell'anima ed ecco che tutte le virtù hanno il loro principio dal mistero della Sacrosanta Trinità, che mentre è una sono tre distintamente e mentre sono tre è una. Comprendevo pure che questi appartamenti nell'anima, o son pieni di virtù o del vizio opposto a quella virtù e se non c'è né la virtù né il vizio, restano vuoti. A me pareva come una casa che contiene tante stanze, tutte vuote, oppure di quelle stanze, una è piena di serpi, una di fango, un’altra è piena di qualche mobile pieno di polvere, un’altra è oscura. Ah! Signore, solo Tu puoi mettere in ordine la povera anima mia!
28 Gennaio 1900
La mortificazione.
Continua ancora llo stesso modo. Questa mattina mi ha trasportato fuori di me stessa, dopo tanto tempo pare che ho visto Gesù con chiarezza, ma mi sono vista tanto cattiva che non ho ardito dire una sola parola, ci siamo guardati ma in silenzio; in quegli sguardi a vicenda ho compreso che il mio buon Gesù era pieno d'amarezza, ma non ho ardito dire: “versale in me”. Lui stesso si è avvicinato a me ed ha incominciato a versare ed io non potendo contenerle, come le ricevevo le gettavo per terra. Lui mi ha detto: "Che fai? Non vuoi partecipare più alle mie amarezze? Non vuoi darmi più sollievo nelle mie pene?" Ed io: "Signore, non è la mia volontà, non so io stessa che cosa mi è avvenuto, mi sento tanto ripiena, che non ho dove contenerle; solo un tuo prodigio può più allargare il mio interno e così potrò ricevere le tue amarezze." Allora Gesù mi ha segnato con un segno grande di croce ed ha versato di nuovo, così pare che ho potuto contenerle e dopo ha soggiunto: "Figlia mia, la mortificazione è come il fuoco che fa disseccare tutti gli umori; cosi la mortificazione dissecca tutti gli umori cattivi che ci sono nell'anima e la inonda d'un umore santificante, in modo da far germogliare le più belle virtù."
31 Gennaio 1900
La grazia e la corrispondenza a lei.
Dopo essere venuto parecchie volte, ma sempre in silenzio, io avvertivo un vuoto ed una pena perché non sentivo la voce dolcissima del mio dolce Gesù e Lui, ritornando, quasi per contentarmi, mi ha detto: "La grazia è la vita dell'anima. Come l'anima dà vita al corpo, così la grazia dà vita all'anima. Ma per aver vita al corpo non basta aver solamente l'anima, ma ha bisogno ancora d'un cibo come nutrirsi e crescere a debita statura, cosi all'anima non basta avere la grazia per avere vita, ma ci vuole un cibo per nutrirla e condurla a debita statura e qual è questo cibo? E' la corrispondenza. Sicché la grazia e la corrispondenza formano quella catena inanellata che la conducono al cielo ed a misura che l'anima corrisponde la grazia, viene formando gli anelli di questa catena." Poi ha soggiunto: "Qual è il passaporto per entrare nel regno della grazia? E' l'umiltà. L'anima, guardando sempre il suo nulla e scorgendosi non essere altro che polvere, che vento, metterà tutta la sua fiducia nella grazia, tanto da renderla padrona e la grazia, prendendo padronanza su tutta l'anima, la conduce per il sentiero di tutte le virtù e la fa giungere all'apice della perfezione." Che sarà l'anima senza grazia? Mi pareva come il corpo senza l’anima, che diventa puzzolente e fa scaturire vermi e marciume da tutte le parti, tanto da rendersi soggetto di orrore alla stessa vista umana, cosi l'anima, senza la grazia, si rende tanto abominevole da far orrore alla vista, non degli uomini, ma di Dio tre volte Santo. Ah! Signore, liberami da tanta sciagura e dal mostro abominevole del peccato!
4 Febbraio 1900
Sconfidenza.
Trovandomi in uno stato pieno di scoraggiamento, specialmente per la privazione del mio sommo Bene, questa mattina, facendosi vedere appena, mi ha detto: "Lo scoraggiamento è un umore infettivo, che infetta i più bei fiori e i più graditi frutti e penetra fino al fondo della radice, in modo che invadendo tutto l'albero, lo rende appassito, squallido e se non vi si pone rimedio con l’innaffiarlo con l'umore contrario, siccome quell'umore cattivo si è introdotto fin nella radice, dissecca la radice e fa cadere l'albero per terra. Così succede all'anima che s'imbeve di quest'umore infettivo dello scoraggiamento." Con tutto ciò io mi sentivo ancora scoraggiata, tutta rannicchiata in me stessa e mi scorgevo tanto cattiva che non ardivo slanciarmi verso il mio dolce Gesù. La mia mente era occupata tanto che per me era inutile sperare più come prima le sue continue visite, le sue grazie, i suoi carismi, tutto per me era finito. E Lui, quasi sgridandomi, ha soggiunto: "Che fai? Che fai? Non sai tu che la sconfidenza rende l'anima moribonda? Pensando che deve morire, non pensa più a nulla, né ad acquistare, né a mettere a traffico, né ad abbellirsi di più, né a porre rimedio ai suoi malori, non pensa altro che per lei è finito. E la sconfidenza non solo rende l'anima moribonda, ma rende tutte le virtù vicine a spirare." Ah! Signore, immagino di vedere questo spettro della sconfidenza squallido, macilento, pauroso e tutto tremante e tutta la sua maestria, non con altro ingegno, ma con la sola paura, conduce le anime alla tomba. Ma quel che è più, è che questo spettro non si mostra nemico, in modo che l'anima può schernirsi della sua paura, ma si mostra amico e s'infiltra tanto dolcemente nell'anima, che se l'anima non sta attenta, scorgendolo amico fedele che agonizza insieme e giunge a morire insieme, difficilmente si saprà liberare dalla sua artificiosa maestria.
5 Febbraio 1900
Continuando lo stesso stato, con un po' più di coraggio, ma non libera perfettamente, il mio carissimo Gesù, nel venire, mi ha detto: "Figlia mia, a volte l'anima sente un incontro in qualche virtù e l'anima, facendosi forza, supera quell'incontro. Allora la virtù resta più risplendente e più radicata nell'anima. Ma l'anima deve stare attenta per evitare che essa stessa non somministri la funicella per farsi legare dalla sconfidenza e questo lo farà col restringersi sempre senza mai uscire dal circolo della verità, che è la conoscenza del proprio nulla."
12 Febbraio 1900
I difetti volontari formano nubi.
Trovandomi in uno stato d'abbandono da parte del mio adorabile Gesù, mi sentivo premere il mio povero cuore, per il dolore, come sotto un torchio. Oh! Dio, che pena inenarrabile! Mentre mi trovavo in questo stato, quasi ad ombra ho visto il mio caro Bene, ma non chiaro, ho solo visto chiaro una mano che mi pareva che portasse una lampada accesa, intingesse il dito nella lampada e mi ungesse la parte del cuore esacerbata al sommo dal dolore della sua privazione. Ed in questo mentre ho sentito una voce che diceva: "La verità è luce che portò il Verbo sulla terra. Come il sole illumina, vivifica e feconda la terra, così la luce della verità dà vita, luce e rende feconde le anime di virtù. Sebbene molte nubi offuschino questa luce di verità, quali sono le iniquità degli uomini, ma nonostante ciò non smette, da dietro le nubi, di mandare barlumi di luce vivificante, onde riscaldare le anime e se queste nubi sono nubi d'imperfezione e di difetti involontari, questa luce, squarciandole col suo calore, le fa svanire e liberamente s'introduce nell'anima." Onde comprendevo che l'anima deve stare attenta a non cadere anche nell'ombra dei difetti volontari, che sono come quelle nubi pericolose che impediscono l'entrata alla luce divina.
13 Febbraio 1900
La mortificazione è come la calce.
Questa mattina, dopo aver fatto la comunione ho visto il mio adorabile Gesù, ma tutto cambiato d'aspetto. Mi pareva serio, tutto ritenutezza, in atto di rimproverarmi. Che cambiamento straziante! Sentivo il mio povero cuore, anziché sollevato, più oppresso, più trafitto alla presenza così insolita di Gesù. Eppure sentivo tutto il bisogno d'un sollievo per le pene sofferte nei giorni passati a causa della sua privazione, che mi pareva che vivessi, ma agonizzante e in continua violenza. Ma Gesù benedetto, volendo rimproverarmi, perché andavo cercando sollievo alla sua presenza, mentre non dovevo cercare altro che patire, mi ha detto: "Come la calce ha virtù di concuocere [FMA1] gli oggetti che vi si menano dentro, così la mortificazione ha virtù di concuocere tutte le imperfezioni e i difetti che si trovano nell'anima e giunge a tanto, che spiritualizza anche il corpo e, come cerchio, vi si pone d'intorno e vi suggella tutte le virtù. Fino a tanto che la mortificazione non ti concuoce ben bene l'anima come il corpo, fino a disfarlo, non potrò suggellare perfettamente in te il marchio della mia crocifissione." Dopo ciò, non so dire bene chi fosse, ma mi pareva che fosse un angelo, mi ha trapassato le mani ed i piedi e Gesù con una lancia che usciva dal suo cuore, mi ha trapassato il mio, con estremo dolore ed è scomparso lasciandomi più afflitta di prima. Oh! come comprendevo bene la necessità della mortificazione, mia inseparabile amica e che in me non esisteva neppure l'ombra d'amicizia con la mortificazione! Ah! Signore, legami Tu con indissolubile amicizia con questa buona amica, ché io non so mostrarmi che in modo rustico e quella, non vedendosi da me accolta con buon viso, mi usa tutti i riguardi, mi va sempre risparmiando, temendo che le volti le spalle del tutto e mai compie con me il suo bello e maestoso lavorio, perché, siccome stiamo un po' lontane, non giungono le sue mani prodigiose fino a me, in modo da potermi lavorare e presentarmi a Te come opera degna delle sue santissime mani.
16 Febbraio 1900
La mortificazione dev'essere il respiro dell'anima.
Continua quasi sempre lo stesso. Questa mattina, dopo avermi rinnovato le pene della crocifissione, mi ha detto: "La mortificazione dev'essere il respiro dell'anima. Come al corpo è necessaria la respirazione e dall'aria buona o cattiva che si respira così resta infettato o purificato, come pure dalla respirazione si conosce se l'interno dell'uomo è sano o infermo e se tutte le parti vitali sono in armonia, così è per l'anima; se respira l'aria della mortificazione, tutto starà in lei purificato, tutti i suoi sensi suoneranno di uno stesso suono concordante, il suo interno manderà un respiro balsamico, salutare, fortificante. Se poi non respira l'aria della mortificazione, tutto sarà discordante nell'anima, manderà un respiro puzzolente, stomachevole; mentre sta per domare una passione, un'altra si sfrena. Insomma, la sua vita non sarà altro che un giuoco da fanciulli." Mi pareva di vedere la mortificazione come uno strumento musicale, che se le corde sono tutte buone e forti, produce un suono armonioso e gradito. Se poi le corde non sono buone, ora bisogna aggiustare una, ora accordare un'altra, onde impiega tutto il tempo ad aggiustare, ma mai a suonare, al più potrà suonare un suono discordante e sgradito, quindi, non si farà mai niente di buono.
19 Febbraio 1900
Minacce di castighi
Questa mattina il mio adorabile Gesù è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa, ho visto molta gente tutta in movimento, mi pareva, ma non so dire certo, come una guerra, oppure rivoluzione ed a Nostro Signore non faceva altro che intrecciare corone di spine, tanto che, mentre io me ne stavo tutta attenta a toglierne una, ne conficcava un'altra più dolorosa. Ah! si, pareva proprio che il nostro secolo andrà rinomato per la superbia. La più grande sventura è il perdere la testa, perché perduta la testa con il cervello, tutte le altre membra si rendono inabili o si rendono nemiche di se stesso e degli altri , quindi avviene che la persona dà una rotta a tutti gli altri vizi. Il mio paziente Gesù tollerava tutte quelle corone di spine ed io avevo appena tempo di toglierle, onde si è rivolto a loro e ha detto: "Morirete, chi nella guerra, chi nelle carceri e chi al terremoto, ne pochi rimarrete. La superbia ha formato il corso delle azioni della vostra vita e la superbia vi darà la morte." Dopo ciò, il benedetto Gesù mi ha tirato da mezzo a quella gente e si è fatto bambino ed io lo portavo nelle mie braccia per farlo riposare. Lui, chiedendomi un ristoro voleva succhiare da me, io, temendo che fosse demonio, l’ho segnato varie volte con la croce e poi gli ho detto: "Se sei veramente Gesù, recitiamo insieme l'Ave Maria alla nostra Regina Mamma." E Gesù ha recitato la prima parte ed io la Santa Maria. Dopo, Lui stesso ha voluto recitare il Pater Noster, oh! come era commovente il suo pregare, inteneriva tanto che il cuore pareva che si liquefacesse. Onde dopo ha soggiunto: "Figlia, ebbi la mia vita dal cuore, distintamente dagli altri; ecco perciò una ragione perché sono tutto cuore per le anime e perché sono portato a voler il cuore e non tollero neppure un'ombra di ciò che non è mio. Onde fra Me e te voglio tutto distintamente per Me e quello che concederai alle creature non sarà altro che il trabocco del nostro amore."
20 Febbraio 1900
Gesù è lume di tutti nel Cielo.
Il mio benigno Gesù continua a venire. Dopo aver fatto la Comunione mi ha rinnovato le pene della crocifissione ed io son rimasta tanto intirizzita che sentivo il bisogno d'un sollievo, ma non ardivo chiederlo. Dopo poco è ritornato da bambino e tutta mi ha baciato e dalle sue labbra scorreva un latte ed io ho bevuto a larghi sorsi quel latte dolcissimo dalle sue purissime labbra. Ora, mentre facevo ciò mi ha detto: "Io sono il fiore dell'eden celeste ed è tanto il profumo che vi spando, che al mio olezzo resta attirato tutto l'empireo e siccome Io sono il lume che manda luce a tutti, tanto da tenerli inabissati, tutti i miei santi attingono da Me le loro piccole lucerne, onde non vi è luce nel Cielo che non sia stata attinta da questo lume." Ah, sì! non c'è neppure odore di virtù senza Gesù e non c'è luce, ancorché si andasse nel più alto dei cieli senza Gesù!
21 Febbraio 1900
La purità s'ottiene con la mortificazione e questa rende simpatica l'anima.
Questa mattina il mio amabile Gesù ha incominciato a fare i suoi soliti indugi. Sia sempre benedetto, perché comincia sempre da capo. Davvero ci vuole una pazienza di santo a sopportarlo e bisogna aver a che fare con Gesù per vedere che pazienza ci vuole. Chi non lo prova non può crederlo ed è quasi impossibile non avere qualche piccolo cruccio con Lui. Onde, dopo aver pazientato ad aspettarlo e riaspettarlo, finalmente è venuto e mi ha detto: "Figlia mia, il dono della purità non è dono naturale, ma è grazia conseguita e questa si ottiene col rendersi simpatico e l'anima si rende tale con la mortificazione e coi patimenti. Oh! come si rende simpatica l'anima mortificata e sofferente! Oh! come è speciosa! Ed io provo tale simpatia da impazzire per essa e le dono tutto ciò che vuole. Tu, quando sei priva di Me soffri la mia privazione, che è la pena più dolorosa per te, per amor mio ed Io proverò per te più simpatia di prima e ti concederò nuovi doni."
23 Febbraio 1900
Il segno per conoscere se uno stato è Volontà di Dio.
Questa mattina dopo aver perduto quasi la speranza che il benedetto Gesù venisse, all'improvviso è venuto, mi ha rinnovato le pene della crocifissione e mi ha detto: "Il tempo è giunto, la fine s'appressa, ma l'ora è incerta." Ed io, senza badare al significato delle parole che diceva, sono rimasta in dubbio se attribuirlo alla completa crocifissione oppure ai castighi e gli ho detto: "Signore, quanto temo che il mio stato non sia Volontà di Dio!" E Lui: "Il segno più certo per conoscere se uno stato è Volontà mia è quando uno si sente la forza a sostenere quello stato." Ed io: "Se fosse tua Volontà non succederebbe questo cambiamento: che Tu non vieni come prima." E Lui: "Quando una persona si rende familiare in una famiglia, non si usano tanto quelle cerimonie, quei riguardi che si usavano prima, quando era estranea. Così faccio Io. Ma ciò non è segno che quella famiglia non abbia la volontà di tenerla con sé, né che non l'ami meglio di prima. Perciò sii quieta, lascia fare a Me, non volerti crivellare il cervello né funestare la pace del cuore; a tempo opportuno conoscerai il mio operato"
24 Febbraio 1900
Luisa resiste all’obbedienza.
Questa mattina mi trovavo tutta timore, credevo che tutto fosse fantasia, ossia che il demonio volesse illudermi. Onde disprezzavo tutto ciò che vedevo e mi dispiacevo: Vedevo il confessore che metteva l'intenzione che Gesù mi rinnovasse i dolori della crocifissione ed io cercavo di resistere. Il benedetto Gesù in principio mi tollerava, ma siccome il confessore replicava l'intenzione, allora Gesù mi ha detto: "Figlia mia, davvero questa volta mancheremo all’ubbidienza. Non sai tu che l'ubbidienza deve suggellare l'anima e che l'ubbidienza deve rendere l'anima come molle cera, in modo che il confessore possa dare quella forma che vuole?" Così, non curando le mie resistenze, mi ha partecipato i dolori della crocifissione ed io, non potendo più resistere a tutto ciò che non volevo, per il timore che non fosse Gesù, ho dovuto soccombere sotto il peso dei dolori. Sia sempre benedetto e tutto sia per glorificarlo in tutto e sempre.
26 Febbraio 1900
La Divina Volontà è beatitudine di tutti.
Dopo aver passato parecchi giorni di privazione, al più veniva qualche volta come ombra e sfuggiva. Sentivo tale pena che mi struggevo in lacrime, il benedetto Gesù, avendo compassione del mio dolore, è venuto e mi guardava e riguardava tutta e poi mi ha detto: "Figlia mia, non temere, ché non ti lascio; ma quando tu sei senza la mia presenza, non voglio che ti disanimi, anzi, da oggi innanzi, quando sei priva di Me, voglio che prenda la mia Volontà ed in quella ti bei, amandomi e glorificandomi nella mia Volontà e tenendo la mia Volontà come se fosse la mia stessa persona. Facendo così, tu mi terrai nelle tue stesse mani. Che cosa forma la beatitudine del Paradiso? Certo, la mia Divinità. Or, che cosa formerà la beatitudine dei miei cari sulla terra? Con certezza la mia Volontà. Questa non ti potrà mai sfuggire. L'avrai sempre in tuo possesso e se tu starai nel circolo della mia Volontà, ivi proverai le gioie più ineffabili e i piaceri più puri. L'anima, non uscendo mai dal circolo della mia Volontà, si rende nobile, si divinizza e tutte le sue operazioni si ripercuotono nel centro del sole divino, come i raggi del sole si ripercuotono sulla superficie della terra, non ne esce neppure uno fuori dal centro che è Dio. L'anima che fa la mia Volontà è la sola nobile regina, che si nutre del mio alito, perché non prende il suo cibo e le sue bevande che dalla mia Volontà e nutrendosi della mia Volontà tutta santa, nelle sue vene scorrerà un sangue purissimo, il suo alito spirerà un profumo olezzante che mi ricreerà tutto, perché prodotto dal mio stesso alito. Perciò, non voglio altro da te, che formi la tua beatitudine nel giro della mia Volontà, senza mai uscirne, neppure per un breve istante." Mentre ciò dicevo, nel mio interno sentivo un allarme ed un timore, perché il parlare di Gesù indicava che non sarebbe venuto e che io avrei dovuto quietarmi nella sua Volontà. Oh! Dio, che pena mortale! Che strettezze di cuore! Ma Gesù, sempre benigno, ha soggiunto: "Come posso lasciarti, se tu sei vittima? Allora non verrò quando tu cesserai d'essere vittima, ma finché sarai vittima, mi sentirò sempre tirato a venire." Così pare che son rimasta quieta; ma mi sento come circondata dall'adorabile Volontà di Dio, in modo che non trovo nessuna apertura donde uscirne. Spero che mi voglia tenere sempre in questo cerchio che mi congiunge tutta a Dio."
27 Febbraio 1900
La Divina Volontà lega Gesù all'anima. Il gran mal della mormorazione
Essendomi tutta abbandonata nell'amabile Volontà di Nostro Signore, io mi vedevo tutta circondata dal mio dolce Gesù, fuori e dentro. Con l'essermi abbandonata in Lui, vedevo come se il mio essere fosse divenuto trasparente e dovunque mi rivolgevo, vedevo il mio sommo Bene. Ma quello che mi faceva meraviglia era che, mentre mi vedevo circondata dentro e fuori da Gesù, così io, il mio povero essere, la mia volontà, circondava Gesù come dentro un circolo, in modo che Lui non trovava l'apertura per potersene uscire, perché la mia volontà, unita alla sua, lo teneva incatenato, senza che mi potesse sfuggire. Oh! ammirabile segreto della Volontà del mio Signore, indescrivibile è la tua felicità! Ora, mentre mi trovavo in questo stato, il benedetto Gesù mi ha detto: "Figlia mia, nell'anima tutta trasformata nel mio Volere, Io trovo un dolce riposo. La sua anima diventa per Me come quegli oggetti soffici che non danno alcuna molestia a chi vuole riposarsi, anzi, ancorché fossero persone stanche ed addolorate, è tanta la morbidezza ed il piacere che prendono nel riposarsi sopra questi oggetti, che nel risvegliarsi si trovano forti e sani. Tale è per Me l'anima conformata al mio Volere ed Io, come ricompensa, mi faccio legare dalla sua volontà e vi faccio splendere il Sole Divino come nel pieno meriggio." Detto ciò è scomparso. Dopo poi, avendo fatto la comunione, è ritornato e mi ha trasportato fuori di me stessa. Vedevo molte persone e Gesù che mi diceva: "Di’ loro, di’ loro che grande è il male che fanno col mormorare l'uno (del)l'altro, perché attirano la mia indignazione e questo con giustizia, perché vedo che mentre sono soggetti alle stesse miserie e debolezze, non fanno altro che alzar tribunale uno contro l’altro. Se così fanno tra loro, che farò Io che sono santo e puro, con loro? Con la stessa carità che esercitano l'uno con l’altro, così mi sento spinto ad usare misericordia con loro." Gesù lo diceva a me ed io lo ripetevo a quelle genti e dopo ci siamo ritirati.
2 Marzo 1900
L'unione dei voleri è quello che piú lega l'anima a Gesù.
Questa mattina, avendo fatto la santa comunione, il mio dolce Gesù si è fatto vedere crocifisso ed internamente mi sono sentita tirata a specchiarmi in Lui, per potermi rassomigliare a Lui e Gesù si è specchiato in me, per tirarmi alla sua rassomiglianza. Mentre così faceva, io mi sentivo infondere in me i dolori del mio crocifisso Signore che, con tutta bontà, mi ha detto: "Il tuo alimento voglio che sia il patire, non come solo patire, ma come frutto della mia Volontà. Il bacio più sincero che lega più forte la nostra amicizia è l'unione dei nostri voleri ed il nodo indissolubile che ci stringerà in continui abbracci sarà il continuo patire." Mentre ciò diceva, il benedetto Gesù si è schiodato ed ha preso la sua croce e l’ha distesa nell'interno del mio corpo ed io sono rimasta pure tanto distesa che mi sono sentita slogare le ossa, di più, una mano, ma non so dire certo di chi era, mi ha trapassato le mani ed i piedi e Gesù che stava seduto sulla croce distesa nel mio interno, tutto si compiaceva del mio patire e di colui che mi trapassava le mani ed ha soggiunto: "Adesso mi posso riposare tranquillamente, non ho da prendermi neppure il fastidio di crocifiggerti, perché l'ubbidienza vuole operare tutto essa ed Io liberamente ti lascio nelle mani dell'ubbidienza." E sfuggendo da sopra la croce, si è messo sopra il mio cuore per riposarsi. Chi può dire quanto sono stata sofferente, stando in quella posizione? Dopo essere stata per lungo tempo, Gesù non si brigava di sollevarmi come le altre volte, per farmi ritornare nello stato mio naturale. Non vedevo più quella mano che mi aveva messo sulla croce, lo dicevo a Gesù, che mi rispondeva: "Chi ti ha messo sulla croce? Sono stato forse Io? E' stata l'ubbidienza e l'ubbidienza ti deve togliere." Pare che questa volta avesse voglia di scherzare ed a somma grazia ho ottenuto che il benedetto Gesù mi liberasse.
7 Marzo 1900
L'anima conformata al Divin Volere lega a Dio.
Questa mattina, trovandomi fuori di me stessa, ho dovuto girare e rigirare per trovare il benedetto Gesù. Per fortuna sono entrata in una chiesa e l'ho trovato su un altare dove si celebrava il divin sacrificio. Subito sono corsa e l'ho abbracciato dicendogli: "Finalmente Ti ho trovato! Mi hai fatto tanto girare fino a stancarmi e Tu eri qui." E Lui, guardandomi serio, non con la solita sua benignità, mi ha detto: "Questa mattina mi sento molto amareggiato e mi sento tutta la necessità di mettere mano ai castighi per sgravarmi." Io subito: "Caro mio, non è niente, rimedieremo subito, verserai in me le tue amarezze e così sarai libero, non è vero?" E Lui, condiscendendo al mio dire, ha versato in me le sue amarezze. Dopo poi, stringendomi tutta a Lui, come se si fosse liberato da un grave peso, ha soggiunto: "L'anima conformata al mio Volere si sa tanto infiltrare nella mia potenza che giunge a legarmi tutto ed, a suo piacere, mi disarma come vuole. Ah! tu, tu, quante volte mi leghi!" E mentre cosi diceva ha preso il suo solito aspetto dolce e benigno.
9 Marzo 1900
La grazia è come il sole.
Trovandomi un po' turbata sopra una cosa che non è qui necessario il dire, la mia mente voleva andare vagando per assicurarsi sul mio turbamento e così restarmene in pace, ma il benedetto Gesù, volendo contraddire il mio volere, m'impediva che io potessi vedere ciò che volevo e siccome io insistevo nel voler vedere, mi ha detto: "Perché vuoi andare vagando? Non sai tu che chi esce dalla mia Volontà esce dalla luce e si confina nelle tenebre?" E volendomi quasi distrarre da ciò che io volevo, mi ha trasportata fuori di me stessa e, cambiando discorso, ha soggiunto: "Vedi un po' quanto mi sono ingrati gli uomini. Come la luce del sole riempie tutta la terra, da un punto all'altro, in modo che non vi è terra che non goda il beneficio della sua luce, non vi è persona che possa lamentarsi d'essere priva dei suoi benefici influssi, tanto è vero che il sole, investendo tutto l'universo, per poter dare luce a tutti, lo prende come in sua mano, può lamentarsi di non godere della sua luce solo chi, sfuggendo dalla sua mano, va a nascondersi in luoghi tenebrosi; eppure il sole continuando il suo caritatevole uffizio, non si astiene dal mandargli qualche spiraglio di luce da mezzo le sue dita. Così la mia grazia è un'immagine del sole, che dappertutto inonda le genti[FMA2] , poveri e ricchi, ignoranti e dotti, cristiani ed infedeli, nessuno, nessuno può dire di esserne privo, perché la luce della verità e l'influsso della mia grazia riempie la terra e più del sole nel suo pieno meriggio. Ma qual è la mia pena nel vedere le genti che, traversando questa luce ad occhi chiusi ed affrontando la mia grazia col torrente pestifero della loro iniquità, fuorviano da questa luce e volontariamente vivono in luoghi tenebrosi, in mezzo a nemici crudeli? Essi sono esposti a mille pericoli, perché non avendo luce, non possono conoscere chiaramente se si trovano in mezzo ad amici o nemici e sfuggire ai pericoli che li circondano. Ah! se il sole avesse ragione e dagli uomini si potesse fare questo affronto alla sua luce e taluni, giungendo a tale ingratitudine, che per indispettire e non vedere il suo chiarore, si cavassero gli occhi e per poter così restare più sicuri di vivere nelle tenebre, ahi! il sole invece di mandare luce, manderebbe lamenti e lacrime di dolore, da mettere sossopra tutta la natura!, Si avrebbe orrore di rendere ciò alla luce naturale, eppure gli uomini giungono a tale eccesso, da affrontare in tal modo la mia grazia. Ma la mia grazia, sempre benigna con loro, in mezzo alle stesse tenebre ed alla follia della loro cecità, manda sempre barlumi di luce, perché la mia grazia mai lascia nessuno, ma l'uomo volontariamente esce da essa perciò, la grazia, non avendolo in sé, cerca di seguirlo coi barlumi della sua luce." Mentre ciò diceva, il dolce Gesù era estremamente afflitto ed io facevo, per quanto potevo, per consolarlo, pregandolo di versare in me le sue amarezze e Lui ha soggiunto: "Compatisci se ti sono causa di afflizione, perché di tanto in tanto mi sento tutta la necessità di sfogare in parole il mio dolore sull’ingratitudine degli uomini con le anime mie dilette, per muovere i loro cuori a ripararmi in un tanto eccesso ed a compassione degli stessi uomini." Ed io: "Signore, quello che vorrei è che non mi risparmi di partecipare alle tue pene." E volendo io più dire, è scomparso e sono ritornata in me stessa.
10 Marzo 1900
Effetti della sofferenza.
Questa mattina avendo fatto la santa comunione, ho visto il mio caro Gesù da Bambino, con una lancia in mano, in atto di volermi trapassare il cuore e siccome avevo detto una cosa al confessore, Gesù, volendomi rimproverare, mi ha detto: "Tu vuoi scansare il patire ed Io voglio che incominci una nuova vita di sofferenze e di ubbidienza." E mentre ciò diceva, mi ha trapassato il cuore con la lancia e poi ha soggiunto: "Come il fuoco arde secondo la legna che vi si mette, così tiene maggiore attività nel bruciare e consumare gli oggetti che si menano dentro e, quanto maggiore è il fuoco, altrettanto è maggiore il calore e la luce che contiene, così la sofferenza e l'ubbidienza, per quanto è maggiore, altrettanto l'anima si rende abile a distruggere ciò che è materiale e l'ubbidienza, come a molle cera, dà la forma che vuole."
11 Marzo 1900
Incontro con un'anima del purgatorio.
Continua sempre quasi allo stesso modo. Questa mattina ho visto il buon Gesù più afflitto del solito, mentre minacciava una mortalità di gente e ho visto in certi paesi che molti morivano. Dopo sono andata nel purgatorio e, conoscendo un'amica defunta, l’ho interrogata su varie cose relative al mio stato, specialmente se è Volontà di Dio il mio stato, se è vero che è Gesù che viene, oppure è il demonio, le ho detto: "Siccome tu ti trovi innanzi alla Verità e conosci con chiarezza le cose, senza che ti possa ingannare, puoi dirmi la verità sui fatti miei." Ed essa mi ha detto: "Non temere, è Volontà di Dio il tuo stato e Gesù ti vuole bene assai, perciò si benigna manifestarsi teco." Ed io, proponendole alcuni miei dubbi, l'ho pregata che si benignasse di vedere innanzi alla luce della verità se fossero veri o falsi e mi facesse la carità di venirmelo a dire e se avesse fatto ciò, io in ricompensa le avrei fatto celebrare una messa in suo suffragio ed essa ha soggiunto: "Se vuole il Signore, perché noi stiamo tanto immersi in Dio, che non possiamo neppure muovere le ciglia, se non abbiamo da Lui il concorso; noi abitiamo in Dio come una persona che abita in un altro corpo, che tanto può pensare, parlare, guardare, operare, camminare, per quanto le vien dato da quel corpo che la circonda di fuori, perché a noi, non è come a voi che avete il libero arbitrio, la propria volontà, per noi ogni volontà è cessata, la nostra volontà è solo la Volontà di Dio, di Quella viviamo, in Quella troviamo tutto il nostro contento ed Essa forma tutto il nostro bene e la nostra gloria." E mostrando un contento indicibile di questa Volontà di Dio, ci siamo separate.
14 Marzo 1900
Modo di fare per attirare le anime al cattolicesimo.
Avendomi il confessore dato l'ubbidienza di pregare il Signore di manifestarmi il modo come fare per tirare le anime al cattolicesimo e per togliere tanta miscredenza, io ho pregato per parecchi giorni ed il Signore non si è benignato di manifestarsi su di questo punto. Finalmente, questa mattina mi son trovata fuori di me stessa, trasportata dentro un giardino che mi pareva fosse il giardino della Chiesa ed ivi erano tanti sacerdoti ed altre dignità che disputavano su questo soggetto e, mentre disputavano, usciva un cane di smisurata grossezza e fortezza, tanto che i più restavano tanto impauriti e spossati, che giungevano a farsi morsicare da quella bestia e dopo si ritiravano come vigliacchi dall'impresa. Quel cane inferocito non aveva forza di mordere solo quelli che avevano come centro Gesù, nel proprio cuore, che quindi veniva a formare il centro di tutte le loro azioni, pensieri e desideri. Ah, sì! Gesù formava il suggello di queste persone e quella bestia restava tanto debole che non aveva forza neppure di fiatare. Ora, mentre disputavano, io mi sentivo Gesù dietro le spalle che diceva: "Tutte le altre società conoscono coloro che appartengono al loro partito, solo la mia Chiesa non conosce chi sono i suoi figli. Il primo passo è conoscere chi sono coloro che le appartengono e questi li potete conoscere, con lo stabilire un giorno una riunione, in cui li inviterete, chi è cattolico dovrà intervenire al luogo ben destinato per tale riunione ed ivi, con l'aiuto dei cattolici secolari, si stabilirà quello che conviene fare. Il secondo passo, è obbligare alla confessione quei cattolici che v'intervengono, cosa principale che rinnova l'uomo e forma i veri cattolici e questo non solo a quelli che si trovano presenti, ma bisogna obbligare chi è padrone, affinché obblighi i suoi sudditi alla confessione e quando non giungono con le buone, si ricorrerà anche col rimandarli dal loro servizio. Quando ogni sacerdote avrà formato il corpo dei suoi cattolici, allora potranno inoltrarsi ad altri passi superiori, perché il riconoscere l'opportunità del tempo, come inoltrarsi nei partiti e la prudenza nell'esporsi, è come la potatura agli alberi, che fa produrre grossi e stagionati frutti, ma se l'albero non è potato, vi fa, sì, una bella pompa di fronde e di fiori, ma appena cade una brina o soffia un vento, non avendo l'albero umore sufficiente e forza onde sostenere tanti fiori per cambiarli in frutti, i fiori cadono ed esso rimane spogliato. Così succede nelle cose di religione: Prima dovete formare un corpo conveniente di cattolici, da poter fare fronte agli altri partiti e poi puoi giungere ad inoltrarvi negli altri partiti, per formarne uno solo." Detto ciò, non l'ho sentito più e senza neppure vederlo mi son trovata in me stessa. Chi può dire la mia pena per non aver visto il benedetto Gesù per tutto il giorno e le lacrime che ho dovuto versare?
15 Marzo 1900
Gesù si sente disarmato per le anime vittime.
Continuando Gesù a non venire, io mi struggevo in dolore e mi sentivo una febbre da dare in delirio. Ora, siccome il confessore è venuto a celebrare il divin sacrificio, ho fatto la comunione, ma non ho visto, secondo il solito, il mio caro Gesù, onde ho incominciato a dire i miei spropositi: "Dimmi mio Bene, perché non ti fai vedere? Questa volta pare a me che non ti abbia dato occasione per sottrarti! Come, alla buona, alla buona mi lasci? Ahi, neppure gli amici di questa terra agiscono in questo modo! Quando devono star lontani, almeno si dicono addio e Tu, neppure a dirmi addio? Come, così si fa? Perdonami se così parlo, è la febbre che fa dare in delirio e mi fa giungere alla follia." Chi può dire tutti gli spropositi che gli ho detto? Sarebbe un voler perdere tempo. Ora, mentre stavo delirando e piangendo, Gesù, ora faceva vedere una mano, ora un braccio, quando poi ho visto il confessore che mi dava l'ubbidienza di soffrire la crocifissione e Gesù, come costretto dall'ubbidienza, si è fatto vedere ed io subito a Lui: "Perché non ti facevi vedere?" E Lui, mostrando un aspetto serio, ha detto: "E' niente, è niente, è che voglio castigare la terra ed Io, anche a stare buono con una sola creatura, mi sento disarmato e non ho forza a mettere mano ai castighi, perché col farmi vedere tu incominci a dire, se vedi che devo mandare castighi: "Versa in me, fa’ soffrire me." Ed Io mi sento vincere da te e mai metto mano ai castighi e gli uomini non fanno altro che imbaldanzirsi di più." Or, continuando il confessore a replicare l'ubbidienza di farmi soffrire la crocifissione, Gesù si mostrava lento a farmi fare questa ubbidienza, non come le altre volte che subito voleva che mi sottomettessi ed ha detto a me: "E tu, che vuoi fare?" Ed io: "Signore, quello che Tu vuoi." Allora, volgendosi al confessore, con aspetto serio, gli ha detto: "Anche tu vuoi legarmi, col darle questa obbedienza di farmela soffrire?" E mentre ciò diceva ha incominciato a parteciparmi i dolori della croce e dopo, mostrandosi placato, ha versato le sue amarezze e poi ha soggiunto: "Il confessore, dove sta?" Ed io: "Signore, non so dove sia andato, è certo che non lo vedo più con noi." E Lui: "Lo voglio, siccome lui ha ristorato Me, così Io voglio ristorare lui."
17 Marzo 1900
Dolore del Papa. L'umiltà.
Questa mattina il benedetto Gesù mi ha fatto vedere il Santo Padre con le ali aperte, mentre andava in cerca dei suoi figli per raccoglierli sotto le sue ali, ho sentito i suoi lamenti mentre diceva: "Figli miei, figli miei, quante volte ho cercato di radunarvi sotto le mie ali e voi mi sfuggite! Deh! ascoltate i miei lamenti ed abbiate compassione del mio dolore!" E mentre ciò diceva, piangeva amaramente e pareva che non fossero i soli secolari che si discostavano dal Papa, ma anche i sacerdoti e questi davano più dolore al Santo Padre. Quanta pena faceva vedere il Papa in questa posizione! Dopo ciò, ho visto Gesù che faceva eco ai lamenti del Santo Padre e soggiungeva: "Pochi sono quelli che sono rimasti fedeli e questi pochi vivono come volpi rintanate nelle proprie tane, hanno timore d'esporsi per tirare i propri figli dalla bocca dei lupi; dicono, propongono, ma sono tutte parole gettate al vento, mai giungono ai fatti." Detto ciò è scomparso. Dopo poco è ritornato ed io mi sono sentita tutta annientata in me stessa alla presenza di Gesù e Lui, vedendomi annichilita, mi ha detto: "Figlia mia, quanto più ti abbassi in te stessa, tanto più mi sento tirato ad abbassarmi verso di te e ad empirti della mia grazia, ecco perciò che l'umiltà è foriera della luce."
20 Marzo 1900
Avvertimento di castighi.
Avendo fatto la comunione, vedevo il mio dolce Gesù che mi invitava ad uscire con Lui, con patto però che per andare con Lui, qualora avessi visto Gesù costretto dai peccati a mandare dei castighi, non avrei dovuto contrastare con Lui perché non li mandasse. Con questa condizione siamo usciti, girando la terra. In primo ho incominciato a vedere, non tanto lontano da noi, specialmente in certi punti, tutto disseccato, onde rivolta a Lui ho detto: "Signore, come faranno queste povere genti se mancherà loro il cibo per nutrirsi? Deh! Tu puoi tutto, come hai fatto tutto disseccare, così fallo rinverdire." E siccome aveva la corona di spine, ho disteso la mano dicendogli: "Mio Bene, che cosa Ti hanno fatto queste genti? Forse Ti hanno messo questa corona di spine ebbene? Dalla a me, così resterai placato e darai il cibo per non farle perire." E togliendogliela, l'ho premuta sulla mia testa. Mentre ciò facevo, Gesù mi ha detto: "Si vede che non posso portarti insieme, perché portare te e non poter far niente è lo stesso." Ed io: "Signore, non ho fatto niente, perdonami se conosci che ho fatto male, ma deh! portami insieme con Te!" E Lui: "Il tuo modo d'agire mi lega dappertutto." Ed io: "Non sono io che faccio così, sei Tu stesso che mi fai operare in questo modo, perché trovandomi con Te, vedo che tutte le cose sono tue e se io non prendessi cura delle cose tue, mi pare che verrei a non curare Te stesso. Perciò devi perdonarmi se agisco in questo modo, lo faccio per amor tuo e non devi allontanarmi per questo." Dopo abbiamo continuato a girare. Io facevo quanto potevo a non dirgli niente affinché non castigasse in qualche punto, per non dargli occasione che mi mandasse a ritirare e mi facesse perdere la sua amabile presenza. Ma dove non potevo, incominciavo a contrastare. Siamo giunti ad un punto dell’Italia in cui stavano facendo un combinato, perché doveva venire un gran dissesto, ma non ho capito che cosa fosse, perché avendo incominciato a dire: "Signore, non permettere ciò, povera gente! Come farà?" Vedendo Gesù che io mi affannavo e volevo impedirglielo, mi ha detto con impero: "Ritirati, ritirati!" E togliendosi una cintura di chiodi e di spilli che teneva incarnati nel suo corpo e lo faceva molto soffrire, ha soggiunto: "Ritirati e portati questa cintura con te, così mi darai molto sollievo." Ed io: "Si, me la metterò io invece tua, ma lasciami stare teco." E Lui: "No, ritirati." E lo ha detto con tale impero, che non potendo resistere, in un istante mi son trovata in me stessa e non ho potuto capire che cosa fosse il combinato.
25 Marzo 1900
Il Verbo Incarnato è come sole alle anime.
Questa mattina il mio adorabile Gesù, nell'atto di venire, mi ha detto: "Come il sole è la luce del mondo, così il Verbo di Dio, nell'incarnarsi, divenne la luce delle anime e come il sole materiale dà luce in generale ed a ciascuno in particolare, tanto che ognuno lo può godere come se fosse suo proprio, cosi il Verbo, mentre dà luce in generale è sole per ciascuno in particolare, tanto è vero, che ognuno può tenere con sé questo sole divino come se fosse solo." Chi può dire quello che comprendevo su questa luce ed i benefici effetti che ridondano nelle anime che tengono questo sole come se fosse proprio? Mi pareva che l'anima, possedendo questa luce, mettesse in fuga le tenebre, come il sole materiale, con lo spuntare sul nostro orizzonte, mette in fuga le tenebre della notte. Questa luce divina, se l'anima è fredda, la riscalda; se è nuda di virtù, la rende feconda; se inondata dal morbo pestifero della tiepidezza, col suo calore assorbe quell'umore cattivo; in una parola, per non andare troppo per le lunghe, questo sole divino, introducendo nel centro della sua sfera, ricopre l'anima con tutti i suoi raggi e giunge a trasformare l'anima nella sua stessa luce. Dopo ciò, siccome io mi sentivo tutta affranta, Gesù, volendomi ristorare mi ha detto: "Questa mattina voglio dilettarmi in te." Ed ha incominciato a fare i suoi soliti stratagemmi amorosi.
1 Aprile 1900
Le passioni cambiate in virtù.
Dopo aspettare e riaspettare, il mio dolce Gesù si è fatto vedere all’interno del mio cuore. Mi è parso di vedere un sole che spandeva raggi e guardando nel centro di questo sole, vi ho scorto il volto di Nostro Signore, ma quello che mi ha fatto stupire è che ho visto nel mio cuore tante donzelle vestite di bianco, con corona in testa, che attorniavano questo sole divino, nutrendosi di quei raggi che spandeva questo sole. Oh! come erano belle, modeste, umili e tutte intente e beandosi in Gesù! Onde, non conoscendo il significato di ciò, con un po' di timore ho chiesto a Gesù di farmi sapere chi fossero quelle donzelle e Gesù mi ha detto: "Queste donzelle erano le tue passioni, che ora con la mia grazia ho cambiato in tante virtù, che mi fanno nobile corteggio; stando tutte a mia disposizione ed Io in ricompensa le vado nutrendo con la continua mia grazia." Ah! Signore, eppure mi sento tanto cattiva, che mi vergogno di me stessa!
2 Aprile 1900
Gesù giudica secondo la volontà con cui si opera.
Questa mattina ho dovuto molto soffrire per l'assenza del mio caro Gesù, ma ha ricompensato le mie pene col soddisfare un mio desiderio di voler sapere una cosa che da molto tempo bramavo. Onde dopo aver girato e rigirato in cerca di Gesù, or lo chiamavo con la preghiera, or con le lacrime, or col canto, sperando che potesse restar ferito dalla mia voce e così farsi trovare, ma tutto indarno. Ho replicato i miei gemiti; a chiunque trovavo domandavo di Lui. Finalmente, quando il mio cuore si sentiva crepare e non ne poteva più, l'ho trovato, ma l’ho visto di tergo e, ricordandomi d'una resistenza fattagli e che dirò nel libro del confessore, gli ho chiesto perdono e così pare che ci siamo messi d'accordo, tanto che Lui stesso mi ha domandato che cosa volessi ed io gli ho detto: "Compiaciti di farmi conoscere la tua Volontà sul mio stato, specialmente che cosa debbo fare quando mi trovo con poche sofferenze e Tu non vieni e se vieni è quasi ad ombra; onde, non vedendo Te, sento i miei sensi in me stessa e trovandomi in questa posizione mi sento come se ci mettessi del mio e non fosse necessario aspettare la venuta del confessore per uscire da quello stato." E Gesù: "Soffri o non soffri, vengo o non vengo, il tuo stato è sempre di vittima, molto più che questa è la mia Volontà e la tua ed Io giudico non secondo le opere che si fanno, ma secondo la volontà con cui si opera." Ed io: "Signor mio, va bene come dici, ma mi pare che sono inutile, si perde molto tempo e mi sento un fastidio, un timore e poi far venire il confessore, mi tormenta l'anima che non sia Volontà tua." E Lui: "Pensi tu che sia peccato far venire il confessore?" Ed io: "No, ma temo che non sia tua Volontà." E Lui: "Del peccato devi fuggire anche l'ombra, ma del resto non devi darti pensiero." Ed io: "Se non fosse tua Volontà, a che pro starci?" E Lui: "Ah! mi pare che la figlia mia vuole sfuggire lo stato di vittima, non è vero?" Ed io, tutta arrossendo, ho detto: "No, Signore, dico questo per quando qualche volta non mi fai soffrire e Tu non vieni, del resto fammi soffrire ed io non mi darò alcun pensiero." E Gesù: "Ed a Me pare che vuoi sfuggire. Poi, sai tu quando ho riservato di venire e comunicarti le mie pene, se la prima, la seconda, la terza ed anche l'ultima ora? Onde, distraendoti da Me e sforzandoti ad uscire ti occuperai in altro ed Io, venendo, non ti troverò preparata e prenderò la mia volta e Me ne andrò altrove." Ed io tutta spaventata: "Non sia mai, oh Signore. Non voglio altro sapere che la tua Santissima Volontà." E Lui: "Statti calma e aspetta il confessore." Detto ciò è scomparso. Pare che mi sento sgravata da un gran peso grazie a questo parlare di Gesù, ma con tutto ciò non è scemata in me la pena dolorosa di quando Gesù mi priva di Lui.
9 Aprile 1900
Abbandono in Dio.
Questa mattina avendo fatto la comunione, mi trovavo in un mare di amarezze, perché non vedevo il mio sommo bene Gesù. Sentivo tutto il mio interno messo in allarme, quando in un istante si è fatto vedere e mi ha detto, quasi rimproverandomi: "Non sai tu che il non abbandonarsi in Me è un voler usurpare i diritti della mia Divinità, facendomi un grande affronto? Perciò abbandonati e acquieta [FMA3] il tuo interno tutto in Me e troverai la pace e trovando la pace troverai Me stesso." Detto ciò, come lampo è scomparso, senza farsi più vedere. Ah! Signore, tienimi Tu tutta abbandonata e ben stretta nelle tue braccia, in modo che non possa mai sfuggire, altrimenti farò sempre delle scappatine!
10 Aprile 1900
I desideri di vedere Gesù lo attirano all'anima
Continua il benedetto Gesù a non venire. Oh! Dio, che pena indicibile è la sua privazione! Cercavo quanto più potevo di starmene in pace e tutta abbandonata in Lui, macché! Il mio povero cuore non ne poteva più, facevo quanto più potevo per calmarlo, dicevo: "Cuor mio, aspettiamo un altro poco, sperando che venga, usiamo qualche stratagemma per spingerlo a venire." Onde, rivolta a Lui gli dicevo: "Signore, vieni, l'ora si fa tarda e Tu non vieni ancora? Questa mattina cerco per quanto posso a starmi quieta eppure non Ti fai trovare? Signore, Ti offro il martirio della tua privazione come attestato d'amore e come farti un presente per spingerti a venire. E' vero che non sono degna, ma non è perché son degna che Ti cerco, ma per amore e perché senza di Te mi sento mancare la vita." E siccome non veniva, gli dicevo: "Signore, o vieni o Ti stancherò col mio dire e quando Ti sarai stancato, neppure allora verrai?" Ma chi può dire tutti i miei spropositi? Gliene dicevo tanti, che andrei troppo per le lunghe se volessi dire tutto. Dopo ciò, per poco tempo vedevo il mio dolce Gesù che si muoveva dentro il mio interno, come se si risvegliasse da un sonno, onde si è fatto vedere più chiaro e trasportandomi fuori di me stessa, mi ha detto: "Come l'uccello quando deve volare batte le ali, così l'anima ai voli dei desideri, batte le ali dell'umiltà ed in quei battiti vi manda una calamita che mi attira, in modo che mentre lei prende il suo volo per venire a Me, Io prendo il mio per andare a lei." Ah, Signore, si vede che mi manca la calamita dell'umiltà! Se io nel mio cammino spandessi ovunque la calamita dell'umiltà, non stenterei tanto ad aspettare e riaspettare la tua venuta!
16 Aprile 1900
Le tre firme del passaporto della beatitudine nella terra.
Dopo aver passato giorni amari, di privazione e di rimproveri del benedetto Gesù per le mie ingratitudini e resistenze al suo Volere ed alle sue grazie, questa mattina, nel venire, mi ha detto: "Figlia mia, il passaporto per entrare nella beatitudine che l'anima può possedere su questa terra, dev'essere firmato con tre firme e queste sono la rassegnazione, l'umiltà e l'ubbidienza. La rassegnazione perfetta al mio Volere è cera che liquefa i nostri voleri e ne forma uno solo, è zucchero e miele; ma a una piccola resistenza al mio Volere, la cera si disunisce, lo zucchero si rende amaro ed il miele si converte in veleno. Or, non basta essere rassegnata, ma l'anima dev'essere convinta che il maggior bene per sé ed il maggior modo di glorificarmi è il far sempre la mia Volontà. Ecco la necessità della firma dell'umiltà, perché l'umiltà produce questa conoscenza. Ma chi nobilita queste due virtù? Chi le fortifica, chi le rende perseveranti, chi le incatena insieme in modo da non potersi separare, chi le incorona? L'ubbidienza. Ah! sì, l'ubbidienza, distruggendo affatto il proprio volere e tutto ciò che è materiale, spiritualizza tutto e come corona si pone d'intorno, onde la rassegnazione e l'umiltà senza l'ubbidienza saranno soggette ad instabilità, ma con l'ubbidienza saranno fisse e stabili ed ecco la stretta necessità della firma dell'ubbidienza, per fare che questo passaporto possa correre per passare al regno della beatitudine spirituale che l'anima può godere di qua. Senza di queste tre firme, il passaporto non avrà valore e l'anima sarà sempre respinta dal regno della beatitudine e sarà costretta a stare nel regno dell'inquietudine, dei timori e dei pericoli e per sua disgrazia avrà per dio il proprio io e quest'io sarà corteggiato dalla superbia e dalla ribellione." Dopo ciò mi ha trasportato fuori di me stessa, dentro un giardino, che pareva il giardino della Chiesa, in cui vedevo che fuorviavano da cinque a sei persone, sacerdoti e secolari, che unendosi coi nemici della Chiesa muovevano una rivoluzione. Che pena faceva vedere Gesù benedetto piangere il triste stato di queste persone! Poi ho guardato nell'aria e vedevo una nube d'acqua, piena di pezzi di ghiaccio grossi che cadevano sopra la terra. Oh! quanto strazio facevano sopra i raccolti e sopra l'umanità! Ma spero che voglia placarsi. Onde, più afflitta di prima son ritornata in me stessa.
20 Aprile 1900
La croce ci dà i lineamenti e la rassomiglianza di Gesù.
Continua il mio adorabile Gesù a venire, per breve tempo e ad ombra ed anche nel venire non dice niente. Questa mattina, dopo avermi rinnovato i dolori della croce per ben due volte, guardandomi con tenerezza mentre stavo soffrendo lo spasimo delle trafitture dei chiodi, mi ha detto: "La croce è uno specchio dove l'anima rimira la Divinità e rimirandosi ne ritrae i lineamenti, la rassomiglianza più consimile a Dio. Non solo si deve amare, desiderare la Croce, ma farsene un onore, una gloria, della stessa croce e questo è operare da Dio e diventare come Dio per partecipazione, perché solo Io mi gloriai della croce e me ne feci un onore del patire e l'amai tanto, che in tutta la mia vita non volli stare un momento senza la croce." Chi può dire ciò che comprendevo della croce, da questo parlare del benedetto Gesù? Ma mi sento muta ad esprimerlo con le parole. Ah! Signore, Ti prego a tenermi sempre confitta in croce, affinché avendo sempre innanzi questo specchio divino, possa tergere tutte le mie macchie ed abbellirmi sempre più a tua somiglianza.
21 Aprile 1900
Più che il sacramento, la croce suggella Iddio nell'anima.
Trovandomi nello stesso mio stato, anzi, con un poco di timore per una cosa che non è necessario qui dire, il mio dolce Gesù, nel venire, mi ha detto: Di tanto in tanto è necessario spolverare i vasi sacri; i vostri corpi sono tanti vasi sacri, in cui faccio la mia dimora, perciò è necessario che faccia di tanto in tanto delle spolveratine, cioè, che li visiti con qualche tribolazione, per fare che Io vi stia [FMA4] con più decoro. Perciò stai calma." Dopo ciò, avendo fatto la comunione ed avendomi rinnovato i dolori della crocifissione, ha soggiunto: "Figlia mia, quanto è preziosa la croce! Vedi un po': Il sacramento del mio corpo nel darsi all'anima, la unisce con Me, la trasmuta fino a diventare una stessa cosa con Me, ma col consumarsi delle specie si disunisce l'unione realmente contratta; ma la croce no, prende Iddio e l'unisce con l'anima per sempre e con maggiore sicurezza lei si pone come suggello. Dunque, la croce suggella Iddio nell'anima, in modo che non c'è mai separazione tra Dio e l'anima crocifissa."
23 Aprile 1900
La rassegnazione è olio che unge.
Questa mattina, trovandomi fuori di me stessa, vedevo il mio dolce Gesù che soffriva molto ed io l'ho pregato che mi facesse parte delle sue pene e Lui mi ha detto: "Anche tu soffri; piuttosto Io mi metto nel tuo posto e tu fammi l'uffizio d'infermiera." Così pareva che Gesù si mettesse nel mio letto ed io accanto a Lui ho incominciato a rivedergli la testa e ad una ad una gli ho tolto le spine che stavano conficcate. Poi sono andata al suo corpo ed ho visitato tutte le sue piaghe, ho asciugato loro il sangue, le ho baciate, ma non sapevo come ungerle per mitigare lo spasimo, quando ho visto che da me usciva un olio ed io l’ho preso ed ho unto le piaghe di Gesù, ma con certo timore, perché non capivo che cosa significasse quell'olio che usciva da me. Ma Gesù benedetto mi ha fatto capire che la rassegnazione al Divin Volere è olio, che mentre unge e mitiga le nostre pene, nel medesimo tempo è olio che unge e mitiga lo spasimo delle piaghe di Gesù. Onde, dopo essere stata per un buon pezzo di tempo a far questo uffizio al mio caro Gesù, è scomparso ed io son ritornata in me stessa.
24 Aprile 1900
L'Eucaristia ed il patire.
Questa mattina, avendo fatto la comunione, mi pareva che il confessore mettesse l'intenzione di farmi soffrire la crocifissione ed all'istante ho visto l'angelo custode che mi distendeva sulla croce per farmela soffrire. Dopo ciò ho visto il mio dolce Gesù che mi compativa tutta e mi ha detto: "Il tuo refrigerio sono Io, il mio refrigerio è il tuo patire." E mostrava un contento indicibile del mio patire e del confessore che con la ubbidienza che mi aveva dato di soffrire, gli aveva procurato quel sollievo, poi ha soggiunto: Siccome il sacramento dell'Eucaristia è frutto della croce, perciò mi sento più disposto a concederti il patire quando ricevi il mio corpo, perché vedendo te patire, mi pare che non misticamente, ma realmente continuo in te la mia passione a pro delle anime e questo è per Me un grande sollievo, perché raccolgo il vero frutto della mia croce e dell'Eucaristia." Dopo ciò ha detto: "Finora è stata l'ubbidienza che ti ha fatto soffrire, vuoi tu che mi diverta Io un poco col rinnovarti di nuovo la crocifissione di propria mia mano?" Ed io sebbene mi sentissi molto sofferente ed ancor freschi i dolori della croce rinnovatemi, ho detto: "Signore, sono nelle tue mani, fa’ di me ciò che vuoi." Allora Gesù tutto contento ha incominciato a conficcarmi di nuovo i chiodi nelle mani e nei piedi; vi sentivo tale intensità di dolore, che non so io stessa come son rimasta viva, ma ero contenta perché contentavo Gesù. Onde dopo che mi ha ribattuto i chiodi, mettendosi vicino a me ha incominciato a dire: "Quanto sei bella! Ma quanto più cresce la tua bellezza nel tuo patire! Oh! come mi sei cara! I miei occhi restano feriti nel guardarti, perché scorgono in te la mia stessa immagine." E diceva tante altre cose, che sarebbe inutile dire, prima perché son cattiva; secondo perché non vedendomi quale il Signore mi dice, mi sento una confusione ed un rossore nel dire queste cose, onde, spero che il Signore mi faccia veramente buona e bella ed allora, scemando il mio rossore, potrò descriverle, perciò faccio punto.
25 Aprile 1900
La purità nell'operare è luce.
Trovandomi fuori di me stessa e non trovando il mio dolce Gesù, ho dovuto girare molto per andare in cerca di Lui. Alla fine l'ho trovato in braccio alla Regina Mamma che succhiava il latte dalle sue mammelle, per quanto gli dicevo e facevo, pareva che non si occupasse [FMA5] di me, anzi neppur mi guardava. Chi può dire la pena del mio povero cuore, nel vedere che Gesù non si curava di me? Onde dopo aver rotto il freno alle lacrime, avendo di me compassione, è venuto fra le mie braccia ed ha versato nella mia bocca un poco di quel latte che aveva succhiato della Mamma Regina. Dopo ciò ho guardato nel suo petto e aveva una piccola perla, tanto risplendente che investiva l'umanità santissima di Nostro Signore di luce. Onde, volendo sapere il significato, ho domandato a Gesù che cosa fosse quella perla, che mentre pare così piccola spande tanta luce. E Gesù: "La purità del tuo patire, che mentre è piccolo, ma siccome soffri per solo amor mio e saresti pronta a soffrire altro se Io te lo concedessi ecco la causa di tanta luce. Figlia mia, la purità nell'operare è tanto grande, che chi opera per il solo fine di piacere a Me solo, non fa altro che mandare luce in tutto il suo operare. Chi non opera rettamente, anche il bene non fa altro che spandere tenebre." Quindi ho visto nel petto di Nostro Signore e aveva uno specchio tersissimo e pareva che chi camminava rettamente restava tutto assorbito in quello specchio, chi no, ne restava fuori, senza che potesse ricevere alcuna impronta dell'immagine del benedetto Gesù. Ah! Signore, tienimi tutta assorbita in questo specchio divino, acciò nessun altra ombra d'intenzione io abbia nel mio operare.
1 Maggio 1900
Frutti della croce.
Avendo fatto la comunione, il mio dolce Gesù si è fatto vedere tutto affabilità e siccome mi pareva che il confessore mettesse l'intenzione della crocifissione, la mia natura sentiva quasi una ripugnanza a sottomettersi. Il mio dolce Gesù, per rincorarmi, mi ha detto: "Figlia mia, se l'Eucaristia è caparra della futura gloria, la croce è sborso come comperarla. Se l'Eucaristia è seme che impedisce la corruzione ed è come quelle erbe aromatiche, con cui si ungono i cadaveri affinché non restino corrotti e dona l'immortalità all'anima ed al corpo, la croce l'abbellisce ed è tanto potente, che se c'è contrazione di debiti essa se ne fa mallevadrice [FMA6] e con maggior sicurezza si fa restituire la scrittura del debito contratto e dopo che ha soddisfatto ogni debito, forma all'anima il trono più sfolgorante nella futura gloria. Ah! sì, la croce e l'Eucaristia si avvicendano insieme ed una opera più potentemente dell'altra." Poi ha soggiunto: "La croce è il mio letto fiorito, non perché non soffrissi atroci spasimi, ma perché per mezzo della croce partorivo tante anime alla grazia, vedevo spuntare tanti bei fiori che producevano tanti frutti celesti, quindi vedendo tanto bene, tenevo a mia delizia quel letto di dolore e mi dilettavo della croce e del patire. Anche tu, figlia mia, prendi come delizie le pene e dilettati di stare crocifissa nella mia croce. No, no, non voglio che tema il patire, quasi volessi operare da infingarda[FMA7] , su, coraggio, opera da valorosa ed esponiti da sola al patire." Mentre così diceva, vedevo il mio buon angelo che era pronto per crocifiggermi ed io da me stessa ho disteso le braccia e l'angelo mi ha crocifisso. Oh! come godeva il buon Gesù per il mio patire e quanto ero contenta io, dal fatto che un'anima così miserabile poteva dar gusto a Gesù! Mi pareva che fosse un grande onore per me il patire per amor suo.
3 Maggio 1900
Festa alla croce nel Cielo.
Questa mattina mi son trovata fuori di me stessa e ho visto tutto il cielo cosparso di croci, alcune piccole, altre grandi, altre medie. Quelle più grandi, davano più splendore. Era un incanto dolcissimo vedere tante croci più risplendenti del sole che abbellivano il firmamento. Dopo ciò, parve che si aprisse il Cielo e si vedesse e sentisse la festa che veniva fatta dai beati alla croce. Chi più aveva sofferto era più festeggiato in questo giorno. Si distinguevano in modo speciale i martiri, chi aveva sofferto di nascosto. Oh! come si stimava la croce e chi più aveva sofferto, in quel beato soggiorno! Mentre ciò vedevo, per tutto l'empireo ha risuonato una voce che diceva: "Se il Signore non mandasse le croci sopra la terra, sarebbe come quel padre che non ha amore per i propri figli e invece di volerli vedere onorati e ricchi, li vuol vedere poveri e disonorati." Il resto che vidi di questa festa, non ho parole per esprimerlo, lo sento in me, ma non so metterlo fuori, perciò faccio silenzio.
9 Maggio 1900
Luisa vede il mistero della Santissima Trinità nella forma di tre soli.
Dopo aver passato giorni di privazione, non solo, ma di turbamento ancora, questa mattina, trovandomi più turbata sul misero mio stato, l'adorabile Gesù, nel venire, mi ha detto: "Tu, con lo stare inquieta, hai turbato il mio dolce riposo. Ah! sì, non mi fai più riposare." Chi può dire quanto son rimasta mortificata nel sentire d'aver tolto il riposo a Gesù Cristo? Con tutto ciò, per qualche ora mi son quietata, ma dopo mi son trovata più inquieta di prima, tanto che io stessa non so questa volta dove andrò a finire. Dopo quelle due parole che ha detto Gesù, mi son trovata fuori di me stessa e, guardando nella volta dei cieli, ho intravisto tre soli: Uno pareva che si posasse all'oriente, l'altro all'occidente, il terzo a mezzogiorno. Era tanto lo splendore dei raggi che tramandavano, che si univano gli uni con gli altri, in modo che ne formavano uno solo. Mi pareva di vedere il mistero della Santissima Trinità e l'uomo formato con le tre potenze ad immagine di Essa. Comprendevo pure che chi stava in quella luce, rimaneva trasformata: la volontà nel Padre, l'intelletto nel Figlio, la memoria nello Spirito Santo. Quante cose comprendevo! Ma non so manifestarle.
13 Maggio 1900
Privazione di Gesù.
Continua lo stesso stato e forse anche peggio, sebbene faccia quanto posso per stare quieta senza turbarmi, perché così vuole l'ubbidienza, ma con tutto ciò non smetto di sentire il peso dell'abbandono che mi preme e giunge fino a schiacciarmi. Oh! Dio, che stato è codesto? Dimmi almeno dove Ti ho offeso? Quale ne è la causa? Ah! Signore, se vuoi continuare in questo modo, credo che non potrò aver più resistenza! Onde, per poco tempo si è fatto vedere, mettendomi una mano sotto il mento in atto di compatirmi, mi ha detto: "Povera figlia, come ti sei ridotta!" E facendomi parte delle sue pene, come lampo è scomparso, lasciandomi più afflitta di prima, come se non fosse venuto; anzi, mi sento come se non fosse venuto da tanto tempo e vi provo tale afflizione, che vivo ed il mio vivere è un continuo agonizzare. Ah! Signore, porgimi aiuto e non mi lasciare in abbandono, sebbene lo meriti.
17 Maggio 1900
Potenza delle anime vittime.
Continua lo stesso stato di privazione e di abbandono. Onde, trovandomi fuori di me stessa vedevo un'inondazione d'acqua mista a grandine e pareva che varie città ne restassero inondate con notabile danno. Mentre vedevo ciò, mi trovavo in grande costernazione perché volevo impedire quell'inondazione, ma siccome mi trovavo sola, molto più che non avevo meco Gesù, quindi sentivo deboli le mie povere braccia per poter ciò fare. Onde, con mia sorpresa, ho veduto venire (mi pareva che fosse dall'America) una vergine e lei da un punto ed io dall'altro, siamo riuscite ad impedire in gran parte il flagello che ci minacciava. Dopo ciò, essendoci riunite, scorgevo quella vergine con le insegne della passione e coronata di spine, così come me ed una persona che mi pareva angelo, diceva: "Oh! potenza delle anime vittime! Ciò che non è dato di fare a noi angeli, possono far loro con le loro sofferenze. Oh! se gli uomini sapessero il bene che viene da loro, perché stanno per il bene pubblico e particolare, non farebbero altro che implorare da Dio che moltiplicasse queste anime sulla terra." Dopo ciò, avendoci detto che ci raccomandassimo a vicenda al Signore, ci siamo separate.
18 Maggio 1900
Riempire l'interno di Dio.
Trovandomi ancor priva dell'adorabile mio Gesù, al più qualche ombra, oh! quanto mi è amaro, quante lacrime mi conviene versare! Questa mattina, dopo aver molto aspettato e ricercato, l'ho trovato nel mio stesso letto, tutto afflitto, con la corona di spine che gli trafiggeva la testa; gliel'ho tolta pian piano e l'ho messa sulla mia. Oh! quanto mi vedevo cattiva innanzi alla sua presenza! Non avevo forza di dire una sola parola. Gesù, avendo di me compassione, mi ha detto: "Fatti cuore, non temere, cerca di riempire il tuo interno di Me e di impinguarlo [FMA8] di tutte le virtù, fino a traboccarne e quando giungerai a farne il trabocco, allora ti porterò nel Cielo e finiranno tutte le tue privazioni." Dopo ciò, ha soggiunto prendendo un'aria afflitta: "Figlia mia, prega, perché stanno preparati tre distinti giorni, uno lontano dall'altro, di tempeste, grandine, fulmini, inondazioni, che faranno gran danno agli uomini ed alle piante." Detto ciò, è scomparso, lasciandomi un po' più sollevata nello stato in cui mi trovo, ma con un pensiero: Chi sa, quando farò questo trabocco? E se non lo faccio mai, mi converrà forse starmene sempre lontana da Lui?
20 Maggio 1900
Tutte le cose dal nulla hanno principio. Necessità del riposo e del silenzio interno.
Trovandomi fuori di me stessa, mi pareva che fosse notte e vedevo tutto l'universo, tutto l'ordine della natura, il cielo stellato, il silenzio notturno, insomma, mi pareva che tutto avesse un significato. Mentre ciò vedevo, mi pareva di vedere Nostro Signore, che prendendo la parola su ciò che vedevo, ha detto: "Tutta la natura invita ad un riposo, ma qual è il vero riposo? E' il riposo interno ed il silenzio di tutto ciò che non è Dio. Vedi, le stelle scintillanti di luce temperata, non abbagliante come il sole; il sonno ed il silenzio di tutta la natura, degli uomini e fin degli animali, che tutti cercano un luogo, una tana dove starsene in silenzio e riposarsi della stanchezza della vita. Se ciò è necessario per il corpo, molto più per l'anima è necessario riposarsi nel suo proprio centro che è Dio. Ma per potersi riposare in Dio è necessario il silenzio interno, come al corpo è necessario il silenzio esteriore per potersi placidamente addormentare. Ma, qual è questo silenzio interiore? E' di far zittire le proprie passioni col tenerle a posto, d'imporre silenzio ai desideri, alle inclinazioni, agli affetti, insomma, a tutto ciò che non chiama Dio. Or, qual è il mezzo per giungere a ciò? L'unico mezzo ed assolutamente necessario, è di disfare il proprio essere e ridursi al nulla, come era prima che fosse creato e quando avrà ridotto al nulla il suo essere, riprenderlo in Dio. Figlia mia, tutte le cose hanno principio dal nulla, questa stessa macchina dell'universo che tu rimiri con tanto ordine, se prima di crearla fosse stata piena d'altre cose, non avrei potuto mettere la mia mano creatrice per farla con tanta maestria e renderla tanto splendida ed ornata, al più avrei potuto disfare tutto ciò che ci poteva essere e poi rifarla come a Me piaceva; ma siamo sempre lì, tutte le mie opere hanno principio dal nulla e quando c'è mescolanza di altre cose, non è decoro della mia maestà scendere ed operare nell'anima, ma quando l'anima si riduce al nulla, sale a Me e prende il suo essere nel mio, allora Io opero da quel Dio che sono e l'anima trova il vero riposo. Eccoti che tutte le virtù, hanno principio dall'umiltà e dall'annientamento di se stesso." Chi può dire quanto comprendevo su ciò che mi diceva il benedetto Gesù? Oh! come felice sarebbe l'anima mia se potessi giungere a disfare il mio povero essere, per poter ricevere dal mio Dio il suo Essere Divino! Oh! come mi nobiliterei, come resterei santificata! Ma quale sciocchezza è la mia, dove ho il cervello, se ancor non lo faccio? Che miseria umana, invece di cercare il suo vero bene e di prendere il suo volo in alto, si contenta di arrampicarsi per terra e di vivere nel fango e nel marciume! Dopo ciò il mio diletto Gesù mi trasportò dentro un giardino, dove c'era molta gente che si preparava ad assistere ad una festa, ma solo quelli che ricevevano una divisa vi potevano assistere e pochi erano quelli che ricevevano questa divisa; a me venne una gran voglia di riceverla e tanto ho fatto che ho ottenuto l'intento. Onde, giunta al punto dove si riceveva, una matrona veneranda, prima mi ha vestita di bianco, poi mi ha messo una tracolla celeste, in cui pendeva una medaglia improntata del volto di Gesù che mentre era volto era insieme specchio e rimirandolo si scorgevano le più piccole macchie, che l'anima, col aiuto d'una luce che veniva da dentro quel volto, facilmente si poteva togliere. Mi pareva che quella medaglia racchiudesse un senso misterioso. Dopo ha preso un manto d'oro finissimo e mi ha coperto tutta. Mi pareva che, così vestita, potessi gareggiare con le vergini comprensori. Mentre ciò succedeva, Gesù mi ha detto: "Figlia mia, ritorniamo a vedere ciò che fanno gli uomini, basta che sei vestita, quando sarà la festa allora ti porterò ad assistere." Così, dopo aver girato un poco, mi ha trasportata nel mio letto.
21 Maggio 1900
Lo stato più sublime è il disfare il nostro volere nel Volere di Dio e vivere della sua Volontà.
Questa mattina il mio adorabile Gesù non veniva; onde dopo molto aspettare è venuto e, carezzandomi, mi ha detto: "Figlia mia, sai tu qual è la mia mira su di te? E lo stato che voglio da te?" E soffermandosi un poco ha soggiunto: "La mira che ho su di te non è di cose prodigiose e di tante cose che potrei operare su di te per mostrare l'opera mia, ma la mia mira è di assorbirti nella mia Volontà e farne una sola e di lasciare di te un esemplare perfetto di uniformità del tuo con il mio Volere. Ma ciò è lo stato più sublime, è il prodigio più grande, è il miracolo dei miracoli che di te intendo fare. Figlia mia, per giungere perfettamente a fare uno il nostro Volere, l'anima deve rendersi invisibile, deve imitare Me, che mentre riempio il mondo col tenerlo assorbito in Me e col non restare assorbito in esso, mi rendo invisibile, tanto che da nessuno mi lascio vedere. Ciò significa che non c'è alcuna materia in Me, ma tutto è purissimo Spirito e se nella mia umanità assunta presi la materia, fu per rassomigliarmi in tutto all'uomo e dargli un esemplare perfettissimo di come spiritualizzare questa stessa materia. Onde l'anima deve tutto spiritualizzare e giungere a rendersi invisibile per poter formare facilmente la sua volontà una con la mia Volontà, perché ciò che è invisibile può essere assorbito in un altro oggetto. Di due oggetti, di cui si vuol formare uno solo, è necessario che uno perda la propria forma, altrimenti mai si giungerebbe a formare un solo essere. Quale fortuna sarebbe la tua se distruggendo te stessa, fino a renderti invisibile, potessi ricevere una forma tutta divina! Anzi, tu col restare assorbita in Me ed Io in te, formando un solo essere, verresti a ritenere in te la fonte divina e siccome la mia Volontà contiene ogni bene che possa mai esserci, verresti a ritenere tutti i beni, tutti i doni, tutte le grazie e non avresti a cercarli altrove ma in te stessa. Sembra che le virtù non abbiano confini, ma quando la creatura entra nella mia Volontà secondo la sua capacità, trova il termine delle virtù, perché la mia Volontà fa acquistare virtù più eroiche e più sublimi oltre le quali la creatura non può andare. E' tanta l'altezza della perfezione dell'anima disfatta nel mio Volere, che giunge ad operare come Dio e questo non fa meraviglia, perché siccome non vive più la sua volontà in essa, ma la Volontà di Dio medesimo, cessa ogni stupore se vivendo con questa Volontà possiede la potenza, la sapienza, la santità e tutte le altre virtù che contiene lo stesso Dio. Basta dirti, per fare che tu t'innamori e cooperi quanto puoi da parte tua per giungere a tanto, che l'anima che giunge a vivere del solo mio Volere è regina di tutte le regine ed il suo trono è tanto alto, che giunge fino al trono dell'Eterno, entra nei segreti dell'Augustissima Triade e partecipa all'amore reciproco del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Oh! come tutti gli angeli e santi la onorano, gli uomini l'ammirano e i demoni la temono, scorgendo in lei l'Essere Divino!" "Ah! Signore, quando mi farai giungere a questo, perché da me niente posso?" Or, chi può dire ciò che il Signore infondeva in me con luce intellettuale su questa uniformità di voleri? E' tanta l'altezza dei concetti, che la mia lingua non bene dirozzata[FMA9] , non ha parole per esprimerli. Appena ho potuto dire questo poco, sebbene spropositando, di ciò che il Signore, con luce vivissima, mi fece comprendere.
24 Maggio 1900
Il volere di Luisa è uno con quello di Gesù.
Trovandomi molto afflitta per la privazione del mio adorabile Gesù, perché si è solo fatto vedere ad ombra ed a lampi, sento proprio che non posso più tirare innanzi se Lui vuole continuare più oltre! Onde, trovandomi nel sommo dell'afflizione, per un poco si è fatto vedere tutto stanco, come se avesse bisogno di un ristoro e buttando le sue braccia al mio collo mi ha detto: "Diletta mia, portami dei fiori e circondami tutto con essi, ché Mi sento languire d'amore. Figlia mia, l'odoroso profumo dei tuoi fiori mi sarà di ristoro e porrà un rimedio ai miei mali a causa dei quali languisco e vengo meno." Ed io subito ho soggiunto: "E Tu, diletto mio Gesù, dammi dei frutti, perché l'ozio ed lo scarso patire aumentano talmente il mio languire, che vengo meno, fino a sentirmi morire. Ed allora non solo fiori, ma potrò darti anche frutti, per poter maggiormente ristorare il tuo languire." E Gesù ha ripreso il suo dire e mi ha detto: "Oh! come ci combiniamo bene, non è vero? Pare che il tuo volere sia uno col Mio." Per un momento pare che sono rimasta sollevata, come se volesse cessare lo stato in cui mi trovavo, ma dopo poco mi son trovata immersa nello stesso letargo di prima, priva del mio Sommo Bene, abbandonata e sola.
27 Maggio 1900
L'amore di Dio e la grazia penetrano nelle più intime parti dell'uomo.
Questa mattina, sentendomi più che mai afflitta per la privazione del mio sommo bene, per poco tempo mi si è fatto vedere, mi ha detto: "Come un vento impetuoso investe le persone e penetra fin nelle viscere, in modo da scuotere tutta la persona, così il mio amore e la mia grazia impennandosi sulle ali dei venti, investe e penetra nel cuore, nella mente e nelle più intime parti dell'uomo. Con tutto ciò, l'uomo ingrato respinge la mia grazia e Mi offende. Quale non è il mio acerbo dolore!" Io però me ne stavo tutta confusa e annientata in me stessa e non ardivo dire una parola. Solo pensavo: "Com'è che non viene? Ed anche a venire non lo vedo chiaro, pare che ho perduto la chiarezza. Chi sa se vedrò svelato il suo bel Volto, come prima?" Mentre così pensavo, il mio benigno Gesù ha soggiunto: "Figlia mia, perché temi se il tuo stato è “in excelsis[FMA10] ” per l'unione dei nostri voleri?" E volendomi rincorare e compatire lo stato mio doloroso mi ha detto: "Tu sei il mio novello Giobbe. Non ti opprimere troppo [FMA11] se non mi vedi con chiarezza, te lo dissi fin dall'altro giorno, che non vengo secondo il solito, perché voglio castigare le genti e se tu mi vedessi con chiarezza, verresti a comprendere ciò che Io sto facendo ed il tuo cuore, siccome ha ricevuto l'innesto del mio, conosco Io quello che tu verresti a soffrire, come sta soffrendo il mio cuore perché mi vedo costretto a castigare le mie creature. Onde per risparmiarti queste pene non mi faccio vedere con chiarezza." Chi può dire le trafitture che ha lasciato al mio povero cuore! Ah! Signore, dammi la forza a sostenere il dolore!
29 Maggio 1900
Minaccia di castighi
Continuando a stare nello stesso stato, mi sentivo tutta oppressa e avevo tutta la necessità d'un sostegno per poter sopportare la privazione del mio somme Bene. Il benedetto Gesù, avendo di me compassione, per qualche minuto ha mostrato il suo Volto da dentro il mio cuore, ma non con chiarezza e, facendomi sentire la sua soavissima voce, mi ha detto: "Coraggio, figlia mia, un altro poco, lasciami finire di castigare e dopo verrò come prima." Mentre così diceva, nella mia mente dicevo: "Quali sono i castighi che hai incominciato a mandare?" E lui ha soggiunto: "La pioggia continuata è più che grandine, che sta facendo e porterà delle tristi conseguenze sopra le genti." Detto ciò, è scomparso ed io mi son trovata fuori di me stessa, dentro un giardino e da lì dentro si vedevano i raccolti e le vigne disseccati e dentro di me andavo dicendo: "Povere genti, povere genti, come faranno?" Mentre così dicevo, dentro a quel giardino vi era un ragazzino che piangeva e gridava tanto forte, che assordava Cielo e terra, ma nessuno aveva di lui compassione, sebbene lo sentissero tutti che piangeva così tanto, non si sentissero di lui e lo lasciavano abbandonato e solo. Un pensiero mi è balenato: "Chi sa che non sia Gesù?" Ma non ne sono rimasta certa. Onde, avvicinandomi a Lui, ho detto: "Che hai che piangi, bambino caro? Vuoi venire insieme con me, giacché tutti ti hanno lasciato in preda alle lacrime ed al dolore, che tanto t'opprime che ti fa gridare così forte?" Macché! Chi poteva quietarlo? Appena con singulti ha risposto di sì, che se ne voleva venire. Onde l'ho preso per mano per condurlo insieme con me e, nell'atto stesso di fare ciò, mi son trovata in me stessa.
3 Giugno 1900
La mancanza di stima per gli altri, è mancanza di vera umiltà.
Trovandomi nello stesso stato, questa mattina, per qualche poco ho visto il mio adorabile Gesù che se ne stava dentro il mio cuore, che dormiva ed il suo sonno attirava l'anima mia ad assonnarmi insieme con Lui, tanto che mi sentivo tutte le interiori potenze addormentate, senza più agire. A volte mi sforzavo di uscire da quel sonno, ma non potevo, quando per poco si è destato il benedetto Gesù e ha mandato tre volte il suo alito dentro di me e mi pareva che Lui restasse tutto assorbito in me. Dopo mi pareva che Gesù attirasse un'altra volta dentro di Sé quei tre aliti che mi aveva mandato ed io mi son trovata tutta trasformata in Lui. Chi può dire ciò che succedeva in me per questi soffi divini? Non ho parole ad esprimere quell'unione inseparabile tra me e Gesù! Dopo ciò pare che mi son potuta destare e Gesù, rompendo il silenzio, mi ha detto: "Figlia mia, ho guardato e riguardato, ho cercato e ricercato, scorrendo per tutta la terra, ma in te ho fissato i miei sguardi e ho trovato le mie compiacenze e ti ho eletta tra mille." Poi, volgendosi a certe persone che vedevo, le ha riprese col dir loro: "La mancanza di stima delle persone altrui, è mancanza di vera umiltà cristiana e di dolcezza, perché uno spirito umile e dolce sa rispettare tutti ed interpreta sempre a bene i fatti altrui." Detto ciò è scomparso, senza dirgli neppure una parola. Sia sempre benedetto che così vuole e tutto sia per sua gloria.
6 Giugno 1900
Luisa crocifissa, risparmia alcuni castighi su Corato.
Siccome continuava il mio adorabile Gesù a non farsi vedere con chiarezza, questa mattina, avendo fatto la comunione, il confessore ha messo l'intenzione della crocifissione; mentre mi trovavo in quelle sofferenze, il benedetto Gesù, quasi tirato dalle mie pene, si è mostrato con chiarezza. Oh! Dio, chi può dire le sofferenze che soffriva Gesù e lo stato violento in cui si trovava, perché mentre era costretto a mandare i castighi, faceva tale violenza, ché non voleva mandarli! Faceva tale compassione nel vederlo in questo stato, che se gli uomini lo avessero potuto vedere, ancorché i loro cuori fossero di diamante, si spezzerebbero per tenerezza come fragile vetro. Onde ho incominciato a pregarlo che si placasse e che si contentasse di far soffrire a me e risparmiasse il popolo. Poi ho soggiunto: "Signore, se non vuoi dare ascolto alle mie preghiere, conosco che lo merito. Se non vuoi avere compassione dei popoli, hai ragione, perché grandi sono le nostre iniquità, ma Ti chiedo in grazia di avere compassione di Te stesso, abbi pietà della violenza che Ti fai nel punire le tue immagini. Ah! sì, Te lo chiedo per amor di Te stesso, che non mandi castighi, fino al punto di togliere il pane ai tuoi figli e farli perire. Ah, no! non è della natura del tuo cuore operare in questo modo ecco perciò la violenza che provi, che se avesse potere Ti darebbe la morte." E Lui, tutto afflitto, mi ha detto: "Figlia mia, è la giustizia che mi fa violenza e l'amore che ho verso gli uomini mi usa violenza più forte, da mettere il mio cuore in angosce di morte nel punire le creature." Ed io: "Perciò Signore, scarica sopra di me la giustizia ed il tuo amore non sarà più straziato dalla giustizia e non si troverà in contrasto di castigare le genti. Come faranno se Tu agisci come mi fai comprendere cioè di disseccare tutto ciò che serve all'alimento dell'uomo? Deh! Ti prego, lascia soffrire me e risparmia loro, se non in tutto almeno in parte." E Gesù, come se si vedesse costretto dalle mie preghiere, si è avvicinato alla mia bocca ed ha versato dalla sua un poco d'amarezza, densa e stomachevole, che appena trangugiata mi ha prodotto tali e tante specie di pene che mi sentivo morire. Allora il benedetto Gesù, sostenendomi in quelle pene, altrimenti sarei rimasta vittima (eppure non era stato altro che un poco che aveva versato, che sarà del suo cuore adorabile, che tanto ne conteneva?), ha mandato un sospiro come se si fosse sollevato da un peso e mi ha detto: "Figlia mia, la mia giustizia aveva deciso di distruggere tutto, ma ora, sgravandosi un poco sopra di te, per amor tuo, concede un terzo di ciò che serve all'alimento dell'uomo." Ed io: "Ah! Signore, è troppo poco, almeno metà!" E Lui: "No, figlia mia, contentati." Ed io: "No, Signore, almeno se non vuoi contentarmi per tutti, contentami per Corato e per quelli che mi appartengono." E Gesù: "Oggi sta preparata una grandine che deve fare gran danno. Tu stai coi dolori della croce; esci fuori di te stessa ed in forma di crocifissa va nell'aria e metti in fuga i demoni da Corato, che alla forma crocifissa non potranno resistere e andranno altrove." Così sono uscita fuori di mi stessa, crocifissa ed ho visto la grandine e i fulmini che stavano per scoppiare sopra Corato. Chi può dire lo spavento dei demoni, come se la davano a gambe alla vista della mia forma crocifissa, come si morsicavano le dita per rabbia e giungevano a prenderla contro il confessore, che questa mattina mi aveva dato l'ubbidienza di soffrire la crocifissione, giacché con me non se la potevano prendere, anzi erano costretti a fuggire da me per il segno della redenzione che vi scorgevano. Onde, dopo averli messi in fuga, sono ritornata in me stessa, trovandomi con una buona dose di patimenti. Sia tutto per la gloria di Dio.
7 Giugno 1900
Gesù le consegna le chiavi della giustizia ed una luce per svelarla.
Siccome mi trovavo in qualche modo sofferente, mi pareva che quelle sofferenze fossero una dolce catena che tiravano al mio buono Gesù a farlo venire quasi continuo e mi pareva che quelle pene chiamassero Gesù a far versare in me altre amarezze. Onde, nel venire, or mi sosteneva nelle sue braccia per darmi forza ed ora versava di nuovo. Io però di tanto in tanto gli dicevo: "Signore, adesso sento in me parte delle tue pene, Ti prego di contentarmi, come Ti dissi ieri di darmi almeno la metà di ciò che serve ad alimento dell'uomo." E Lui: "Figlia mia, per contentarti ti consegno le chiavi della giustizia e la conoscenza di quanto è necessario assolutamente punire l'uomo e con ciò farai quello che ti piace, non ne sei tu contenta?" Nel sentire dirmi ciò, mi consolai e dicevo nel mio interno: "Se starà a me, non castigherò affatto nessuno." Ma quanto restai disingannata quando il benedetto Gesù mi diede una chiave e mi mise in mezzo ad una luce, che guardando attraverso quella luce scorgevo tutti gli attributi di Dio, come pure quello della giustizia. Oh! come è tutto ordinato in Dio! E se la giustizia punisce, è ordine; e se non punisse, non starebbe in ordine cogli altri attributi. Onde mi vedevo misero verme in mezzo a quella luce, che se volessi impedire il corso alla giustizia, guasterei l'ordine ed andrei contro gli uomini stessi, perché comprendevo che la stessa giustizia è amore purissimo verso di loro. Onde mi son trovata tutta confusa e imbarazzata, perciò per sbarazzarmi, ho detto a Nostro Signore: "Con questa luce di cui mi hai circondato, capisco le cose diversamente e se lasciassi fare a me, farei peggio che Te, perciò non accetto questa conoscenza e rinunzio alle chiavi della giustizia; quello che accetto e voglio è che faccia soffrire me e che risparmi le genti; del resto non voglio saperne niente." E Gesù, sorridendo al mio dire, mi ha detto: "Come vuoi subito sbarazzarti, non volendo conoscere alcuna ragione e, volendomi fare più forte violenza, te ne vuoi uscire con due parole: Lascia soffrire me e risparmia loro!" Ed io: "Signore, non è che non voglio sapere ragione, ma è perché non è uffizio mio, ma tuo. Il mio uffizio è quello d'essere vittima, perciò Tu fai il tuo uffizio ed io faccio il mio, non è vero mio caro Gesù?" E Lui, mostrando come un'approvazione, è scomparso.
10 Giugno 1900
Ufficio di vittima. Castighi.
Mi pare che il mio adorabile Gesù continui a dimezzare la giustizia col versare un poco su di me ed il resto sopra le genti. Questa mattina specialmente, quando mi son trovata con Gesù, mi si straziava l'anima nel vedere la tortura del suo dolcissimo cuore nel castigare le creature. Era tanto lo stato sofferente in cui si trovava Gesù, che non faceva altro che mandare continui gemiti, aveva in testa una folta corona di spine, tutta incarnata, che la testa sembrava un pezzo ammasso di spine. Onde, per sollevarlo un poco, gli ho detto: "Dimmi mio Bene, che hai che sei tanto sofferente? Permettimi che Ti tolga queste spine che Ti tormentano non poco!" Ma Gesù non mi rispondeva, anzi neppure ascoltava ciò che io dicevo. Quindi, mi son messa a togliere quelle spine ad una ad una e dopo le ho messo sulla mia testa. Or, mentre ciò facevo, ho visto che in parti lontane ci sarebbe stato un terremoto, che avrebbe fatto strage di gente. Dopo Gesù è scomparso ed io sono ritornata in me stessa, ma con somma mia afflizione nel pensare allo stato sofferente di Gesù ed alle sciagure della misera umanità.
12 Giugno 1900
L'ubbidienza fa chiedere a Gesù che la faccia soffrire per impedire i castighi.
Questa mattina, nel venire il mio amabile Gesù ho incominciato a dire: "Signore, che fai? Pare che Ti inoltri troppo con la giustizia." E mentre volevo continuare a dire per scusare le miserie umane, Gesù mi ha imposto silenzio col dirmi: "Taci, se vuoi che mi trattenga con te, vieni a baciare ed a salutare con le tue solite adorazioni tutte le mie membra sofferenti." Così ho incominciato dalla testa e poi man mano per le altre membra. Oh! quante piaghe profonde conteneva quel corpo sacrosanto, che al solo guardarle metteva raccapriccio. Onde, non appena finito, è scomparso, lasciandomi con scarsissimo patire e con un timore: “chi sa come verserà sopra le genti, visto che non si è benignato di versare sopra di me le sue amarezze! Dopo poco è venuto il confessore e gli ho detto ciò che io ho detto di sopra e lui mi ha detto che: "Oggi, per ubbidienza assoluta, quando fai la meditazione devi pregarlo che ti faccia soffrire la crocifissione e che cessi di mandare i flagelli." Così, quando ho fatto la meditazione, l'ho pregato secondo l'ubbidienza ricevuta per poco tempo si faceva vedere, ma senza darmi retta, anzi, or si faceva vedere che volgeva le spalle alle genti, or che dormiva per non essere da me importunato. E che so io, mi sentivo crepare ché non si curava di farmi fare l'ubbidienza, onde ho preso coraggio e mettendo tutta la fiducia nella santa ubbidienza, l'ho preso per un braccio e smuovendolo per risvegliarlo gli ho detto: "Signore, che fai? Questo è l'amore che porti alla tua virtù tanto prediletta dell'ubbidienza? Questi sono gli elogi che tante volte le hai dato? Questi sono gli onori che le hai prodigato, fino a dire che Ti senti scosso e non puoi resistere alla virtù dell'ubbidienza e Ti senti soggiogare dall'anima che si dona a questa virtù, che adesso pare che non Ti curi di farmi ubbidire?" Mentre ciò dicevo e altre cose, che andrei troppo per le lunghe se volessi scriverle, il benedetto Gesù si è scosso e come colpito da vivissimo dolore, ha dato in dirottissimo pianto e, singhiozzando, ha detto: "Anch'Io non voglio mandare flagelli, ma è la giustizia che mi costringe quasi per forza, ma tu con questo parlare vuoi pungermi al vivo e toccarmi un tasto troppo per Me delicato e da Me molto amato, tanto che non volli altro onore né altro titolo che quello di ubbidiente. Ed ecco, per farti vedere che non è che non mi curo di farti ubbidire, nonostante la giustizia mi costringa a non farlo, ti partecipo in parte i dolori della croce." Mentre ciò faceva, è scomparso, lasciandomi contenta perché mi ha fatto ubbidire e con un dispiacere nell'anima, come se fossi stata causa di far piangere il Signore col mio parlare. Ah! Signore, Ti prego a perdonarmi.
14 Giugno 1900
Effetti della croce.
Trovandomi non poco sofferente, il mio adorabile Gesù, nel venire, tutta mi compativa e mi ha detto: "Figlia mia, che hai che soffri tanto? Lasciami sollevarti un poco." E (ma Gesù era più sofferente di me.) così mi ha dato un bacio e siccome era crocifisso, mi ha tirato fuori di me stessa ed ha messo le mie mani nelle sue, i miei piedi nei suoi, la mia testa poggiata sulla sua e la sua sopra la mia. Come ero contenta nel trovarmi in questa posizione! Sebbene i chiodi e le spine di Gesù mi dessero dolori erano dolori che mi davano gioia, perché sofferti per l'amato mio Bene, anzi avrei voluto che più crescessero. Anche Gesù pareva contento di me, che mi teneva in quel modo attirata a Sé. Mi pareva che Gesù ristorasse me ed io fossi di ristoro a Lui. Onde, in questa posizione, siamo andati fuori e avendo trovato il confessore, subito ho pregato per i bisogni di lui ed ho detto al Signore che si benignasse di far sentire al confessore quanto è dolce e soave la sua voce. Gesù, per contentarmi, si è rivolto a lui ed ha parlato della croce col dire: "La croce assorbe nell'anima la mia Divinità, la rassomiglia alla mia umanità e ricopia in se stessa le mie stesse opere." Dopo abbiamo continuato a girare un altro poco ed, oh! quante viste dolorose trafiggevano l'anima da parte a parte! Le gravi iniquità degli uomini, che neppure si abbassano a fronte della giustizia, anzi si scagliano con maggior furore, quasi che volessero rendere doppie le ferite e la grande miseria che loro stessi si stanno preparando. Onde, con nostro sommo rammarico, ci siamo ritirati; Gesù è scomparso ed io mi sono ritirata in me stessa.
17 Giugno 1900
Stare in Dio è star nella pace.
Siccome questa mattina il benedetto Gesù non veniva, nel mio interno mi sentivo suscitare qualche ombra di turbamento sul perché non veniva; onde, nel venire, mi ha detto: "Figlia mia, contenersi in Dio e non uscire dai confini della pace è tutto lo stesso. Sicché se tu avverti un poco di turbamento è segno che fai un poco di uscita da dentro Dio, perché contenersi in Lui e non aver perfetta pace è impossibile, molto più che i confini della pace sono interminabili, anzi tutto ciò che a Dio appartiene è tutto pace." Dopo ha soggiunto: "Non sai tu che le privazioni all'anima servono come l'inverno alle piante, che mette più profonde le radici, le fortifica e le fa rinverdire e fiorire al maggio?" Dopo ciò, mi ha trasportata fuori di me stessa ed avendogli raccomandato vari bisogni, è scomparso ed io mi son trovata in me stessa, con un desiderio di tenermi sempre dentro Dio, acciocché mi potessi trovare nei confini della pace.
18 Giugno 1900
Tutto il creato ci addita l'amore di Dio, il corpo piagato di Gesù, l'amore del prossimo.
Seguitando a non venire, ho cercato d'applicarmi a considerare il mistero della flagellazione. Mentre ciò facevo, per poco tempo ho visto il benedetto Gesù tutto piagato e grondante sangue mi ha detto: "Figlia mia, il cielo con tutto il creato, t'addita l'amor di Dio; il mio corpo piagato t'addita l'amor del prossimo, la mia umanità è tanto unita alla mia Divinità, che di due nature ne feci una sola e le resi inseparabili, perché non solo soddisfeci alla divina giustizia, ma operai la salvezza degli uomini. E per fare che tutti assumessero quest'obbligo d'amare Dio ed il prossimo, non solo ne feci un solo obbligo, ma giunsi a farne un precetto divino. Sicché le mie piaghe ed il mio sangue sono tante lingue che insegnano ad ognuno il modo d'amarsi e l'obbligo che tutti hanno di badare alla salvezza altrui." Dopo, prendendo un aspetto più afflitto, ha soggiunto: "Che tiranno spietato è per Me l'amore, che non solo impiegai tutto il corso della mia vita mortale in continui sacrifizi, fino a morire svenato sopra una croce, ma mi lasciai vittima perenne nel sacramento dell'Eucaristia. E questo non solo, ma tutte le mie membra predilette le tengo vittime viventi in continue sofferenze, impiegate per la salvezza degli uomini, come fra tanti ho eletto te, per tenerti sacrificata per amor mio e per gli uomini. Ah sì! il mio cuore non trova requie né riposo se non trova l'uomo. Ma l'uomo, l'uomo, come mi corrisponde? Con ingratitudini enormi!" Detto ciò è scomparso.
20 Giugno 1900
L'umiltà più perfetta produce nell'anima l'unione più intima con Dio.
Questa mattina, trovandomi fuori di me stessa e non trovando il mio sommo Bene, ho dovuto girare e rigirare in cerca di Lui; quando mi sono stancata fino a sentirmi venir meno, me lo son sentito dietro le spalle, che mi sorreggeva. Onde ho disteso la mano e l'ho tirato innanzi dicendogli: "Diletto mio, sai che non posso stare senza di te eppure mi fai tanto aspettare, fino a farmi venir meno. Dimmi almeno, qual è la causa? Dove ti ho offeso che mi sottoponi a strazi sì crudeli, a martiri sì dolorosi, quale è la tua privazione?" E Gesù, interrompendo il mio dire, mi ha detto: "Figlia mia, figlia mia, non accrescere più lo strazio al mio cuore esacerbato al sommo, trovandosi in continua lotta per le violenze che continuamente tutti mi fanno: Violenza mi fanno le iniquità degli uomini, che attirando su di loro la giustizia mi sforzano a castigarli e la giustizia cozzandosi in continua lotta con l'amore che ho verso gli uomini, mi strazia il cuore, in modo sì doloroso da farmi morire continuamente! Violenza mi fai tu, che venendo Io e conoscendo tu i castighi che sto facendo, non te ne stai quieta, no, ma mi sforzi, mi fai violenza e non vuoi che castighi e conoscendo Io che tu non puoi fare diversamente alla mia presenza, per non esporre il mio cuore ad una lotta più fiera, mi astengo dal venire. Perciò, non volermi violentare a farmi venire per ora; lasciami sfogare il mio furore e non voler accrescere le mie pene col tuo parlare. Al resto, non voglio che ci pensi perché l'umiltà più perfetta, più sublime, è quella di perdere ogni ragione e di non discorrere sul perché e come, ma di disfarsi nel proprio nulla e mentre sta ciò facendo, senza avvedersi, si trova dispersa in Dio e con ciò produce nell'anima l'unione più intima, l'amore più perfetto verso il sommo Bene. Ma con sommo vantaggio dell'anima, perché perdendo la propria ragione, acquista la ragione divina e perdendo ogni discorso sul conto proprio, cioè, se freddo o caldo, se favorevoli o avverse le cose che le succedono, s'interesserà e acquisterà un linguaggio tutto celeste e divino. Oltre a ciò, l'umiltà produce nell'anima una veste di sicurezza, onde, involta in questa veste di sicurezza, l'anima se ne sta nella calma più profonda, tutta abbellendosi per piacere al suo diletto ed amato Gesù." Chi può dire quanto son rimasta sorpresa da questo suo parlare? Non ho avuto una parola per rispondergli. Onde dopo poco è scomparso ed io mi son trovata in me stessa, quieta, sì, ma al sommo afflitta, prima per le afflizioni e le lotte in cui si trovava il mio caro Gesù e poi per timore che non venisse. Chi potrà resistere? Come farò a sopportare me stessa per la sua assenza? Ah! Signore, dammi la forza per sopportare sì duro martirio, tanto insopportabile alla mia povera anima! Del resto, di’ quel che vuoi, che da me non lascerò nessun mezzo, tenterò tutte le vie, userò tutti gli stratagemmi per incitarti a venire.
24 Giugno 1900
La croce è l'alimento dell'umiltà.
Dopo aver passato qualche giorno di privazione, al più è venuto come l’ombra e a lampo, sentivo tutte le mie potenze addormentate, in modo che io stessa non capii ciò che succedeva nel mio interno. In questo assonnamento una sola pena si destava nel mio interno ed era che mi pareva mi fosse accaduto come a colui che mentre dorme perde la vista, ovvero viene spogliato di tutte le sue ricchezze, onde il misero non può né dolersi, né difendersi, né usare qualche mezzo per liberarsi dai suoi infortuni. Poveretto, in che stato compassionevole si trova! Ma qual è la causa? Il sonno, perché se fosse desto, certo si saprebbe ben difendere dalle sue sventure. Tale è il mio misero stato; non mi vien dato neppure di mandare un gemito, un sospiro, di versare una lacrima, perché ho perduto di vista colui che è tutto il mio amore, tutto il mio bene e che forma tutto il mio contento. Pare che per non farmi dolere della sua privazione, mi ha assonnato e mi ha lasciato. Ah! Signore, destami Tu, acciocché possa vedere le mie miserie e conoscere almeno di che sono priva. Ora, mentre mi trovavo in questo stato, da dentro il mio interno ho inteso il benedetto Gesù, che si lamentava continuamente. Quei lamenti hanno ferito il mio udito ed un po' destandomi ho detto: "Mio solo ed unico bene, dai tuoi lamenti avverto lo stato troppo sofferente in cui Ti trovi. Ciò avviene perché vuoi soffrire da solo e non vuoi farmi parte delle tue pene, anzi, per non avermi in tua compagnia mi hai assonnato e mi hai lasciato senza farmi capire più nulla. Capisco donde viene tutto ciò: per essere più libero nel castigare. Ma deh! abbi compassione di me, ché senza di Te sono cieca e per Te è sempre buono in tutte le circostanze avere uno che Ti faccia compagnia, che Ti sollevi e che in qualche modo spezzi il tuo furore. Perché per ora sei saldo e mandi flagelli, ma quando vedrai le tue immagini perire per la miseria, manderai più lamenti che ora e forse mi dirai: "Ah! se tu ti fossi più impegnata a placarmi, se avessi preso su di te le pene delle creature, non vedrei tanto straziate le mie stesse membra!" Non è vero mio pazientissimo Gesù? Deh! sollevati un poco e lasciami soffrire in vece tua!" Mentre ciò dicevo, Lui continuamente si lamentava, quasi in atto di voler essere compatito e sollevato, ma voleva quasi che gli fosse strappato per forza questo stesso sollievo, onde dietro le mie importunità, ha disteso nel mio interno le sue mani e piedi inchiodati e mi ha partecipato un poco le sue pene. Dopo ciò, dando un po' di tregua ai suoi lamenti, mi ha detto: "Figlia mia, sono i tristi tempi che a ciò mi costringono, perché gli uomini si sono tanto ingagliarditi ed insuperbiti, che ognuno crede di essere dio a se stesso e se Io non mettessi mano ai flagelli, farei un danno alle loro anime, perché la sola croce è l'alimento dell'umiltà. Onde, se ciò non facessi, verrei Io stesso a far mancare il mezzo per farli umiliare ed arrenderli dalla loro strana pazzia, sebbene la maggior parte più mi offende, ma Io faccio come un padre che spezza a tutti il pane come alimentarsi, anche se alcuni figli non lo vogliono prendere, anzi se ne servono per gettarlo in faccia al padre. Che colpa ne ha il povero padre? Tale sono Io. Perciò, compatiscimi nelle mie afflizioni." Detto ciò è scomparso, lasciandomi mezzo desta e mezzo addormentata, non sapendo io stessa né se devo perfettamente destarmi, né se devo un'altra volta assonnarmi.
27 Giugno 1900
L'anima deve riconoscersi in Gesù, non in se stessa
Continuo a stare assonnata. Questa mattina per pochi minuti mi son trovata desta e ho compreso il mio stato miserabile, ho sentito l'amarezza della privazione del mio sommo ed unico Bene; appena ho potuto versare due lacrime, dicendogli: "Mio sempre e buon Gesù, come non vieni? Queste non sono cose da farsi: ferire un'anima col visitarla e poi lasciarla! E per di più, per non farle conoscere quello che fai, la lasci in preda del sonno. Deh! vieni, non farmi tanto aspettare!" Mentre ciò dicevo ed altri spropositi ancora, in un istante è venuto e mi ha trasportato fuori di me stessa; e siccome volevo dirgli il mio povero stato, Gesù, imponendomi silenzio, mi ha detto: "Figlia mia, quello che voglio da te, è di non riconoscerti più in te stessa, ma di riconoscerti solamente in Me; sicché di te non ti ricorderai più, né avrai più riconoscimento di te, ma ti ricorderai di Me e disconoscendo te stessa acquisterai il mio solo riconoscimento ed a misura che oblierai e distruggerai te stessa, così avanzerai nella mia conoscenza e ti riconoscerai solamente in Me e quando avrai tu fatto ciò, non penserai più con la tua mente, ma con la mia; non guarderai coi tuoi occhi, non più parlerai con la tua bocca, né palpiterai col tuo cuore, né opererai con le tue mani, né camminerai coi tuoi piedi, ma tutto coi miei, perché per riconoscersi solamente in Dio, l'anima ha bisogno che vada alla sua origine e che ritorni al suo principio, Iddio, cioè, donde uscì e che uniformi tutta se stessa al suo Creatore; tutto ciò che ritiene di se stessa e che non è conforme al suo principio, lo deve disfare e ridurre al nulla. In questo sol modo, nuda, disfatta, può ritornare alla sua origine e riconoscersi solo in Dio ed operare secondo il fine per cui è stata creata. Ecco perciò, che per uniformarsi tutta in Me, l'anima deve rendersi indivisibile con Me." Mentre ciò diceva, io vedevo il castigo terribile delle piante disseccate e come più si deve inoltrare. Appena ho potuto dire: "Neh! Signore, come faranno le povere genti?" E Lui, per non darmi retta, come un lampo è sfuggito e scomparso. Chi può dire l'amarezza dell'anima mia nel ritrovarmi in me stessa, per non avergli potuto dire neppure una parola per me e per il mio prossimo a causa della tendenza al sonno, che di nuovo mi è venuta?
Giugno, 1900
I castighi presenti, non sono altro che predisposizione ai castighi futuri.
Questa mattina, trovandomi sommamente afflitta per la privazione del mio amante Gesù, per poco tempo l'ho visto e mi ha detto: "Figlia mia, quante maschere si toglieranno in questi tempi di castighi! Perché questi castighi presenti non sono altro che una predisposizione a tutti i castighi che ti manifestai nel corso dell'anno scorso." Mentre ciò diceva, io nel mio interno, dicevo: "Se il Signore continua a fare nel modo che sta facendo, cioè, che siccome vuol mandare castighi non viene, non mi partecipa le sue pene, mi tratta con modi insoliti, chi potrà resistere? Chi mi darà la forza a starmene in questo stato?" E Gesù, rispondendo al mio pensiero, ha soggiunto in atto di compatimento: "Ed allora, vuoi tu che sospenda per un poco lo stato di vittima e poi te lo faccia riprendere?" Mentre ciò diceva ho provato tale confusione ed amarezza, vedevo come se il Signore, con quella proposta, mi cacciasse da Sé, tanto che non ho saputo dire né sì, né no, oppure per sentire che cosa decide l'ubbidienza. Onde, senza aspettare il mio dire, è scomparso, lasciandomi come un chiodo fitto nel cuore, nel pensare che Gesù mi rigettava da Sé. Era tanto il dolore, che non ho fatto altro che versare lacrime amare.
29 Giugno 1900
Gesù e Luisa si ristorano a vicenda.
Continuando a stare amareggiata, il mio adorabile Gesù, avendo di me compassione è venuto e pareva che mi sostenesse tra le sue braccia. Poi, trasportandomi fuori di me stessa, vedevo che vi regnava un profondo silenzio, una mestizia, un lutto da per ogni dove. Era tanta l'impressione che faceva sull'animo nel vedere in quel modo le genti, che si provava una stretta di cuore. Allora il benedetto Gesù, tirandomi come in disparte, mi ha detto: "Figlia mia, allontaniamo per poco ciò che ci affligge e ristoriamoci a vicenda." Mentre ciò diceva, ha cominciato a carezzarmi e baciarmi, ma era tanta la confusione mia, che non ardivo rendergli i baci e le carezze e Lui ha soggiunto: "Come! Io ristoro te coi baci e con le carezze e tu non vuoi ristorare Me col rendermi i tuoi baci e le tue carezze?" Così mi son sentita fiducia di rendergli la pariglia; e mentre ciò facevo, è scomparso.
2 Luglio 1900
Coi suoi patimenti, Luisa evita un castigo.
Continuo a stare amareggiata ed afflitta, come una stupida. Questa mattina non è venuto affatto; è venuto il confessore ed ha messo l'intenzione della crocifissione. All’inizio il benedetto Gesù non concorreva, onde, dopo averlo pregato che si benignasse di farmi ubbidire, per poco tempo mi si è fatto vedere mi ha detto: "Che vuoi? Perché volermi fare violenza per forza una volta che è necessario castigare i popoli?" Ed io: "Signore, non sono io, è l'ubbidienza che così vuole." E Lui: "Ebbene, quando è l'ubbidienza ti voglio partecipare la mia crocifissione e frattanto voglio ristorarmi un poco." Mentre ciò diceva, mi ha partecipato i dolori della croce e mentre io soffrivo, Gesù si è messo vicino a me e pareva che si ristorasse alquanto. Ora, mentre mi trovavo in questa posizione insieme a Lui, mi ha fatto vedere nell'aria, che da una parte veniva una nube nera, nera, che al sol vederla metteva terrore e spavento e tutti dicevano: "Questa volta moriamo." Mentre tutti erano atterriti, si è sollevata da mezzo a me e Gesù una croce risplendente, che facendosi contro a quella procella, l'ha messo in fuga, in gran parte, tanto che pareva che le genti si calmassero. Non so dire certo, mi pare che fosse un uragano accompagnato da fulmini e da grandine tanto forte, da aver forza di portarsi dietro le fabbriche; e la croce che l'ha fugato in gran parte mi pareva che fosse il piccolo mio patire, che Gesù mi ha partecipato. Sia benedetto il Signore e tutto sia per la sua gloria ed onore.
3 Luglio 1900
Castighi con mali contagiosi e mortali.
Questa mattina, avendo fatto la comunione, per poco tempo ho visto il mio adorabile Gesù gli ho detto: "Mio diletto Signore, com'è che mandi tanti castighi? Perché questa volta non vuoi a nessun costo placarti? Pare che tutti i mezzi son venuti meno, né il pregare, né il dire: "Signore versa a me le tue amarezze." Ahi! non è stato il tuo solito agire in questo modo!" Mentre ciò dicevo, Gesù benedetto, spezzando il mio dire ha risposto: "Eppure, figlia mia, i castighi che sto mandando son niente ancora a confronto di quelli che stanno preparati. Perciò non volerti affligere per questi, perché non sono materia di grande afflizione." Mentre ciò diceva, innanzi a me vedevo tante persone infettate da malori contagiosi, che morivano, onde, presa da raccapriccio, gli ho detto: "Neh! Signore, ci vorrebbe anche questa? Che fai? Che fai? Se vuoi fare ciò, toglimi da questa terra, che non mi regge l'animo di vedere spettacoli così funesti. E poi chi potrà resistere a continuare in questo stato in cui mi hai messo, che non vieni, oppure ad'ombra, ma non solo, ma mi lasci istupidita, assonnata, che non mi fai capire più niente. Eppure mi dicesti che mi avresti fatto stare così finché in qualche modo avessi sofgato il tuo furore. Ora vuoi aggiungere furore a furore, pare che non la finirai per ora, quindi, povera me! Povera me! Chi mi darà la forza a stare in questo stato? Chi potrà resistere?" Mentre sfogavo la mia afflizione, Gesù, compatendomi, mi ha detto: "Figlia mia, non temere del tuo stato d'assonnamento, questo dice che così come Io sto con le genti, come se dormissi, come se non le sentissi e guardassi, così ho messo te nello stesso stato. Del resto, se ti dispiace, te lo dissi un'altra volta , vuoi che ti sospenda lo stato di vittima?" Ed io: "Signore, non vuole l'ubbidienza che accetti la sospensione." E Lui: "Ebbene, che vuoi da Me? Statti quieta ed ubbidisci!" Chi può dire quanto sono rimasta afflitta? Non solo, ma mi pare che fossero rimaste tanto addormentate le potenze interne, da vivere come se non vivessi. Ah! Signore, abbi pietà di me, non mi lasciare in abbandono, in un stato sì compassionevole e doloroso!
9 Luglio 1900
Vivere non solo per Dio ma in Dio.
Continua lo stesso stato e forse anche peggio e se qualche volta si fa vedere, è ad ombra ed a lampi, è quasi sempre in silenzio. Questa mattina, trovandomi al sommo dell'afflizione e della stupidità per il sonno continuo, per poco tempo si è fatto vedere, mi ha detto: "Coraggio, figlia mia, l'anima veramente mia non solo deve vivere per Dio, ma in Dio. Tu cerca di vivere in Me, che in Me troverai il ricettacolo di tutte le virtù e passeggiando in mezzo a loro ti alimenterai del loro profumo, tanto da restarne satolla e tu stessa non farai altro che mandare luce e profumo celeste, perché il vivere in Me è la vera virtù ed ha virtù di dare all'anima la stessa forma della Divina Persona in cui fa la sua dimora e di trasformarla nelle stesse virtù divine di cui si nutre." Dopo ciò, come lampo è scomparso e l'anima mia, correndo dietro a quel lampo, si è trovata fuori di me stessa, ma era già sfuggito e non mi è stato dato di ritrovarlo ed ho solo l'amarezza di vedere grandine terribile, che aveva fatto grande strage, fulmini come se avessero prodotto degli incendi ed altre cose che stavano preparate. Visto ciò, mi son ritrovata in me stessa, più afflitta di prima.
10 Luglio 1900
Differenza tra vivere per Dio e vivere in Dio.
Trovandomi nella stessa confusione, come un lampo si è fatto vedere e mi ha fatto capire che non avevo scritto tutto ciò che Lui mi aveva detto il giorno innanzi, cioè, che l'anima non solo deve vivere per Dio, ma in Dio. Onde il benedetto Gesù mi ha ripetuto la differenza che passa tra il vivere per Dio ed il vivere in Dio, col dirmi: "Nel vivere per Dio, l'anima può star soggetta ai turbamenti, alle amarezze, ad essere incostante, a sentire il peso delle passioni, a mischiarsi nelle cose terrene. Ma il vivere in Dio, no, è tutto diverso, perché la cosa principale per fare che una persona possa entrare ad abitare in un'altra persona, è deporre tutto ciò che è suo, cioè, spogliarsi di tutto, lasciare le proprie passioni, in una parola, lasciare tutto per trovare tutto in Dio. Or, quando l'anima, non solo si è spogliata, ma assottigliata ben bene, allora potrà entrare per la porta stretta del mio cuore a vivere in Me, a mio modo e della mia stessa vita, perché sebbene il mio cuore sia larghissimo, tanto che non c'è termine ai suoi confini, la porta però è strettissima e solo può entrarvi chi è denudato di tutto. E questo con ragione, perché essendo Io santissimo, non ammetterei giammai a vivere in Me alcunché che fosse estraneo alla mia santità. Perciò, figlia mia, cerca di vivere in Me e possederai il paradiso anticipato." Chi può dire quanto comprendevo su questo vivere in Dio? Ma dopo è scomparso e sono rimasta nel mio stesso stato.
11 Luglio 1900
Le sofferenze di Luisa, rendono meno rigorosi i castighi.
Questa mattina, avendo fatto la comunione e continuando lo stesso stato di confusione, me ne stavo tutta rannicchiata in me stessa, quando ho visto il mio adorabile Gesù, che veniva a me tutto in fretta, dicendomi: "Figlia mia, spezzami un poco il mio furore, altrimenti...!" Ed io, tutta spaventata, ho detto: "Che vuoi che faccia per spezzare il tuo furore?" E Lui: "Col richiamare in te le mie sofferenze verrai a placare il furore mio." In questo mentre, vedevo come se chiamasse il confessore, mandando un raggio di luce e lui subito ha messo l'intenzione di farmi soffrire la crocifissione. Il Signore benedetto prontamente ha concorso ed io mi son trovata in tante sofferenze che per la forza dei dolori mi sentivo uscire l'anima dal corpo. Quando mi credevo in punto di spirare e contenta io che Gesù ricevesse l'anima mia, ho visto il confessore, che col dire "basta, basta," mi richiamava in me stessa. Allora Gesù mi ha detto: "L'ubbidienza ti chiama." Ed io: "Neh! Signore me ne voglio venire!" E Gesù: "Che vuoi da Me? L'ubbidienza continua a chiamarti." E così pare che questa nuova ubbidienza non ha fatto andare più innanzi le sofferenze. Ma obbedienza certo per me crudele, perché mentre mi pareva d'afferrare il porto, sono stata sbalzata fuori a navigare la via. Onde dopo, sebbene sia rimasta sofferente, non mi sentivo quella cosa di morire, il mio benigno Signore ha ripreso a dire: "Figlia mia, se tu oggi non avessi spezzato il mio furore sappi che era giunto tanto al colmo, che non solo avrei distrutto le piante, ma anche gli uomini; e se lo stesso confessore non si fosse interposto col richiamare in te le mie sofferenze, non avrei avuto neppure riguardo di lui. E' vero che sono necessari i castighi, ma è necessario che di tanto in tanto, quando il mio furore si inoltra, che tu me lo spezzi, altrimenti figlia mia, quanti flagelli di più manderò!" E mentre ciò diceva, mi pareva di vederlo tutto stanco, che lamentandosi, or diceva: "Figlia mia." Ed or: "Figli miei, poveri figli miei, come vi vedo ridotti!" E, con mia sorpresa, mi ha fatto capire che dopo essersi calmato un poco, avrebbe ripreso il furore per continuare i castighi e questo era servito solo a non farlo infierire troppo contro le genti. Ah! Signore, placati ed abbi pietà di quei tali che Te stesso chiami "figli miei"!
14 Luglio 1900
Il decreto dei castighi è firmato...
Pare che ho passato diversi giorni senza stare immersa nel letargo del sonno ed un poco insieme con Gesù benedetto, dandoci a vicenda un po' di ristoro. Ma quanto temo che mi abbia a gettare un'altra volta in quel sonno così profondo. Onde questa mattina, dopo avermi ristorata col latte che scorreva dalla sua bocca, versandolo in me ed io l'ho ristorato col togliergli la corona di spine per conficcarla nella mia testa, tutto afflitto, mi ha detto: "Figlia mia, il decreto dei castighi è firmato, non resta altro che decidere il tempo dell'esecuzione."
16 Luglio 1900
I castighi servono per il bene delle creature.
Questa mattina il mio adorabile Gesù non veniva. Dopo molto aspettare è venuto e mi ha detto: "Figlia mia, la miglior cosa è rimetterti in Me ed al mio Volere, onde rimettendoti in Me essendo Io pace, ancorché vedessi mandare castighi, resteresti in pace, senza provare turbamento." Ed io: "Ah! Signore, sempre là vai, ai castighi. Placati una volta e non flagellare più. E poi, non posso rimettermi al tuo Volere a questo riguardo." E Lui ha soggiunto: "Non posso placarmi. Che diresti tu se vedessi una persona denudata e che invece di coprire la sua nudità, badasse ad ornarsi di gingilli, lasciando le parti più necessarie esposte alla nudità?" Ed io: "Mi farebbe orrore a vederla e certo la biasimerei." E Lui: "Ebbene, tali sono le anime, denudate del tutto, non hanno più virtù che le coprano, onde è necessario che le percuota, le flagelli, le spogli, per farle rientrare in loro stesse e far loro badare alla nudità delle loro anime, più necessario che non è il corpo. E se Io ciò non facessi, baderei ai gingilli, come la persona da te biasimata, e baderei a quelle cose che si riferiscono al corpo e non baderei alla cosa più essenziale, qual è l'anima, che hanno ridotto così mostruosa da non poter essere più riconosciuto." Dopo ciò mi pareva che tenesse in mano una cordicella e menandola da dietro il collo mi legava e poi legava il suo a quella stessa corda e così ha fatto al cuore ed alle mani e con ciò pareva che mi legasse tutta al suo Volere. Fatto ciò è scomparso.
17 Luglio 1900
Luisa dà un sollievo a Gesù. La fa considerare i castighi che risparmia.
Avendo fatto la comunione, non vedevo secondo il solito il benedetto Gesù, onde dopo aver molto aspettato, mi son sentita uscire fuori di me stessa e l'ho trovato. Appena visto mi ha detto: "Figlia, stavo ad aspettarti per potermi in te, un po' riposare, ché più non posso. Deh! dammi un sollievo!" Subito l'ho preso fra le mie braccia per contentarlo e l'ho visto che aveva una piaga profonda alla spalla, che faceva compassione e ribrezzo a guardarla. Onde per pochi minuti si è riposato e dopo quel breve riposo, ho fatto per guardare e la piaga era quasi risanata, quindi, tra la meraviglia e lo stupore e vedendolo più sollevato, ho preso coraggio e gli ho detto: "Signore benedetto, il mio povero cuore è straziato da un timore, che non mi vuoi più bene. Temo che sia incorsa nella tua indignazione, perciò più non vieni come prima e non versi in me le tue amarezze e non dai a me più il mio bene, qual è il patire e, negandomi questo, vieni a negarmi Te stesso. Deh! dai la pace ad un povero cuore! Dimmi, assicurami, giurami, mi vuoi bene? Continui a volermi bene?" E Lui: "Sì, sì, sì, ti voglio bene." Ed io: "Come posso essere sicura di ciò, mentre quando ad una persona si vuole vero bene, tutto ciò che vuole si dà? Io Ti dico: "Non castigare le genti," e Tu le castighi. "Versa le amarezze," e non le versa, anzi, pare che questa volta Ti inoltri troppo. Onde, su cosa posso io basarmi per capire che mi vuoi bene?" E Lui: "Figlia mia, tu tieni conto dei castighi che mando e di quelli che risparmio non fai conto. Quanti altri castighi avrei mandato, quante altre stragi e sangue avrei fatto versare, se non avessi riguardo per quei pochi che mi amano ed Io amo d'un amore speciale?" Onde, dopo ciò, pareva che Gesù prendesse la via per andare dove succedevano strazi di carne umana ed io, volendo seguirlo, non mi è stato dato di farlo e con mio sommo rammarico mi son trovata in me stessa.
18 Luglio 1900
I peccati delle genti cadono sopra loro stessi, formando la loro rovina.
Trovandomi nel solito mio stato, per poco tempo ho visto il mio adorabile Gesù, tutto afflitto dentro il mio cuore ed insieme ho visto molta gente che commetteva tanti peccati, questi peccati prendevano la volta verso di me, per venire a ferire il mio diletto Signore fin dentro il mio cuore, ma respingendoli Gesù da Sé, venivano a cadere sopra le stesse genti e cadendo sopra di loro, formavano la loro stessa rovina, cambiandosi in tante specie di flagelli sui popoli, da far raccapricciare i cuori più duri. Allora Gesù, tutto affliggendosi, mi ha detto: "Figlia mia, dove giunge la cecità degli uomini, che mentre cercano di ferire Me, feriscono se stessi con le loro proprie mani."
19 Luglio 1900
Luisa si offre a soffrire per risparmiare alle genti.
Questa mattina, dopo essere stata tutta la notte e gran parte della mattina ad aspettare il mio adorabile Gesù, non si benignava di venire. Onde, stanca d'aspettarlo, mi sforzavo di uscire dal mio solito stato, pensando che non fosse più Volontà di Dio. Mentre mi sforzavo di uscire, quasi impaziente, il mio benigno Gesù si è mosso dentro il mio cuore, facendosi vedere appena e guardandomi in silenzio. Impaziente come ero, gli ho detto: "Mio buon Gesù, come tanto crudele! Si può dare crudeltà più grande di questa, abbandonare un'anima in preda allo spietato tiranno dell'amore, che la fa vivere in continua agonia? Oh! come ti sei cambiato, da amante in crudele!" Mentre ciò dicevo, innanzi a me vedevo tante membra di gente mutilate, perciò ho soggiunto: "Ah, Signore, quanta carne umana mutilata! Quante amarezze e pene! Ahi! non sarebbe stato minor crudeltà se ti fossi soddisfatto in questo mio corpo, a farlo in tanti pezzi per quante divisioni hai fatto fare in queste membra? Non sarebbe stato minor male veder soffrire una sola che tanti poveri popoli?" Mentre ciò dicevo, Gesù continuava a guardarmi fisso, come se restasse colpito, non so dire se dispiaciuto pure e mi ha detto: "Eppure è il principio del giuoco, ancora è niente a confronto di ciò che verrà." Detto ciò si è involato [FMA12] alla mia vista, senza poterlo più vedere, lasciandomi in un mare di amarezze.
21 Luglio 1900
Necessità della purificazione.
Dopo aver passato un giorno assopita e tanto assonnata che non capivo me stessa, avendo fatto la comunione, mi son sentita uscire fuori di me stessa e non ho trovato il mio sommo ed unico Bene, ho incominciato a girare e rigirare, dando in delirio. Mentre ciò facevo, mi son sentita una persona in braccio, tutta velata, che non potevo vedere chi fosse, onde, non potendo più resistere, ho squarciato quel velo ed ho visto il sospirato mio Tutto. Nel vederlo mi son sentita che volevo rompere in querele e spropositi, ma Gesù, per spezzare la mia impazienza ed il mio delirio, mi ha dato un bacio. Quel bacio mi ha infuso la vita, la calma, ha spezzato la mia impazienza, tanto che non ho saputo dire più niente. Allora, dimenticando tutte le mie miserie, ne ho tante, mi son ricordata delle povere genti ed ho detto a Gesù: "Placati, risparmia tanti popoli da strazi così crudeli. Andiamo insieme a quelle parti dove tali cose succedono, affinché rincoriamo e consoliamo quei poveri cristiani che si trovano in stato sì triste." E Lui: "Figlia mia, non voglio portarti, ché il tuo cuore non reggerebbe a vedere carneficina sì straziante." Ed io: "Ah! Signore, come è stato che hai permesso ciò?" E Lui: "E' necessario, assolutamente, per la purgazione in tutte le parti, perché nel campo seminato da Me sono cresciute tanto le cattive erbe, le spine, che si son fatti alberi e questi alberi spinosi non fanno altro che inondare il mio campo con acque velenose e pestifere, che se qualche spiga si mantiene intatta, non riceve altro che punture e fetore, tanto che non possono germogliare altre spighe, primo, perché manca loro il terreno, occupato da tante piante nocive; secondo, per le continue punture che ricevono, che non danno loro pace. Ecco la necessità della strage, per svellere tante piante cattive e lo spargimento del sangue per purgare il mio campo dalle acque velenose e pestifere. Perciò, non volerti rattristare al principio, perché non solo là dove ho mandato già i flagelli, ma in tutte le altre parti ci vuole la purgazione." Chi può dire la costernazione del mio cuore nel sentire questo parlare di Gesù? Onde di nuovo ho insistito che volevo andare a vedere, ma Gesù, non dandomi retta, è scomparso ed io, rimasta sola, ho preso la via per andare ed or trovavo un angelo, che mi rivolgeva indietro ed or anime purganti, tanto che sono stata costretta a ritornare in me stessa.
25 Luglio 1900
Non c'è crudeltà alcuna in Gesù, ma tutto è amore
Questa mattina il mio adorabile Gesù è venuto e mi ha fatto vedere una macchina dove pareva che si stritolassero tante membra umane e come due segni di castighi nell'aria che mettevano terrore. Chi può dire la costernazione del mio cuore nel vedere tutto ciò? Ma il benedetto Gesù, vedendomi così amareggiata mi ha detto: "Figlia mia, allontaniamo per poco ciò che tanto ci affligge e solleviamoci col giocare un poco insieme." Chi può dire ciò che è passato tra me e Gesù in questo giuoco, le finezze d'amore, gli stratagemmi, i baci, le carezze che a vicenda ci facevamo? Sebbene mi superasse il mio diletto Gesù, perché io essendo debole, venivo meno, tanto vero, che non potendo contenere in me ciò che Lui mi dava, ho detto: "Diletto mio, basta, basta, che più non posso, io vengo meno, il mio povero cuore non è tanto largo da essere capace di ricevere tanto, perciò basta per ora." Allora, volendomi rimproverare il parlare dell'altro giorno, dolcemente mi ha detto: "Fammi sentire le tue querele, di', di', sono Io crudele? Il mio amore per te si è cambiato in crudeltà?" Ed io, tutta arrossendo, ho detto: "No, Signore, non sei crudele quando vieni, ma quando non vieni, allora dirò che sei crudele." Sorridendo Lui al mio dire, ha soggiunto: "Continua pure a dire che quando non vengo sono crudele? No, no, non ci può essere in Me crudeltà alcuna, ma tutto è amore; e sappi che se è come tu dici, lo stesso essere crudele è amore più grande."
27 Luglio 1900
Visioni di attacchi alla Chiesa e di persecuzione nella Cina.
Trovandomi tutta preoccupata sul misero mio stato, specialmente che non fosse più Volontà di Dio e ritenevo come indizio certo lo scarso patire e le sue continue privazioni. Ora, mentre mi stavo logorando il piccolo mio cervello su ciò e sforzandomi per uscirne, il mio sempre buon Gesù, come lampo si è fatto vedere dicendomi: "Figlia mia, che vuoi tu che faccia? Dimmi, Io farò ciò che vuoi tu." Ad una proposta sì inaspettata, non ho saputo che dire, provavo una tale confusione che il benedetto Gesù dovesse fare ciò che io volevo, mentre io devo fare ciò che Lui vuole, che sono restata muta. Onde, non vedendomi dire niente, come lampo è sfuggito ed io, correndo dietro a quella luce mi son trovata fuori di me stessa, ma non l'ho trovato e sono andata girando la terra, il cielo, le stelle ed or lo chiamavo con la voce ed or col canto, pensando tra me che il benedetto Gesù a sentire la voce ed il mio canto sarebbe rimasto ferito e con sicurezza lo avrei trovato. Ora mentre giravo, ho visto lo strazio crudele che si continua a fare nella guerra della Cina, le chiese abbattute, le immagini di Nostro Signore gettate per terra e questo è niente ancora. Quello che mi ha fatto più spavento è stato il vedere che, se ora lo fanno i barbari, i secolari, poi lo faranno i finti religiosi, che smascherandosi e facendo conoscere chi sono, unendosi cogli aperti nemici della Chiesa, daranno un tale assalto, che pare incredibile a mente umana. Oh! quanti strazi più crudeli! Pare che hanno giurato tra loro di finirla con la Chiesa. Ma il Signore prenderà vendetta di loro col distruggerli, perciò, sangue da una parte e sangue dall'altra. Onde mi son trovata dentro un giardino che mi pareva che fosse la Chiesa e dentro là vi era una turba di gente sotto l'aspetto di dragoni, di vipere e di altre bestie inferocite, che devastando quel giardino e poi uscendo, formava la rovina delle genti. Or, mentre ciò vedevo, mi son trovata in braccio il mio diletto Signore ed io ho detto: "Finalmente Ti sei fatto trovare, sei Tu veramente il mio caro Gesù?" E Lui: "Sì, sì, sono il tuo Gesù." Ed io volevo dirgli che risparmiasse tanta gente, ma Lui, non dando retta a questo, tutto afflitto ha soggiunto: "Figlia mia, sono bastantemente stanco, andiamo nel letto a riposare se vuoi che mi trattenga con te." Ed io, temendo che se ne andasse, ho fatto silenzio, facendogli prendere il sonno. Onde dopo poco è rientrato nel mio interno, lasciandomi rincorata, sì, ma sommamente afflitta.
30 Luglio 1900
Luisa ferma la spada della giustizia.
Ho passato una notte ed un giorno inquieta. Fin da principio mi sentivo uscire fuori di me stessa, senza che potessi trovare il mio adorabile Gesù; non vedevo altro che cose che mi facevano terrore e spavento. Vedevo che nell'Italia si alzava un fuoco ed un altro stava alzato nella Cina, che a poco a poco, unendosi insieme, si confondevano in uno solo. In questo fuoco vedevo il re dell'Italia, per inganno repentinamente morto e questo era mezzo come aizzare e ingrandire l'incendio. Insomma, vedevo una sommossa, un tumulto, un uccidere di gente. Con queste cose vedute, mi sentivo in me stessa e mi sentivo straziare l'anima, da sentirmi morire, molto più che non vedevo il mio adorabile Gesù. Onde, dopo molto aspettare, si è fatto vedere con una spada in mano, in atto di lanciarla sopra le genti. Io, tutta spaventata e fatta un po' ardita, ho preso in mano la spada, dicendogli: "Signore, che fai? Non vedi quanti strazi succederanno, se lanci questa spada? Quello che più mi addolora è che vedo che prendi in mezzo l'Italia. Ah! Signore, placati, abbia pietà delle tue immagini! E se dici che mi ami, risparmia a me questo acerbo dolore." E mentre ciò dicevo, mi tenevo con quanta più forza potevo, la spada. Gesù, mandando un sospiro, tutto afflitto, mi ha detto: "Figlia mia, lasciala, lasciala cadere sopra le genti, che più non posso." Ed io stringendola più forte: "Non posso lasciarla, non mi dà l'animo di farlo." E Lui: "Non te l'ho detto tante volte, che son costretto a non farti vedere niente, altrimenti non sono libero di fare ciò che voglio?" E mentre ciò diceva, ha abbassato il braccio con la spada e si è messo in atto di calmarsi del suo furore. Dopo poco è scomparso ed io son rimasta col timore che, senza farmi vedere, mi tirasse la spada e la lanciasse sopra le genti. Oh! Dio, che crepacuore il solo ricordarmi!
1 Agosto 1900
L'umanità di Gesù è lo specchio della Divinità. Castighi.
Continua il mio adorabile Gesù a venire scarsissime volte e per poco tempo. Questa mattina mi sentivo tutta annientata e quasi non ardivo andare in cerca del mio sommo Bene; ma Lui sempre benigno, è venuto e volendomi infondere fiducia mi ha detto: "Figlia mia, innanzi alla mia Maestà e purità non vi è chi possa stare di fronte, anzi, tutti sono costretti a stare atterriti e colpiti dal fulgore della mia santità. L'uomo vorrebbe quasi fuggire da Me, perché è tale e tanta la sua miseria, che non ha coraggio di sostenersi innanzi all'Essere Divino. Ed ecco che mettendo in campo la mia misericordia, assunsi l'umanità, che temperando i raggi della Divinità, è mezzo per infondere fiducia e coraggio all'uomo per venire a Me. L’uomo, mettendosi di fronte alla mia umanità, che spande raggi temperati della Divinità, ha il bene di potersi purificare, santificare ed anche divinizzare nella mia stessa umanità deificata. Perciò tu statti sempre di fronte alla mia umanità, tenendola come specchio in cui tergerai tutte le tue macchie; ma non solo, ma come specchio in cui rimirandoti, acquisterai la bellezza e mano mano ti ornerai a somiglianza di Me medesimo. Perché è proprietà dello specchio far comparire dentro di sé l'immagine simile a quella di chi si rimira; se tale è lo specchio materiale, molto più è il divino, perché la mia umanità serve all'uomo come specchio per rimirare la mia Divinità. Ecco perciò che tutti i beni, all'uomo, derivano dalla mia umanità." Mentre ciò diceva, mi sentivo infondere tale fiducia che mi è venuto il pensiero di volergli parlare dei castighi, sperando che mi desse udienza e potesse avere l'intento di placarlo del tutto. Ma mentre mi accingevo a ciò, come lampo è scomparso e l'anima mia correndo dietro di Lui, si è trovata fuori di me stessa; ma non l'ho potuto più ritrovare e, con sommo mio rammarico, ho visto tante persone che andavano nelle carceri, altri settari che uscivano per attentare alla vita di re e di altri capi; vedevo che si rodevano di rabbia perché ancora mancava loro il mezzo per uscire tra i popoli e fare macello eppure giungerà il tempo loro. Onde dopo ciò mi son trovata in me stessa, tutta oppressa ed afflitta.
3 Agosto 1900
Dio opera dove c'è il nulla.
Trovandomi nel solito mio stato, stavo desiderando e cercando il mio amante Gesù. Onde dopo averlo lungamente aspettato, è venuto e mi ha detto: "Figlia mia, perché mi cerchi fuori di te, mentre potresti trovarmi più facilmente dentro di te? Quando tu mi vuoi trovare, entra in te, giungi fin nel tuo nulla ed ivi, senza di te, nel brevissimo giro del tuo nulla, scorgerai le fondamenta che l'Essere Divino ha gettato in te e le costruzioni che ha innalzato in te. Guarda e vedi." Io ho guardato di nuovo ed ho visto le solide fondamenta e le mura altissime, che giungevano fino al cielo, ma quello che mi faceva stupire era che vedevo che il Signore aveva fatto questo bel lavoro sul mio nulla e le mura erano intere, senza alcuna apertura. Si vedeva solo alla volta un'apertura, che corrispondeva solo al Cielo ed in questa apertura risiedeva Nostro Signore, sopra una colonna stabile, che sporgeva dalle fondamenta formate sul nulla. Ora, mentre me ne stavo tutta stupita a guardare, il benedetto Gesù ha soggiunto: "Le fondamenta formate nel nulla, significano che la mano divina opera là, dove c'è il nulla e mai vi mescola le sue opere con le opere materiali. Le mura senza aperture all'intorno, significano che l'anima non deve avere alcuna corrispondenza con le cose terrene, tanto che non c’è alcun pericolo che vi possa entrare neppure un poco di polvere, perché è tutto ben murato. La sola corrispondenza che queste mura hanno è per il Cielo, cioè, dal nulla al Cielo, dal Cielo al nulla ed ecco il significato dell'apertura fatta nella volta. La stabilità della colonna significa che l'anima è tanto stabile nel bene, che non c'è vento contrario che la possa muovere. L’indizio certo che l'opera fatta è tutta divina è che Io risiedo sopra." Chi può dire quello che comprendevo su ciò? Ma la mia mente si perde e non sa dire nulla. Sia sempre benedetto il Signore e sia tutto per sua gloria ed onore.
9 Agosto 1900
Tutto ciò che si vuole, si deve voler perché lo vuole Iddio.
Questa mattina il mio adorabile Gesù non veniva, onde ho molto aspettato, per poco tempo si è fatto vedere mi ha detto: "Come uno strumento musicale suona gradito all'orecchio di chi lo ascolta, così i tuoi desideri, le tue aspettazioni, i sospiri, le lacrime tue, suonano al mio udito come una musica delle più gradite. Ma per fare che scenda più dolce e dilettevole, ti voglio insegnare un altro modo, cioè, desiderarmi non come desiderio tuo, ma come desiderio mio, perché Io amo grandemente di manifestarmi teco. Insomma, tutto ciò che tu vuoi e desideri, volerlo e desiderarlo perché lo voglio Io, cioè, prenderlo da dentro Me e farlo tuo. Così sarà più dilettevole la tua musica al mio udito, perché è musica uscita da Me stesso." Poi ha soggiunto: "Tutto ciò che esce da Me entra in Me. Ecco perciò che gli uomini si lamentano che non ottengono così facilmente quello che mi domandano, perché non sono cose che escono da Me e non essendo cose che escono da Me, non sono così facili ad entrare in Me ed uscire poi per darsi a loro, perché esce da Me ed entra in Me tutto ciò che è santo, puro e celeste. Or, qual meraviglia se viene loro chiusa l'udienza se ciò che domandano non sono tali? Ecco perciò tieni tu bene a mente che tutto ciò che esce da Dio entra in Dio." Chi può dire ciò che comprendevo sopra queste due parole? Ma non ho parole a sapermi spiegare. Ah! Signore, dammi grazia che possa domandare tutto ciò che è santo e che sia desiderio e Volontà tua, così potrai comunicarti con me più abbondantemente.
19 Agosto 1900
L'amore sterile e l'amore operante.
Questa mattina, avendo fatto la comunione, il mio diletto Gesù si è fatto vedere in atto di volermi ammaestrare, portando come un esempio mi ha detto: "Figlia mia, se un giovane prendesse moglie e questa, presa d'amore verso di lui, volesse stare sempre insieme, senza staccarsi un momento, senza badare alle altre cose dovute ad una moglie per felicitare questo giovane, che direbbe costui? Gradirebbe l'amore di costei, ma di certo non sarebbe contento della condotta di questa tale, perché questo modo d'amare non sarebbe altro che un amore sterile, infecondo, che porterebbe danno a quel povero giovane anziché frutto ed a poco a poco, questo strano amore recherebbe noia a costui, anziché gusto, perché tutta la soddisfazione di questo amore è della giovane. E siccome l'amore sterile non ha legna per fomentare il fuoco, presto presto verrebbe ad incenerirsi, perché il solo amore operante è durevole, che gli altri amori, come fumo volano al vento e poi si giunge ad infastidirsi, a non curare e forse a disprezzare ciò che tanto s'amava. Tale è la condotta di quelle anime che badano solo a se stesse, cioè, alla loro soddisfazione, ai fervori ed a tutto ciò che è loro gradito, dicendo che questo è amore per Me, mentre è tutta loro soddisfazione, perché si vede coi fatti che non prendono cura dei miei interessi e delle cose che a Me appartengono e se viene a mancare ciò che le soddisfa, più non si curano di Me e giungono anche ad offendermi. Ah! figlia, il solo amore operante è quello che distingue i veri dai falsi amatori, tutto il resto è fumo." Mentre ciò diceva, vedevo persone e come se io volessi badare a quelle, ma Gesù mi ha distratto da ciò col dirmi: "Non volerti impacciare dei fatti altrui, lasciamoli fare, perché ogni cosa tiene il tempo suo. Quando sarà il tempo del giudizio, allora sarà il tempo di discernere tutte le cose, che crivellandosi ben bene, si verrà a conoscere il grano, le paglie ed il seme sterile e nocivo. Oh! quante cose che compaiono grano si troveranno in quel giorno, paglie e semi sterili, degne solo di essere gettate nel fuoco!"
Agosto 20. 1900
Questa mattina il mio adorabile Gesù non veniva, onde dopo molto aspettare, quando il mio povero cuore non ne poteva più, si è fatto vedere da dentro il mio interno e mi ha detto: "Figlia mia, non volerti affliggere ché non mi vedi, sto dentro di te e da qui, per mezzo tuo, sto rimirando il mondo." Onde dopo ha continuato a farsi vedere di tanto in tanto, senza dirmi più niente.
24 Agosto 1900
Tutto si converte in bene per chi veramente ama Gesù.
Avendo passato un giorno inquieta, mi sentivo tutta piena di tentazioni e peccati. Oh! Dio, che pena straziante è l'offenderti! Facevo quanto più potevo a starmene in Dio, a rassegnarmi al suo Santo Volere, a offrirgli per amor suo quello stesso stato inquieto, a non dar retta al nemico mostrandomi con somma indifferenza, acciocché non l'avessi io stessa aizzato a tentarmi maggiormente, ma con tutto ciò non potevo fare a meno di sentire il bisbiglio che il nemico mi suscitava intorno. Onde, trovandomi nel solito mio stato, non ardivo desiderare il mio diletto Gesù, tanto mi vedevo brutta e miserabile. Ma Lui, sempre benigno con questa peccatrice, senza che lo chiedessi, è venuto e come se mi compatisse, mi ha detto: "Figlia mia, coraggio, non temere. Non sai tu che certe acque fredde ed impetuose sono più potenti a purgare da ogni minimo neo, che lo stesso fuoco? E poi, tutto si converte in bene per chi veramente mi ama." Detto ciò, è scomparso, lasciandomi rincorata, sì, ma debole, come se avessi sofferto una febbre.
30 Agosto 1900
Luisa va in purgatorio a sollevare il re dell'Italia.
Avendo passato parecchi giorni di privazione e d'amarezza, al più l'ho visto qualche volta ad ombra ed a lampo. Questa mattina trovandomi nel sommo dell'amarezza, non solo, ma come se avessi perduto la speranza di più rivederlo. Onde, dopo aver fatto la comunione, mi pareva che il confessore mettesse l'intenzione della crocifissione, allora il benedetto Gesù, per farmi obbedire, si è mostrato e mi ha partecipato le sue pene. In questo frattempo ho visto la Regina Mamma, che prendendomi, mi offriva a Lui, affinché si placasse. E Gesù, avendo riguardo per la Mamma, accettava l'offerta e pareva che si placasse un poco. Dopo ciò, la Mamma Regina mi ha detto: "Vuoi tu venire in purgatorio a sollevare il re dalle pene orribili in cui si trova?" Ed io: "Mamma mia, come Lui vuole." In un instante mi ha preso e di volo mi ha trasportato in un luogo di supplizi atroci, tutti mortali. E là stava quel misero, che passava da un supplizio all'altro. Pareva che per quante anime si fossero perdute per causa sua, altrettante morti lui avrebbe dovuto subire. Onde, dopo essere passata io per parecchi di quei supplizi, è rimasto lui un po' più sollevato. Di nuovo la Mamma Regina mi ha sottratto da quel luogo di pene e mi son trovata in me stessa.
31 Agosto 1900
Nelle anime interne non ci può stare il turbamento.
Trovandomi nel solito mio stato e non venendo il mio adorabile Gesù, me ne stavo tutta afflitta e un po' impensierita sul perché non veniva. Onde dopo molto aspettare e riaspettare è venuto e vedendo che dalle mani sgorgava sangue, l'ho pregato che dalla mano sinistra versasse il sangue sul mondo, a pro dei peccatori che stavano per morire ed in pericolo di perdersi e dalla mano destra, che versasse il suo sangue sopra il purgatorio. E Lui, benignamente ascoltandomi, si è scosso ed ha versato sangue sopra una parte e sull’altra. Dopo ciò mi ha detto: "Figlia mia, nelle anime interne non ci può stare il turbamento e se vi entra è perché si esce fuori di se stessa. Facendo così, l’anima diventa carnefice di se stessa, perché uscendo fuori di sé s'appiglia a tante cose che non la riguardano e che non sono Dio e a volte neppure cose che riguardano il vero bene dell'anima. Tornando in se stessa e portando cose che le sono estranee, si strazia da sola e, con ciò, viene ad infermare se stessa e la grazia. Perciò, rimani sempre in te stessa e starai sempre calma." Chi può dire come comprendevo con chiarezza e come trovavo la verità in queste parole di Gesù? Ah! Signore, se Ti benigni d'ammaestrarmi, dammi grazia di profittare dei tuoi santi ammaestramenti, altrimenti tutto sarà per mia condanna.
1 Settembre 1900
L'ubbidienza mette la pace tra Dio e l'anima.
Continuando a non venire, andavo dicendo: "Mio buon Gesù, vieni, non farmi tanto aspettare, questa mattina non ho voglia d'inquietarmi e cercarti tanto fino a stancarmi. Vieni una volta, subito, subito, così, alla buona." E vedendo che non veniva, continuavo a dire: "Si vede che vuoi che mi debba stancare e giungere fino ad inquietarmi, altrimenti non vieni." Mentre ciò dicevo ed altri spropositi, è venuto e mi ha detto: "Mi sapresti dire che cosa mantiene la corrispondenza tra l'anima e Dio?" Ed io, ma sempre con una luce che mi veniva da Lui ho detto: "L'orazione." E Gesù, approvando il mio detto ha soggiunto: "Ma che attira Iddio a familiare conversazione con l'anima?" Ed io, non sapevo rispondere, ma subito la luce si è mossa nel mio intelletto ed ho detto: "Se l'orazione vocale serve a mantenere la corrispondenza, certo la meditazione interna deve servire d'alimento come mantenere la conversazione tra Dio e l'anima." Lui, contento di ciò, ha replicato: "Or, mi sapresti tu dire chi spezza le dolci contese, chi toglie gli amorosi corrucci che possono sorgere tra Dio e l'anima?" Ed poiché io non rispondevo, Lui stesso ha detto: "Figlia mia, la sola ubbidienza tiene questo uffizio, perché lei sola decide delle cose spettanti tra Me e l'anima e sorgendo delle contese, oppure prendendo qualche corruccio per mortificare l'anima, sorgendo l'ubbidienza spezza le contese, toglie i corrucci e mette pace tra Dio e l'anima." Ed io: "Ah! Signore, molte volte pare che anche l'ubbidienza non si vuole brigare e se ne sta indifferente e la povera anima è costretta a stare in quello stato di contese e di corruccia." E Gesù: "Questo lo fa per un certo tempo, volendosi anche lei compiacere d'assistere a quelle amabili contese, ma poi prende il suo uffizio e pacifica tutto. Sicché l'ubbidienza dà la pace all'anima ed a Dio." Detto ciò, è scomparso.
4 Settembre 1900
Le opere buone malamente fatte, sono cibo stomachevole per Gesù.
Avendo fatto la comunione, il mio adorabile Gesù mi ha trasportato fuori di me stessa, facendosi vedere sommamente afflitto ed amareggiato. Onde l'ho pregato che versasse in me le sue amarezze, ma Gesù non mi dava retta, ma insistendo io, dopo tanto tempo si è compiaciuto di versare. Quindi, dopo aver versato un poco d'amarezza, ho domandato: "Signore, non Ti senti meglio adesso?" E Lui: "Sì, ma non era quello che versai, che mi dava tanta pena, ma un cibo stomachevole ed insipido, che non mi lascia riposare." Ed io: "Versa un poco a me, così Ti sollevi un poco." E Lui: "Se non posso digerirlo e sopportarlo Io, come lo potresti tu?" Ed io: "Conosco che la mia debolezza è grande, ma Tu mi darai grazia e forza e così potrò riuscire a contenerlo in me." Comprendevo però che il cibo stomachevole erano le impurità, il cibo insipido erano le opere buone malamente fatte, tutte strapazzate, che a Nostro Signore sono piuttosto di fastidio e di peso e che quasi sdegna di ricevere e che, non potendo sopportare, vuole rovesciare dalla sua bocca. Chi sa quante delle mie ci sono insieme! Onde, come costretto da me, ha versato anche un poco di quel cibo. Come aveva ragione Gesù, che era più tollerabile l'amaro che quel cibo stomachevole ed insipido! Se non fosse per suo amore, a qualunque costo non lo avrei accettato. Dopo ciò, il benedetto Gesù mi ha messo il braccio dietro il collo e poggiando la testa sulla mia spalla, si è messo in atto di voler prendere riposo. Mentre riposava, mi son trovata in un luogo dove stavano tanti basoli movibili e sotto, l'abisso. Io, temendo di precipitare, l'ho svegliato, invocando il suo aiuto e Lui mi ha detto: "Non temere, è la via che tutti battono. Non ci vuole altro che tutta l'attenzione e siccome i più camminano sbadati ecco la causa per cui molti precipitano dentro l’abisso e pochi sono quelli che giungono al porto della salvezza." Dopo ciò, è scomparso ed io mi son trovata in me stessa.

[FMA1]Concuocere = consumare, trasformare.

[FMA2]Le genti = gli uomini.

[FMA3]Acquietare = calmare.

[FMA4]Tr., Vi stia = stare dentro.

[FMA5]Literalmente “non si brigava di me”.

[FMA6]Garante dell’adempimento di una obbligazione da parte di terzi; nel linguaggio giuridico, più comune fideiussore//genrc. Di persona che assuma la responsabilità diretta riguardo al comportamento o alla condotta di un’altra.

[FMA7]1. Schiavo di un’avvilente e colpevole inerzia o passività 2. Arc. Simulatore.

[FMA8]Ingrassare convenientemente: i. Il maiale / fig. Riempire abbondantemente.

[FMA9]Sottoporre ad una prima lavorazione (diretta a liberare un pezzo dalle più vistose irregolarità). / fig. Fornire dei più elementare principi dell’educazione.

[FMA10]Manoscritto: “echelsis”.

[FMA11]Soverchio (dial.) = troppo.

[FMA12]Tr., involato = nascosto.